Rimane, ovviamente, da scrutinare la distinta ed autonoma domanda risarcitoria azionata dalla ricorrente che, anche nella memoria depositata il 22.02.2011 insiste, essendo stato eseguito l’appalto, acchè il Collegio, accertato e dichiarato il suo diritto all’aggiudicazione, condanni le controparti al risarcimento dei danni per equivalente nella misura del 10% dell’importo dell’appalto (utile presunto) con un’ulteriore percentuale del 5% a ristoro del danno curriculare
A tal riguardo:
– da un lato occorre tenere conto che la Corte di Giustizia CE, SEZ. III – sentenza 30 settembre 2010 (C-314/09), ha affermato che la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata;
– d’altro lato, va ricordato che in sede di risarcimento dei danni derivanti da illegittima mancata aggiudicazione di una gara di appalto, deve escludesi l’applicazione automatica del criterio forfetario del 10% calcolato sul prezzo a base d’asta, essendo necessaria la prova rigorosa, a carico del ricorrente, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultato aggiudicatario dell’appalto. Tale principio, che trova oggi conferma nell’art. 124 del C.p.a. il quale, nel rito degli appalti, prevede il risarcimento del danno (per equivalente) “subito e provato”, ha già ricevuto cittadinanza nella giurisprudenza del Giudice amministrativo che ha, ripetutamente, affermato che in caso di risarcimento dei danni a seguito di annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione di una gara di appalto, l’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto alla impresa ricorrente che aveva diritto a tale aggiudicazione è pari al 10% dell’importo a base asta, ridotto del ribasso offerto, solo nel caso in cui l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri lavori o servizi. Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia stata offerta, è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi, quindi, il risarcimento può essere ridotto in via equitativa (cfr., nello stesso senso, Cons.St. nr. 23 del 2009, nr.7004 del 2010, n.8253 del 2010).
Ora, nel caso di specie, la ricorrente ( che, si ricordi, agisce in proprio), neanche nelle memorie depositate nell’anno 2011, si è premurata di documentare di non aver potuto (successivamente all’aggiudicazione della gara all’ati Controinteressata) altrimenti utilizzare i propri progettisti; né ha fornito prova od indizio alcuno dell’utile effettivo che essa impresa avrebbe conseguito, a seguito dell’aggiudicazione illegittimamente negata, sulla base di un raffronto tra costi e ricavi documentabili.
Ne consegue che l’importo del risarcimento invocato va equitativamente ridotto nella misura del 5% dell’importo a base asta, ridotto del ribasso offerto.
Non va poi trascurato che il danno (per equivalente) risarcibile è quello sofferto dalla sola Ricorrente & Ass.ti s.p.a e non anche dalle altre due imprese mandanti del raggruppamento (non costituito e) di cui essa era capogruppo. Pertanto – ed anche per il fatto che non risultano state documentate le specifiche parti della progettazione eventualmente affidate (in caso di aggiudicazione) alle due mandanti – l’importo del risarcimento per equivalente spettante in definitiva alla Ricorrente & Ass.ti s.p.a va quantificato in un importo pari al 33% di quello (pari al 5% dell’importo a base asta, ridotto del ribasso offerto) come sopra determinato.
Quanto alla residua voce di danno (e cioè quello curricolare), in linea di massima, deve ammettersi che l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (Cfr., Cons.St., 27.11.2010, nr. 8253, 11 gennaio 2010, n. 20; sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751). Nondimeno anche di tale danno occorre dimostrare rigorosamente e diligentemente gli elementi diminutivi o accrescitivi ed il relativo nesso di causalità con la mancata aggiudicazione (Cfr. Cons. Stato, 27 novembre 2010 n. 8253; 11 gennaio 2010, n. 20): prova questa non fornita dalla ricorrente, che si limita solo ad invocare tale voce di danno, sicché il mezzo, oltre che infondato per difetto di dimostrazione, appare comunque inammissibile per mancanza di specificità.
Nei termini sopra precisati il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria possa essere accolta per quanto riguarda l’”an”, senza però immediata definizione del “quantum”, risultando sufficiente che si ribadiscano al riguardo i criteri, a cui l’Amministrazione dovrà attenersi nella successiva fase di liquidazione, e cioè:
a) determinazione della somma pari al 5% dell’importo a base asta, ridotto del ribasso offerto dal costituendo raggruppamento di cui la Ricorrente & Ass.ti era mandataria;
b) determinazione dell’importo pari al 33% della somma risultante dal calcolo sub a);
c) interessi sulla somma dovuta (come sub “b” definita), nella misura e nei modi legislativamente previsti (cfr. al riguardo, per limiti e modalità di calcolo, Cons. St. sez. VI, 6.5.2008, n. 1995 e 29.7.2008, n. 3785), dalla data della domanda a quella dell’effettivo soddisfo.
Quanto alle spese giudiziali, infine, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della complessità e peculiarità della controversia.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento