Nel caso in cui venga contestato dal cliente, l’estratto conto non è sufficiente a dimostrare l’entità del credito vantato dalla banca. Infatti, il saldo è da qualificarsi come un “atto unilaterale” proveniente dal creditore stesso e come tale non può essere considerato di per sé come una prova.
La suprema Corte, infatti, al termine di un lungo ragionamento, ha dato ragione alla società che aveva sollevato un quesito sul diritto della banca a procedere a esecuzione forzata dei crediti scaturenti da contratti di conto corrente documentati soltanto attraverso la produzione in giudizio “del solo estratto conto finale”.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, “deve escludersi l’idoneità probatoria dell’estratto di conto corrente” anche se certificato secondo le procedure previste dalla legge[1].
Una recente sentenza[2] della Cassazione riprende e ribadisce i principi sulla prova del credito della banca, già apprezzabilmente sanciti nella emblematica pronuncia del Tribunale di Catania[3], secondo cui, tra l’altro, “in forza del disposto, di cui all’art. 119 TU n. 385/1993, la banca può sì ritenersi legittimata a non conservare per oltre un decennio la documentazione legata al conto, ma non a pretendere, ove abbia provveduto alla distruzione della documentazione precedente al decennio, di essere per ciò solo esonerata dagli ordinari impegni probatori, ogni qual volta intenda fondare la propria pretesa su situazioni sostanziali destinate a trovare riscontro proprio nella documentazione distrutta”.
Il Tribunale di Catania ha condannato Unicredit Banca d’Impresa Spa per il comportamento tenuto nei confronti di un’Azienda cliente, volto a negare il diritto di essa a recuperare gli interessi anatocistici.
Con la sentenza in rassegna il Giudice di merito, Dott. Benedetto Paternò Raddusa, ha ritenuto nullo il contratto di conto corrente bancario per violazione del disposto di cui agli artt 1284 c.c. (sino alla data del 28/10/99) e 1283 c.c., sancendo che “in mancanza di documentazione bancaria probatoria, il credito della banca resta indeterminato sia nell’an (giacché nulla esclude che la rideterminazione dei saldi secondo le correzioni imposte dalla presente statuizione volta che si prendano le mosse dalla data di instaurazione del rapporto, possa portare anche ad un azzeramento del debito se non addirittura ad invertire il segno del rapporto) che soprattutto nel quantum per un fatto processualmente ascrivibile alla banca”.
Alla problematica della prova del credito della banca si collega strettamente la questione della mancata contestazione dell’estratto conto bancario.
In proposito, la disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari persegue gli obiettivi di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni, promuovendo e salvaguardando la concorrenza nei mercati bancario e finanziario.
“Per trasparenza bancaria si intende quel complesso di notizie ed informazioni che ogni istituzione bancaria e finanziaria deve rendere note ai propri clienti affinchè questi siano in grado di valutare correttamente tutte le condizioni e i vincoli loro imposti in seguito all’avvio di operazioni finanziarie, sia prima che un contratto venga stipulato che successivamente.”[4]
Le operazioni di pagamento e incasso eseguite per il tramite del conto e le spese che ne derivano possono essere controllate in virtù delle comunicazioni che le banche sono tenute ad inviare al cliente.
Il principale strumento di controllo è l’estratto conto, ossia il documento che riepiloga l’utilizzo del conto corrente con riferimento ad un certo periodo, indicando in modo dettagliato versamenti, pagamenti, incassi, spese, interessi; il saldo dell’estratto conto rappresenta la somma di denaro di cui si dispone[5].
In caso di errori, il cliente ha il diritto di segnalarli alla banca e ottenerne la correzione, ma deve intervenire per iscritto entro 60 giorni dal ricevimento dell’estratto conto.
La mancata contestazione degli estratti conto nei tempi indicati dalla banca non impedisce al correntista di impugnare la validità del rapporto e a nulla rileva, poi, che, sempre nel corso del rapporto, sia eventualmente intervenuta tacita approvazione del conto.
Molto si è discusso, infatti, sia in Dottrina che in Giurisprudenza, in ordine alla portata ed efficacia di siffatta approvazione tacita, strettamente connessa alla natura dell’estratto conto bancario.
Secondo l’opinione assolutamente prevalente e condivisibile, l’e/c bancario è considerato soltanto uno documento contabile, atteso che le relative operazioni bancarie in esso riassunte e menzionate (prelevamenti e versamenti), a differenza del conto corrente ordinario, non danno luogo alla costituzione di autonomi rapporti di credito o debito reciproci tra il cliente e la banca, ma rappresentano l’esecuzione di un unico negozio, da cui derivano il credito ed il debito della banca verso il cliente.
Pertanto, la mancata tempestiva contestazione dell’estratto conto, trasmesso da una banca al cliente, rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quelli della validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano[6].
Il pagamento di interessi non costituisce adempimento di un obbligazione naturale, che escluderebbe il diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato, in quanto manca la spontaneità di tale adempimento.
Gli istituti di credito, invero, nelle loro difese in giudizio sostengono sempre l’infondatezza della domanda, laddove il correntista non abbia mai contestato le risultanze degli estratti conto inviatigli, invocando la decorrenza del termine semestrale previsto a pena di decadenza dall’art. 8 delle norme sui conti correnti di corrispondenza, clausola che ricalca il contenuto dell’art. 1832 c.c..
“Tale assunto non merita condivisione atteso che il correntista può contestare, nel termine decennale di prescrizione ordinaria, la validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori da cui scaturiscono le partite inserite nel conto anche in assenza di impugnazione dello stesso nel termine semestrale previsto in quanto la decadenza concerne la contestazione di addebitamenti e di accreditamenti unicamente sotto il profilo contabile (v. in tal senso Cass. 5-12-2003 n. 18626; Cass. 26-7-2001 n. 10186; Cass. 25-7-2001 n. 10129; Cass. 11-5-2001 n. 6548; Cass. 14-5-1998 n. 4846, Cass. 11-9-1997 n. 8989; Cass. 11-3-1996 n. 1978)”[7].
Va ribadito che, secondo la più condivisibile Giurisprudenza di merito e di legittimità, la mancata contestazione dell’estratto conto, con l’implicita approvazione di tutte le operazioni bancarie regolate nel conto stesso, attesa la natura sostanzialmente confessoria delle annotazioni in esso riportate, comporta la non contestabilità delle risultanze delle stesse sotto il profilo meramente contabile, non potendosi più revocare in dubbio che siano state compiute determinate operazioni (es. addebiti, accrediti) e secondo determinate cadenze temporali.
Tuttavia, rimangono proponibili le censure attinenti alla validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori, da cui scaturiscono le partite inserite nel conto, in quanto in tal caso l’impugnativa, non essendo limitata alla contestazione di accrediti e di addebiti sotto il profilo contabile, non è direttamente collegata all’estratto conto trasmesso dalla banca[8].
Dunque, correttamente la Corte di legittimità[9] ha sancito che debbano valutarsi approfonditamente e per ciascuna le ragioni di credito, attivate dalla banca, al fine di verificare se sussista idonea prova di ognuna di esse, anche nell’entità indicata dall’istituto di credito procedente.
Così, il Supremo Collegio[10] ha stabilito che “deve escludersi l’idoneità probatoria dell’estratto di conto corrente, benché certificato si sensi dell’art. 50 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 : esso, in caso di contestazione, non può integrare di per sé prova a favore dell’azienda di credito dell’entità del credito, in quanto atto unilaterale proveniente dal creditore e dovendo ritenersi eccezionale – e per ciò stesso non estensibile al di fuori delle ipotesi espressamente previste – la valenza probatoria ad esso riconosciuta ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo”.
Rosanna Cafaro
Avvocato in Lecce
[1] www.orsiniemidio.it.
[2] C. Cass., 3.5.2011, n. 9695, www.orsiniemidio.it.
[3] Trib. Catania, sent. n. 2795/08 del 23.5.2008, www.rosannacafaro.it
[4] Lanna-Sgambati, a cura di, Diritto Bancario, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli, 2000, 215.
[5] Cafaro R., Il conto corrente bancario, Giuffrè Ed., Milano, 2011.
[6] Cfr., ex multis, Cass. 11.3.1996 n. 1978.
[7] Trib. Brindisi, Sez. Dist. Ostuni, Giudice Dott. Antonio Ivan Natali, 22.10.2009, inedita.
[8] C. Cass., Sez. I, 5.12.2003, n. 18626.
[9] Sempre, C. Cass., 3.5.2011, n. 9695, www.orsiniemidio.it.
[10] Ancora, C. Cass., 3.5.2011, n. 9695, ult. cit..
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