Contenzioso tributario: l’appello è inammissibile se si limita a richiamare le argomentazioni svolte

Enzo Sollini 16/06/11
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L’appello è inammissibile se si limita a richiamare le argomentazioni svolte nel giudizio di prime cure
(Nota a sentenza 20/4/2011)

Commissione Tributaria Regionale di Firenze, 26 ottobre 2010, n. 169

 

Contenzioso tributario – Appello art. 53 d.lgs. 546/92 – Contenuto – I motivi specifici dell’impugnazione – Mancanza o assoluta incertezza – Conseguenze – Inammissibilità dell’appello – Consegue.

Massima
L’articolo 53 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dispone che l’appello, tra le altre cose, deve indicare i motivi specifici dell’impugnazione, prevedendone l’inammissibilità in caso di omissione o di estrema incertezza.
La riproposizione delle argomentazioni svolte nel giudizio di prime cure non costituiscono “motivi specifici dell’impugnazione” con la conseguente dichiarazione d’inammissibilità del gravame.

L’APPELLO E’ INAMMISSIBILE SE SI LIMITA A RICHIAMARE LE ARGOMENTAZIONI SVOLTE NEL GIUDIZIO DI PRIME CURE

L’articolo 53 del d.lgs. 546/1992 dispone che il ricorso in appello debba contenere l’indicazione:
– della commissione tributaria a cui è diretto;
– dell’appellante;
– delle altre parti del giudizio nei cui confronti è proposto;
– gli estremi della sentenza impugnata;
– l’esposizione sommaria dei fatti;
– i motivi specifici dell’impugnazione.
La predetta norma dispone espressamente che il ricorso in appello è inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno dei predetti elementi.
La commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza in commento, rilevato che l’appellante non ha censurato espressamente la sentenza impugnata limitandosi a riproporre le argomentazioni addotte nel giudizio di prime cure, ha dichiarato l’appello inammissibile (1).
Fatto
Nel mese di dicembre del 2007 un contribuente veniva raggiunto dalla notifica di un “avviso di rettifica per accertamento” ai fini ici per l’anno 2002 con il quale recuperava una maggiore imposta.
Il contribuente impugnava ritualmente l’atto opponendo la decadenza dal potere impositivo da parte del comune rilevando preliminarmente che, al di là della denominazione che gli viene attribuita da chi lo emette, l’atto deve essere classificato secondo il suo contenuto.
In effetti l’ente non procedeva ad un accertamento ma ad una liquidazione di maggiore imposta da effettuarsi nel termine previsto dal primo comma dell’art. 11 del d.lgs. 504/92 (entro il termine decadenziale del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o effettuato il pagamento).
Il comune, costituitosi nel giudizio, sosteneva la tempestività della notifica dell’atto di accertamento essendo l’avviso di liquidazione soppresso con effetto dal 1/1/07 ed unificato all’avviso di accertamento ex art. 1, comma 161 della legge 296/06.
La commissione tributaria provinciale di Pisa, dopo aver rilevato che il comune avrebbe dovuto emettere un avviso di liquidazione e non di accertamento, ha accolto il ricorso dichiarando in quanto l’ente avrebbe dovuto notificare l’atto impositivo (avviso di liquidazione) per il periodo di riferimento nel termine decadenziale previsto dal primo comma dell’art. 11 del d.lgs. 504/92.
I giudici tributari di seconde cure pur non essendo tenuti ad esaminare la questione nel merito (2) hanno, in via incidentale, ribadito che gli atti devono essere valutati in relazione al loro contenuto e che l’attività di controllo prevista dal primo comma dell’art. 11 del d.lgs. 504/92 doveva essere effettuata nel termine decadenziale che, solo se pendente, è soggetta alle disposizioni introdotte dalla legge 296/96.

 

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(1) Cfr. C.T.R. Emilia Romagna, n. 62 del 28/1/10; C.T.R. della Sardegna, n. 43 del 30/9/09; C.T.R. della Campania, n. 9 del 8/1/09.
(2) C.T.R. Emilia Romagna, n. 53 del 15/10/08.

Enzo Sollini

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