Ordinanza 6 maggio 2011: misure di sicurezza – personali – libertà vigilata – soggetto passivo – collaboratore di giustizia

Poiché i contenuti tipici della libertà vigilata descritti dall’art. 228 cod. pen. non possono essere attuati nei confronti di un collaboratore di giustizia sottoposto a speciali misure di protezione, nei confronti di quest’ultimo la misura di sicurezza predetta può essere applicata ex art. 679 cod. proc. pen. solo dopo la cessazione delle misure di protezione.

 

18 / 11 R.P.M.S.

N. / 11 ORD.

UFFICIO DI SORVEGLIANZA

per le circoscrizioni dei Tribunali di Alessandria, Tortona e Acqui Terme

IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

ha emesso la seguente

ORDINANZA

nel procedimento di sorveglianza relativo all’esame della pericolosità sociale per applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 1 nei confronti di G. S., nato il X.X.XX a XXXX in atto agli arresti domiciliari in località segreta a conoscenza del Servizio Centrale di Protezione, difeso dall’Avv. V. M. di Roma – di fiducia, in relazione alla misura di sicurezza di cui a sentenza 25.3.09 della Corte Appello di XXXX (in riforma sentenza 16.3.06 Tribunale di XXXX).

Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;

Verificata, preliminarmente, la regolarità delle comunicazioni relative ai prescritti avvisi al rappresentante del P.M., all’interessato ed al difensore;

Considerate le risultanze delle documentazioni acquisite, delle investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale;

Udite le conclusioni del rappresentante del P.M. e del difensore;

O S S E R V A

quanto segue.

1. – Con sentenza emessa il 25 marzo 2009 la Corte di Appello di XXXX, in riforma della sentenza del Tribunale di XXXX in data 16 marzo 2006, dichiarava G. S. colpevole del reato ex art. 416 bis c.p. (commesso in XXXX e Comuni limitrofi ed accertato dal 13 luglio 1995 con condotta all’epoca perdurante), lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione e gli applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata minima di anni uno.

Nell’imminenza della fine dell’esecuzione della pena (avvenuta il 12 aprile 2011), il 15 marzo 2011 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria chiedeva a questo Ufficio (competente perchè all’epoca l’interessato era detenuto presso la Casa Circondariale alessandrina) di procedere al riesame della pericolosità sociale del G. ai fini dell’esecuzione della suindicata misura di sicurezza.

Il G. ha altre tre precedenti condanne per commercio abusivo di materie esplodenti, ricettazione e tentata estorsione in concorso (fatti commessi tra il 1994 ed il 2007).

Risultano pendenti a suo carico altri due procedimenti per estorsione del 2006 e per violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro del 2007.

Avvenuta la scarcerazione, il G. ha immediatamente iniziato l’esecuzione della misura degli arresti domiciliari in località protetta (applicatagli dal GIP di XXXX il 21 dicembre 2009 in sostituzione dell’originaria misura della custodia cautelare in carcere disposta, a sua volta, il 21 maggio 2009 dal medesimo GIP in relazione ad imputazioni ex artt. 416 bis c.p., 81-110, 629 c.p. e 73 DPR 309/1990: imputazioni per le quali l’indagato è stato rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di XXXX).

La superiore sostituzione è stata motivata con la circostanza che il G. sta collaborando con la Giustizia (ragione per la quale si trova sottoposto allo speciale programma di protezione): fatto che ha indotto il GIP ha ritenere “affievolite” le originarie esigenze cautelari.

Prima di quella cessata il 12 aprile 2011, il G. ha avuto altre carcerazioni dal 1995 al 2009, nel corso delle quali il predetto non ha espletato attività trattamentali strutturate, mentre ha avuto un rilievo disciplinare (il 27 luglio 2009 per minacce da e verso un altro detenuto) ed una sanzione disciplinare (richiamo del 16 aprile 2004).

La Casa di Reclusione di Padova ha comunicato pure che a carico del soggetto risultano (oltre al predetto rilievo disciplinare del luglio 2009) rapporti relativi a diversi scioperi della fame.

La Direzione Distrettuale Antimafia di XXXX il 4 aprile 2011, infine, ha evidenziato che:

  • dal luglio 2009 il G. ha iniziato a collaborare con la Giustizia;

  • in ragione della sua “massima attendibilità” è stato sottoposto allo speciale programma di protezione;

  • tale collaborazione si è rivelata “decisiva in relazione a numerose vicende collegate a gruppi” camorristici;

  • in ragione delle suesposte considerazioni … non sussistono più le condizioni di pericolosità necessarie per la irrogazione della misura di sicurezza, potendo tranquillamente ritenersi che il ******** ha reciso definitivamente ogni legame con l’ambiente criminale di originaria appartenenza”.

2. – Va precisato, anzitutto, che non si condivide la superiore conclusione della DDA di XXXX (che ha desunto la cessazione della pericolosità sociale del G. esclusivamente dal suo status di collaboratore di giustizia sottoposto a speciale programma di protezione), atteso che:

  • la condotta mantenuta dal G. durante le precedenti carcerazioni (caratterizzata dalla mancata partecipazione ad attività trattamentali strutturate, da rilievi disciplinari e da atteggiamenti di insofferenza verso le istituzioni penitenziarie) è sintomatica della mancanza di una completa e piena evoluzione della personalità del predetto verso modelli di vita socialmente adeguati;

  • è vero che nei confronti del soggetto “ammesso allo speciale programma di protezione previsto per i cosiddetti ‘collaboratori di giustizia’ dall’art. 10 d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, conv. con modificazioni nella legge 15 marzo 1991 n. 82, il requisito della pericolosità deve essere puntualmente accertato sulla base di elementi di fatto idonei a superare la presunzione, derivante dalla suddetta ammissione, che il proposto abbia reciso i propri legami con il mondo del crimine” (così Cass. pen., Sez. I, sentenza 22 settembre 2000, n. 5228, ********);

  • altrettanto vera, nondimeno, è la circostanza che nella fattispecie tale “presunzione di recisione dei legami con la criminalità organizzata” non può equivalere (pure) a “cessazione della pericolosità sociale del soggetto” (potendo notoriamente delinquere anche soggetti non collegati alla criminalità organizzata);

  • in mancanza di codesta pericolosità, infatti, l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del G. il 21 maggio 2009 avrebbe dovuto essere senz’altro revocata;

  • viceversa, la stessa il 21 dicembre 2009 (come testé detto) è stata (non revocata, ma soltanto) sostituita con quella degli arresti domiciliari, ritenendosi “affievolite” (e, dunque, persistenti) le originarie esigenze cautelari [e nella surricordata ordinanza del 21 maggio 2009 si legge al riguardo che le esigenze cautelari sono tutte (compresa, quindi, quella ex art. 274, lettera c, c.p.p.) “presunte ex lege (art. 275, comma 3, c.p.p.) al massimo grado in ragione della natura dei delitti per i quali si procede”; e si sottolinea in particolare che nella fattispecie “la recidivanza, più che un rischio, é una certezza”].

Ciò posto, si rileva adesso che allo stato la misura di sicurezza in questione non può essere “utilmente” disposta.

Invero, poiché il G. si trova attualmente in località protetta in virtù del suindicato programma di protezione, risulta oggi impossibile dare effettiva e concreta attuazione ai contenuti tipici della libertà vigilata descritti dall’art. 228 c.p. [cfr. Corte cost., ordinanza 19 giugno 1998, n. 224: È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27, 25 e 101 Cost., nei confronti dell’art, 212, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede la sospensione dell’esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata, quando il soggetto che vi è sottoposto venga ristretto, per custodia cautelare, in carcere. Contrariamente agli assunti interpretativi da cui muove il giudice “a quo”, infatti, tra la misura di sicurezza della libertà vigilata e la privazione della libertà – sia essa derivata dall’esecuzione di pena detentiva o dall’applicazione di custodia cautelare in carcere – sussiste un’incompatibilità assoluta che rende impossibile, naturalisticamente ancor prima che giuridicamente, applicare tale misura (così come le altre misure di sicurezza personali non detentive, quali il divieto di soggiorno in uno o più Comuni o il divieto di frequentare osterie o spacci di bevande alcooliche, ecc.) e in particolare impedisce di dare attuazione ai contenuti tipici della libertà vigilata descritti dall’art. 228 cod. pen. Il che spiega perché il legislatore abbia ritenuto superfluo disporre espressamente, nell’ipotesi “de qua”, la pretesa sospensione”].

Solo quando tale programma di protezione verrà meno, sarà “naturalisticamente e giuridicamente” possibile l’applicazione della misura de qua ad opera del Magistrato di Sorveglianza che risulterà competente ex art. 677 c.p.p. (innanzi al quale sarà avviato il procedimento ex art. 679 c.p.p.).

P.Q.M.

dichiara allo stato non luogo a provvedere sulla richiesta ex art. 679 c.p.p. formulata il 15 marzo 2011 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria nei confronti di G. S.

Manda al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di XXXX di curare l’applicazione della misura di sicurezza in questione ex art. 679 c.p.p. allorché cesserà lo speciale programma di protezione disposto nei confronti di G. S. ex art. 10 d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, conv. con modificazioni nella legge 15 marzo 1991 n. 82.

Alessandria, 6 maggio 2011

Il Magistrato di Sorveglianza

(********************)

Depositato in Cancelleria il 9.5.2011

Il Cancelliere

 

Vignera Giuseppe

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