Ciascuno deve risarcire il danno arrecato per propria colpa e chi trae profitto da una certa attività o cosa deve sopportarne anche le conseguenze negative (cuius commoda eius et incommoda, Bertrand de Greuille): nel confronto di interessi tra danneggiante e danneggiato, la giustizia non può non pendere a favore di quest’ultimo (Tarrible).
La responsabilità civile si configura, quindi, quale norma imperativa, impositiva: ciò poiché, altrimenti, il danno resterebbe impunito ed irrisarcito.
Il principio è codificato, nell’ordinamento francese, all’art. 1382 del code Napoleon, analogamente all’art. 1151 del codice civile italiano del 1865 ed all’art. 2043 c.c. vigente.
L’affermazione della responsabilità poggia, pertanto, su una colpa, intesa come inosservanza di un obbligo, negligenza o imprudenza, ed anche su presunzioni, se previste da disposizioni particolari, cui il danneggiante compete eccepire e rovesciare.
Dal modello romanistico, rivisitato dalla scuola della pandettistica del 1800, deriva il codice tedesco del 1896. Secondo tale modello giuridico, non ogni interesse viene tutelato ovvero non ogni lesione di un qualsiasi interesse viene sanzionato bensì soltanto quelle condotte che corrispondono ad una fattispecie incriminatrice.
I principali criteri-requisiti, secondo l’idea giuridica tedesca, sono tre: a) è illecito, con obbligo di risarcimento, soltanto ciò che lede alcuni diritti di primaria importanza oppure contrasta con una norma imperativa posta a tutela dei privati; b) ingiustizia del danno: l’atto o il fatto deve, cioè, essere contrario alla legge; c) l’elemento soggettivo: essenziale è la colpa. Precisamente, se l’illecito è doloso e, peraltro, contrario al buon costume si prescinde dal requisito della tipicità dell’illecito protetto (actio generalis doli). Se, invece, manca la colpa, è necessaria una speciale disposizione che ne dichiari l’illiceità civile.
In ambito giuridico inglese, il principio ha origine dalla action of trespass, originariamente penale ed indicante l’interferenza illecita con l’altrui persona o proprietà.
Tale action da luogo, verso la metà del XIV secolo, alla action of trespass on the case, di natura civilistica e con funzione risarcitoria e l’offeso è tenuto ad allegare, almeno, la colpa del convenuto.
Tale figura normativa si consolida nell’Ottocento attorno a cinque presupposti:
a)l’esistenza di un dovere di diligenza (duty of care) del preteso offensore nei confronti del danneggiato; b) la violazione di tale dovere; c) l’esistenza di un danno; d) un collegamento causale tra la violazione del danno e la lesione; e) l’inesistenza di cause di giustificazione o di responsabilità o di concorso di colpa del danneggiato.
All’uopo, però, bisogna stabilire, in primis, quale sia lo standard of care che il danneggiante avrebbe dovuto osservare e confrontarlo con la condotta da questi concretamente posta in essere: si fa riferimento, così, al reasonable man, analogamente al bonus pater familiae, secondo un’impostazione oggettivante degli standard di condotta, tuttavia diversamente dalla tendenza continentale che distingue tra elementi oggettivi (condotta, causalità, danno) e soggettivi (psicologici). Salvo espressa volontà del legislatore, la responsabilità civile non si fonda, infatti, sulla violazione di uno statute, in un’ottica di autonomia del potere giudiziario.
L’inosservanza di criteri obbligatori (o necessari) di comportamento determina, ex se, la sussistenza dell’illecito (res ipsa loquitur).
La nozione di prevedibilità (foreseeability) serve a perimetrare l’area del danno risarcibile.
Una differenza fondamentale con l’ordinamento italiano è che la law of damages è considerata applicabile alla responsabilità contrattuale ed a quella extracontrattuale.
Bibliografia generale
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