La Legge n° 192 del 1998 sulla “Disciplina della subfornitura nelle attività produttive” ha rappresentato uno dei primi tentativi di riequilibrio normativo dei rapporti contrattuali fra le piccolissime (o micro), piccole e medie imprese, le PMI, che costituiscono il tessuto connettivo dell’economia italiana, e le imprese di media e grande dimensione committenti delle prime che si avvantaggiano della maggior forza contrattuale derivante dalla maggiore dimensione e dall’importanza economica che i loro ordini possono avere per un’impresa di dimensioni inferiori.
Questa Legge persegue questo scopo disciplinando i vari aspetti del contratto di subfornitura stipulato fra due imprese, quella committente e quella subfornitrice, che esercitano attività di produzione di beni (manifatturiera) o di servizi, di proprietà privata o pubblica, e che, ai sensi del primo comma dell’articolo 1° della Legge citata, può avere per oggetto:
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lavorazioni su semilavorati o su materie prime fornite dal committente;
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la fornitura di prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o utilizzati nell’ambito dell’attività economica dell’impresa committente o nella produzione di un bene complesso secondo progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dalla committente.
Il contratto tipico di subfornitura è quindi qualificabile come un contratto di impresa, bilaterale, oneroso, con effetti obbligatori, a prestazioni corrispettive (che si possono articolare in un facere o in un do ut des), che può avere contenuti molteplici, ma tutti comunque integranti obbligazioni di risultato.
La tipizzazione legale di questo contratto, che ha il tipo contrattuale più simile nell’appalto definito dall’art. 1655 del Codice Civile (“il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”), ha comportato la logica conseguenza che esso deve applicarsi a tutte le fattispecie concrete riconducibili ad esso. In tal modo, anche se entrambe le parti o una sola di esse dovessero cercare di non applicare la sua disciplina, il contraente più debole potrà usufruire comunque delle norme poste a sua tutela, impugnando il contratto davanti al Giudice Ordinario o facendo ricorso alle procedure stragiudiziali.
L’art. 10 della Legge 192/1998 prevede che, entro trenta giorni dalla scadenza dei termini di cui all’art. 5, comma 4°, relativo alla contestazione dei vizi della qualità e del funzionamento dei prodotti o dei servizi forniti al committente dal subfornitore, le controversie relative ai contratti di subfornitura sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione (oggi di mediazione, dopo che i preesistenti procedimenti di conciliazione sono stati rinominati di mediazione dal Decreto Legislativo n° 28 del 2010 e sottoposti alla disciplina da questo introdotta) presso la Camera di Commercio nel cui territorio ha sede l’impresa subfornitrice, ai sensi dell’art. 2, comma 4°, lettera a), della legge n° 580 del 1993 sull’ordinamento delle Camere di Commercio.
Dal momento che la Legge 192/1998 non specifica quali siano questi “termini di legge” riteniamo che essi si debbano identificare, per analogia, in quelli previsti per l’appalto dall’art. 1667 c.c., che disciplina la garanzia dell’appaltatore per le difformità ed i vizi dell’opera, che sono pari a 60 giorni decorrenti dalla scoperta del vizio per la contestazione dello stesso al subfornitore, pena la decadenza del diritto ad effettuare tale contestazione, ed a due anni dalla consegna del bene o del servizio per la prescrizione dell’azione giudiziaria relativa alla garanzia. Il contenuto della garanzia sui difetti dell’opera consiste nella riduzione del prezzo o nella risoluzione del contratto nel caso di totale inadeguatezza della subfornitura realizzata.
Qualora non si pervenga ad una conciliazione tra le parti entro trenta giorni dall’inizio del procedimento e su richiesta di entrambi i contraenti la controversia è rimessa alla Commissione Arbitrale istituita presso la Camera di Commercio nel cui territorio ha sede l’impresa subfornitrice o, in mancanza, alla Commissione Arbitrale della Camera di Commercio scelta di comune accordo fra i contraenti. Anche il carattere rituale od irrituale dell’arbitrato dovrà essere stabilito pattiziamente fra le parti. Nel caso di disaccordo fra le parti, ognuna di esse potrà ricorrere al Giudice Ordinario dal momento che l’arbitrato ha sempre carattere facoltativo.
Il procedimento arbitrale, disciplinato dalle disposizioni degli articoli 806 e seguenti c.p.c., si deve concludere entro sessanta giorni dal primo tentativo di conciliazione, salvo che le parti non si accordino per un termine inferiore.
Dal momento che, come abbiamo detto, la conciliazione non esiste più come procedimento autonomo ed il suo posto è stato preso dalla mediazione il termine di sessanta giorni per la conclusione dell’arbitrato non può che partire dalla data di chiusura del procedimento di mediazione, cioè da quella della sottoscrizione, effettuata dalle parti e dal mediatore, del processo verbale finale che contiene l’accordo di conciliazione o che ne certifica il mancato raggiungimento, ai sensi dell’art. 11, commi 3° e 4°, del Dlgs 28/2010.
Essendo il procedimento di mediazione disciplinato dal Dlgs 28/2010 che è un atto legislativo successivo alla Legge 192/1998 ne consegue che il termine di trenta giorni per giungere alla conciliazione previsto dal 1° comma dell’art. 10 di quest’ultima legge è stato sostituito dal termine di quattro mesi previsto dal 1° comma dell’art. 6 del Dlgs 28/2010. Inoltre, riteniamo che non sia obbligatorio, per la mediazione, adire l’organismo della Camera di Commercio nel cui territorio ha sede l’impresa subfornitrice, ma che le parti possano sceglierne uno liberamente, come prevedono gli artt. 3, 1° comma, e 4, 1° comma, del Decreto citato.
Dobbiamo segnalare che, anche se l’art. 10 della Legge 192/1998 qualifica come obbligatorio l’esperimento del tentativo di conciliazione (oggi di mediazione) nel caso di controversie sui contratti di subfornitura, esso non prevede sanzioni nel caso in cui le parti non procedano a questo, né il 1° comma dell’art. 5 del Dlgs 28/2010 prevede tale materia fra quelle in cui lo svolgimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale che introduce il processo civile ordinario.
Ciò significa che, se le parti sono d’accordo possono rivolgersi direttamente al Giudice ordinario senza effettuare la mediazione e l’arbitrato previsti dall’art. 10 citato e che solo nel caso in cui la mediazione non sia stata tentata per la volontà contraria di una delle parti che non ha partecipato al procedimento, l’altra parte (quella che voleva effettuare e che ha promosso la mediazione) potrà citare per danni la prima per non avere ottemperato ad un obbligo previsto dalla legge.
Sia pure con le innovazioni dovute al successivo Dlgs 28/2010, l’obbiettivo dell’art. 10 della Legge 192/1998 è, chiaramente, quello di incentivare l’utilizzo da parte delle imprese delle procedure alternative di risoluzione delle controversie tra loro (le c.d. ADR – Alternative Dispute Resolution dei diritti anglosassoni), quali la mediazione (che ha preso il posto della vecchia conciliazione) e l’arbitrato, che hanno il duplice vantaggio del minore costo e della maggiore rapidità rispetto alla giustizia ordinaria.
Sono diverse le norme che incentivano l’utilizzo di queste procedure per la risoluzione delle controversie fra imprese e clienti finali (consumatori). Tra queste, segnaliamo l’art. 19 del Decreto Legislativo n° 70 del 2003 che ha attuato la Direttiva CE n° 31 del 2000 sul commercio elettronico e i servizi della società dell’informazione, che si applica ai contratti stipulati per via telematica (cioè tramite Internet) e gli artt. 140 (commi da 2° a 4°) e 141 del Codice del consumo (il Decreto Legislativo n° 206 del 2005) sui contratti stipulati tramite tutti i sistemi di comunicazione a distanza.
Queste norme prevedono la facoltà di investire della controversia, da parte di entrambi i contraenti, gli organi di composizione stragiudiziale (in primo luogo quelli di mediazione) e soprattutto quelli che operano per via telematica, i c.d. ODR – On Line Dispute Resolution, per esempio, www.risolvionline.it della Camera di Commercio di Milano, il primo ODR che è stato creato in Italia.
Il tentativo obbligatorio di conciliazione (oggi di mediazione) delle controversie relative al contratto di subfornitura disciplinato dalla legge n° 192 del 1998
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