Nuovo ruolo dei Consigli Tributari nell’attività di contrasto all’evasione ad opera dei comuni

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L’art. 18 del D.L. n. 78/2010 (convertito nella Legge 30.7.2010 n. 122), ai fini dell’attuazione dell’art. 44 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 e dell’art. 1 del D.L. 30.9.2005, n. 203 (convertito, con modificazione, dalla Legge 2.12.2005, n. 248), in materia di partecipazione dei comuni all’attività di accertamento e contrasto all’evasione fiscale e contributiva, ha previsto, tra l’altro, la costituzione, obbligatoria in tutti i comuni(1), del Consiglio Tributario.

Strutturato come organo tecnico consultivo interno all’ente, il Consiglio Tributario è chiamato a supportare l’impegno del comuni al fine del riconoscimento, agli stessi, di una quota delle maggiori somme riscosse, afferenti i controlli fiscali effettuati appunto con il loro apporto. Tale ‘quota di partecipazione’, proporzionata alle maggiori somme dei tributi statali riscosse nonché alle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi, aveva già subìto un primo innalzamento – dal 30%, inizialmente previsto, al 33% – sempre per effetto del D.L. 78/2010 ed un ulteriore incremento – dal 33% al 50% – per effetto dell’art. 2, comma 10, lett. b) del D.Lgs. n. 23/2011. Inoltre, quest’ultimo intervento aveva ridefinito la base della commisurazione riferendola, infine, alle somme riscosse pur a titolo non definitivo, fermo restando il recupero delle stesse qualora rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo(2).

Invero, le novità fiscali introdotte dal legislatore nell’estate di quest’anno sono riconducibili ad un intervento di più vasta portata(3). Circoscrivendo l’analisi al tema in esame, si può osservare che la cd. ‘manovra di ferragosto’ – di cui al D.L. n. 138/2011, come modificato in sede di conversione in Legge n. 148 del 14 settembre 2011 – oltre ad apprestare misure di compensazione del rigore nell’assunzione degli impegni di spesa degli enti locali previsto dal cd. “patto di stabilità”(4) – ha innovato il meccanismo di coinvolgimento dei comuni nell’attività di contrasto all’evasione delineato in precedenza, inserendo nell’impianto preesistente modifiche che, in sintesi, prevedono:

  1. l’ulteriore incremento delle somme eventualmente spettanti ai comuni,

  2. la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi sui siti web dei comuni,

  3. il potenziamento delle funzioni dei Consigli Tributari, il cui ruolo originario risulta, in tal guisa, sensibilmente riordinato.

Quanto al primo punto, con riferimento agli anni 2012, 2013 e 2014, la quota del maggior gettito riconosciuta ai comuni, a fronte del loro fattivo contributo all’attività di accertamento ai sensi dell’art. 1, comma 1 del D.L. 203/2005, è stata elevata al 100%. Per rendere omogenea, sul piano strutturale, la specifica attività di partecipazione all’accertamento demandata all’ente locale, oltre che per potenziarla(5), il riconoscimento del gettito in tale misura è, però, connesso all’effettiva istituzione del Consiglio Tributario entro il 31/12/2011, ‘rimediando’ in tal modo all’assenza, nella prescrizione istitutiva, di una sanzione specifica in caso di inadempimento(6).

Il tenore letterale della norma, nonché la sua collocazione al di fuori del disposto dell’art. 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, inducono, tuttavia, a ritenere che se il comune non procederà ad istituire il Consiglio Tributario entro il 31 dicembre 2011, non potrà beneficiare delle maggiori entrate recuperate, nella misura del 100%, ma solo del “vecchio” 50%, e pur sempre a seguito di collaborazione all’accertamento. Diversa considerazione dovrebbe valere nel caso di costituzione in data successiva al 31 dicembre 2011, stante sia la palese natura ordinamentale del temine – in assenza di una previsione di decadenza ma soltanto di non applicazione del beneficio – sia perché la quota del maggior gettito alla misura del 100%, spettante ai Comuni a seguito della partecipazione all’attività di accertamento supportata dal Consiglio Tributario, è prevista per un triennio (2012, 2013 e 2014). Ne consegue che l’istituzione tardiva del Consiglio Tributario – ovviamente entro il termine ultimo del 2014 – dovrebbe comportare l’applicazione “a regime” del beneficio.

Il secondo aspetto della manovra riguarda la pubblicazione, sui siti web dei comuni, dei dati reddituali, opzione adottata dal legislatore in base al principio del cd. “controllo sociale della fedeltà fiscale”(7). L’art. 1, comma 12-ter, lett. e), sempre del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 aggiunge, infatti, un ultimo comma all’art. 44 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 (Partecipazione dei comuni all’accertamento). Il comma aggiunto prevede che con: “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, sono stabiliti criteri e modalità per la pubblicazione, sul sito del comune, dei dati aggregati relativi alle dichiarazioni di cui al comma secondo, con riferimento a determinate categorie di contribuenti ovvero di reddito”.

Il richiamo al secondo comma dell’art. 44 circoscrive, a sua volta, questa specifica forma di pubblicità agli “elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche”.

E’ da ritenere che l’emanando decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà conciliare questa ulteriore previsione di pubblicità legale dei dati reddituali(8) con quanto statuito nella Decisione del Garante per la protezione dei dati personali del 6 maggio 2008(9) – emessa a seguito di un provvedimento di pubblicazione on-line dei redditi in maniera centralizzata adottato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate(10), già foriero di non poche polemiche nonché oggetto della decisione inibitoria dello stesso Garante. In tale occasione il Garante aveva, infatti, deciso che la fonte legislativa che allora disciplinava le modalità di conoscibilità dei dati detenuti dall’Agenzia e le disposizioni contenute nel Codice dell’amministrazione digitale, pur incentivanti l’uso delle tecnologie informatiche nella gestione dei dati da parte della PA, non costituivano, di per sé, sufficiente fondamento per una divulgazione incontrollata, via web, dei dati reddituali dei contribuenti.

L’orientamento del legislatore, attuato con la disposizione in commento, ha tenuto conto dei citati rilievi del Garante, avendo circoscritto in modo preciso i confini di tale opzione. L’ambito applicativo della disposizione in esame riguarda, infatti, i dati aggregati relativi alle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, con riferimento a determinate categorie di contribuenti ovvero di reddito, ossia le informazioni relative a soggetti persone fisiche riunite in gruppi – per tipologie di soggetti o per categorie reddituali – di modo che non sia possibile l’identificazione dei singoli soggetti. Tale inquadramento è, altresì, conforme all’orientamento espresso della Corte di giustizia dell’Unione europea, riguardo all’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE(11), secondo cui la pubblicazione dei dati reddituali ”in ordine alfabetico e per classi di reddito, sotto forma di elenchi particolareggiati redatti per singoli comuni” deve, in ogni caso, “essere considerata come un trattamento di dati personali”, per cui occorre apprestare le garanzie previste dalla direttiva in questione e dalla specifica normativa nazionale(12).

Quanto al terzo punto, relativo al ruolo dei Consigli Tributari, l’intervento del legislatore assume una portata per molti aspetti innovativa. Il nuovo impianto normativo suggerisce alcune riflessioni di approfondimento sul ridefinito ruolo dei Consigli Tributari, soprattutto riguardo al rafforzamento dei poteri ad essi attribuiti. La norma in commento prevede, infatti, che anche i Consigli Tributari, e non più solo i Comuni, siano destinatari di appositi obblighi di comunicazione a carico dell’Agenzia delle entrate. Parallelamente, in capo agli stessi Consigli Tributari, sono previsti specifici doveri informativi all’Agenzia delle entrate. In tale contesto, ai Consigli Tributari vengono assegnate le seguenti funzioni, appunto già previste in capo ai Comuni:

  1. –  acquisizione e analisi dei dati dichiarativi dei contribuenti e delle segnalazioni relative agli accertamenti sintetici che l’Agenzia delle entrate avvia su contribuenti residenti nel territorio del comune;

  2. –  segnalazione all’Agenzia delle entrate delle integrazioni alle dichiarazioni presentate, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo documentazione idonea;

  3. –  comunicazione, entro 60 giorni da quello di ricevimento della segnalazione dell’Agenzia delle entrate, di ogni elemento utile alla determinazione del reddito;

  4. –  richiesta di dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici che hanno l’obbligo di rispondere gratuitamente.

Con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di definizione dei criteri e delle modalità per la pubblicazione, sul sito del comune, dei dati aggregati relativi alle dichiarazioni presentate, sono altresì individuati gli ulteriori dati che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei comuni e dei Consigli Tributari per favorire la partecipazione all’attività di accertamento, nonché le modalità di trasmissione idonee a garantire la necessaria riservatezza(13).

Con queste ultime disposizioni il legislatore è intervenuto in linea di principio, cioè con il rafforzamento degli strumenti di partecipazione all’attività di accertamento, mediante modificazioni e integrazioni all’articolo 44 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 che, in sostanza, sembra avere come obbiettivo il coinvolgimento anche dei Consigli Tributari in un rapporto diretto con l’amministrazione finanziaria. Con il nuovo comma aggiunto all’articolo 44, oltre alla pubblicità dei dati reddituali, è stato, infatti, aggiunto il rinvio alla definizione, sempre per via regolamentare, di specifiche modalità d’interscambio dei “dati sensibili” con l’Agenzia delle entrate, sia sotto il profilo di nuove tipologie di comunicazioni sia come garanzie di riservatezza da assicurare nella trasmissione dei dati.

Inoltre – e questa pare l’innovazione più significativa – al Consiglio Tributario viene esteso il cd. “potere istruttorio” di richiesta di notizie “alle amministrazioni ed agli enti pubblici”, finora riservato, oltre che ai comuni per i tributi propri, all’Agenzia delle entrate dalle disposizioni processuali in materia di accertamento e, in virtù del rinvio a queste ultime, contenuto in norme speciali, alla Guardia di Finanza e al Giudice tributario(14).

Tale inquadramento dà in qualche modo conto della coesistenza di due diverse “filosofie” da sempre evidenziate dagli interpreti, rispetto ai compiti e alle funzioni da riservare a tali organismi: intesi, in linea di massima, come strutture consultive con un profilo prevalentemente “tecnico”, e però anche come organismi da collocare, in via sistematica, fra gli strumenti operativi delle politiche locali di programmazione fiscale(15).

Ora, soprattutto l’accentuazione, ad opera di disparate “istanze” sociali e civili, di quest’ultima caratterizzazione ha suscitato le maggiori perplessità “di merito”, in specie rispetto al prevalente orientamento dottrinale che vuole che l’attuale normativa sui Consigli tributari, definisce in ogni caso organi consultivi interni dell’ente locale, fondati su un potere di auto-organizzazione interna riconosciuto ex lege ai comuni e, per ciò, privi di una effettiva “rappresentatività autonoma” in termini di “statuizioni” che si discostano dagli orientamenti democraticamente rappresentati nell’ente locale.

Questo aspetto conduce direttamente ad una riflessione sui poteri attribuiti ai Consigli tributari. Le criticità che si evidenziano riguardo a questo tema interessano, infatti, le modalità di interlocuzione con i soggetti istituzionalmente deputati a gestire i controlli (nel caso, le Agenzie fiscali, la Guardia di Finanza, l’INPS). In sostanza, riemerge, qui, il “rischio di sovrapposizione di funzioni programmatorie e gestionali in atto assegnate, rispettivamente, al Governo, alle Agenzie fiscali, agli organi elettivi ed esecutivi locali ed agli uffici delle entrate”, già paventato dall’ANCI e dall’IFEL in sede di commento dell’art. 18 del D.L. 30 maggio 2010, n. 78(16).

Nell’innovare l’articolazione normativa di riferimento, con il D.L. n. 138/2011 il legislatore interviene nuovamente nella disciplina prevista dall’art. 44 del D.P.R. n. 600 del 1973, con specifico riferimento alle modifiche già apportate dall’art. 18 del D.L. n. 78/2010. Per l’effetto, la norma risulta infine così articolata:

L’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei comuni e dei consigli tributari le dichiarazioni di cui all’articolo 2 dei contribuenti in essi residenti; gli Uffici dell’Agenzia delle entrate, prima della emissione degli avvisi di accertamento, ai sensi dell’articolo 38, quarto comma e seguenti, inviano una segnalazione ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi nonché ai relativi consigli tributari.

Il comune di domicilio fiscale del contribuente, o il consorzio al quale lo stesso partecipa, ed il consiglio tributario segnalano all’ufficio delle imposte dirette qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche ai sensi dell’art. 2, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla. Dati, fatti ed elementi rilevanti, provati da idonea documentazione, possono essere segnalati dal comune anche nel caso di omissione della dichiarazione.

Il comune di domicilio fiscale del contribuente, con riferimento agli accertamenti di cui al secondo comma, ed il consiglio tributario comunicano entro sessanta giorni da quello del ricevimento della segnalazione ogni elemento in suo possesso utile alla determinazione del reddito complessivo.

Il comune per gli adempimenti previsti dal terzo e quarto comma ed il consiglio tributario possono richiedere dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici che hanno obbligo di rispondere gratuitamente.

L’intervento legislativo pare, dunque, “accomunare” l’impegno del Consiglio Tributario a quello dell’ente locale, senza apportare un’effettiva distinzione, né funzionale né operativa, al ruolo di ciascuno. Tale scelta comporta l’immediata conseguenza di duplicare un’attività istruttoria e di collaborazione in una forma teoricamente indistinta, fatta salva una diversa determinazione “convenzionale” che, tuttavia, appare come mera scelta operativa di ciascuno dei soggetti coinvolti, non potendosi negare che specifiche attribuzioni in rassegna discendenti dalla norma non sono suscettibili di una “diversificazione” per via regolamentare(17).

L’effettivo esercizio dei poteri istruttori rappresenta un ulteriore punto di criticità, per altro preesistente alla novella in rassegna. In particolare, riguardo alle richieste di dati e notizie ad amministrazioni ed enti pubblici(18), pur in assenza di un rinvio esplicito ma stante il carattere generale della disposizione contenuta nell’art. 44, comma 5 (ex ultimo comma) e trattandosi, inoltre, di accertamenti relativi ad un’imposta personale erariale, può trovare applicazione – pur se limitatamente ai destinatari indicati nel citato comma – il disposto dell’art. 32, comma 1, n. 5) dello stesso D.P.R. n. 600/1973(19). Non meno problematica appare la questione dell’eventuale sanzione applicabile in caso d’inadempimento da parte delle amministrazioni ed enti pubblici destinatari, nonché della titolarità del potere sanzionatorio e della modalità di irrogazione. Si ritiene che, quanto alla sanzione – sia per le richieste formulate dal comune che dal Consiglio Tributario – in linea con quanto previsto dal regime sanzionatorio in materia di I.C.I.(20), potrebbe farsi riferimento al disposto dell’art.14, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 473, che prevede la sanzione amministrativa da euro 51 (100.000) a euro 258 (500.000) per “per la mancata restituzione di questionari nei sessanta giorni dalla richiesta o per la loro mancata compilazione o compilazione incompleta o infedele“. Sempre con riguardo alle citate previsioni sanzionatorie, l’applicazione della sanzione sarà da assumere a carico del comune, previa contestazione, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472(21).

Qualche ulteriore considerazione merita l’aspetto della “comunanza” del ruolo del Consigli Tributari rispetto a quello già definito per i Comuni.

La prassi finora attuata ha contribuito a definire il seguente iter:

  1. i comuni che hanno provveduto all’istituzione del Consiglio Tributario hanno proceduto tramite apposito regolamento, approvato dal Consiglio su proposta della Giunta;

  2. in tale sede, ha finora trovato definizione, pressoché unanime, l’aspetto operativo che individua nel Consiglio Tributario un organo tecnico di consulenza interno all’ente;

  3. nella miriade di regolamenti emanati dai singoli comuni, e in assenza di una specifica definizione legislativa, sono state inserite regole di funzionamento “tipizzate”, volte cioè a delineare – nel rispetto della normativa generale – i compiti operativi, il ruolo di consulenza e, in definitiva, l’attività di ausilio all’ente nello svolgimento dei compiti di partecipazione all’accertamento.

Ora, fermo restando il riferimento normativo generale, anche l’eventuale ulteriore specificazione delle funzioni del Consiglio Tributario è stata disciplinata dalla delibera istitutiva, riservando al Consiglio Comunale le funzioni di indirizzo dell’attività specifica disciplinata dalla legge. Ci pare che tale impostazione potrebbe ancora essere accolta, pur nel contesto del “dualismo” che è possibile rintracciare nella scelta del legislatore di attribuire anche al Consiglio Tributario l’iniziativa di diretta interlocuzione con i titolari del potere di controllo e accertamento e con amministrazioni ed enti pubblici. In altri termini, volendo considerare tale scelta come un mero completamento delle attribuzioni strumentali del Consiglio Tributario non emendabile in via regolamentare, resta pur sempre all’ente locale l’esclusiva competenza sugli indirizzi generali nel cui quadro l’organo consultivo dovrà orientare la sua attività.

1 Si veda il comma 2, lettera b) dell’articolo 18 del D.L. n. 78/2010, relativo al ricorso, per i comuni minori (ovvero con popolazione inferiore a 5 mila abitanti), allo strumento del consorzio quale forma organizzativa di gestione associata dei Consigli Tributari, scelta allo stato gravata da una notevole criticità, connessa alla previsione di soppressione dei “consorzi di funzioni tra gli enti locali”, nell’ambito della manovra di contenimento della spesa pubblica di cui alla Legge 23 dicembre 2009, n. 191 (“legge finanziaria 2010”).

2 Nella formulazione originaria, l’articolo 1, comma 1 del D. L. 203/2005 disponeva l’attribuzione ai Comuni di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse; tale ammontare è stato poi elevato al 33 per cento dall’articolo 18, comma 5, lettera a) del D.L. n. 78 del 2010[27], disposizione che ha inoltre riferito la partecipazione dei comuni all’attività di contrasto all’evasione, oltre che all’accertamento fiscale, anche a quello contributivo e ha disposto il riconoscimento della quota di gettito anche in riferimento alle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo. L’articolo 2, comma 10, lettera b) ha attribuito ai comuni – in via provvisoria – anche una quota parte delle somme “riscosse a titolo non definitivo”, fermo restando il recupero delle stesse qualora esse siano rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo. Le modalità di recupero delle suddette somme saranno disciplinate con decreto del MEF da emanare sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con Decreto del Direttore generale delle Finanze e del Ragioniere generale dello Stato del 15 luglio 2011, sono stati fissati i criteri per la determinazione dell’importo netto da erogare ai comuni che abbiano partecipato all’accertamento fiscale e contributivo; tali criteri vengono individuati in rapporto alle varie imposte e/o contributi e comportano un’applicazione differenziata secondo l’ubicazione dei comuni (in regioni a statuto ordinario o speciale). In sostanza, per effetto delle disposizioni in commento, per gli anni 2012, 2013 e 2014 ai comuni andrà l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

3 Numerose novità fiscali sono state introdotte con i seguenti interventi normativi: D.L. 98 del 6/7/2011, convertito nella Legge 111 del 15/7/2011; D.L. 138 del 13/8/2011, convertito nella Legge 148 del 14/09/2011; D.L. 70 del 13/5/2011, convertito nella Legge 106 del 12/7/2011.

4 L’articolo 7 del D.L. 138/2011aumenta l’addizionale Ires (portandola dal 6,5% al 10,5%) per le imprese operanti nel settore petrolifero e in quello dell’energia elettrica (cosiddetta “Robin Hood Tax“) estendendo la platea delle imprese soggette all’imposta e includendovi quelle operanti nel campo delle energie rinnovabili e delle infrastrutture energetiche. Tale maggior gettito sarà interamente destinato agli enti locali.

5 Nella relazione tecnica al D.L. 138/2011, si è sostenuto che la norma “è foriera (…) di determinare un potenziamento dell’attività di contrasto all’evasione fiscale, anche in considerazione del fatto che i Comuni, data la vicinanza al territorio, riescono ad intercettare fattispecie non immediatamente individuabili dall’Amministrazione centrale e, dunque, aggiuntive rispetto all’ordinaria attività di accertamento”. (la relazione è consultabile in www.federalismi.it)

6 L’art. 1, comma 12-quater condiziona l’attribuzione ai comuni di risorse derivanti dal gettito fiscale – disposte dai commi 12 e 12-bis – alla costituzione, entro il 31 dicembre 2011, dei Consigli Tributari.

7 Cfr. Pubblicare i redditi come antidoto per l’evasione fiscale, in Quotidiano IPSOA, 01/09/2011.

8 La disposizione in commento rappresenta, invero, una nuova ed ulteriore forma di pubblicità ex lege, dato che non sembra incidere sulle previsioni di conoscibilità dei dati reddituali già contenute nell’art. 69, c. 4 ss., D.P.R. n. 600/1973, ancora vigente, bensì vi si aggiunge.

9 Cfr. “Redditi on line: illegittima la diffusione dei dati sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate” – 6 maggio 2008, in G.U. n. 107 dell’8 maggio 2008, in G.U. n. 107 del 8-5-2008.

10 Cfr. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 5 marzo 2008, Prot. 197587/2007.

11 Relativa alla “tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali”.

12 Corte di giustizia dell’Unione europea, Sentenza relativa al Procedimento C 73/07, in GU C 95 del 28.4.2007.

13 Sempre l’ultimo comma all’art. 44 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 dispone che “Con il medesimo decreto sono altresì individuati gli ulteriori dati che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei comuni e dei consigli tributari per favorire la partecipazione all’attività di accertamento, nonché le modalità di trasmissione idonee a garantire la necessaria riservatezza”.

14 Cfr. gli artt. 32, c. 1, numero 4), DPR 600/73 e 51, c. 1, numeri 3) e 4) del DPR 633/72 per l’amministrazione finanziaria,; l’art.1 R.D.L. n.63/1926, come sostituito dall’art.1 R.D.L. n.1290/37, tuttora vigente, che conferisce agli appartenenti al Corpo “tutti i poteri e diritti di indagine, accesso, visione, controllo, richiesta d’informazioni, che spettano per legge ai diversi uffici finanziari incaricati dell’applicazione dei tributi diretti ed indiretti”, per la Guardia di Finanza ; e, infine, l’art. 7 del D.Lgs 31 dicembre 1992 n. 546, per i Giudici Tributari.

15 Si veda l’appassionata perorazione, proposta al tempo del recupero, negli anni settanta, di tali organismi, in Giulio Cesare Rattazzi, I Consigli Tributari Comunali, in Il ruolo del Comune nell’accertamento tributario – “Il potere Locale”, Roma – maggio 1976: “L’esercizio della facoltà di fornire un parere nell’accertamento dovrà quindi essere svolto dai Comuni attraverso una procedura che sia nello stesso tempo tecnicamente efficace e politicamente democratica. La prima di queste due condizioni essenziali potrà essere soddisfatta tenendo presente che in materia tributaria i pressapochismi e le intuizioni contano poco e quindi i’Amministrazione locale dovrà mantenere un organismo tecnico funzionale che provveda a ricerche e documentazioni tali da consentire l’esprimersi di un congruo parere che aggiunga e scopra elementi provabili di novità rispetto all’opera degli uffici statali. Sia per fornire indicazioni all’ufficio comunale su queste ulteriori ricerche, sia per pubblicizzare il più largamente possibile le situazioni contributive (ciò che di per se comporterebbe un incentivo psicologico alla veridicità da parte del cittadino dichiarante, per non subire la pubblica esecrazione), sia per coinvolgere con le dovute formalità e cautele la generalità dei cittadini su questi argomenti, sarà necessario agganciare il discorso metodologico e la funzionalità tecnica dell’Amministrazione Comunale in campo tributario alla sua valenza democratica attraverso la istituzione del Consiglio Tributario. Ad esso dovrebbero partecipare i rappresentanti delle forze politiche presenti in Consiglio Comunale, alcuni esperti nominati dalla Giunta comunale, i rappresentanti delle realtà di quartiere, con l’assistenza di segreteria da parte di funzionari comunali e consentendo l’eventuale presenza dell’Assessore alle Finanze o comunque di un delegato della Giunta Municipale”.

16 Cfr. ANCI – IFEL, Gli adempimenti derivanti dalla nuova disciplina della partecipazione all’accertamento: art. 18, decreto legge 30 maggio 2010, n. 78 – COSA FARE PER I CONSIGLI TRIBUTARI?, pag. 3.

17 Né, a tal proposito, pare potersi invocare il già richiamato rinvio – contenuto nell’ultimo comma aggiunto all’articolo 44 del D.P.R. 600/1973 – al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo all’interscambio di dati e alla pubblicità dei contenuti delle dichiarazioni. E ciò, vuoi perché ben definito resta l’ambito di operatività di tale provvedimento, vuoi perché il legislatore non è ricorso alla formula del cd. “decreto di natura non regolamentare”, strumento sempre più spesso utilizzato dal Governo, attraverso cui veicolare un contenuto di natura normativa. (Cfr. Enrico Albanesi, I decreti del Governo «di natura non regolamentare». Un percorso interpretativo, in Gruppo di Pisa).

18 Fatti salvi i flussi informativi ricavabili tramite l’accesso dei comuni alle banche dati del sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria garantito dal sistema PuntoFisco-SIATEL – Sistema di Interscambio Anagrafe Tributaria Enti Locali.

19 A differenza che per i tributi locali per i quali rileva – per quanto sostenuto in passato dall’A.F. – la richiesta da formulare ai sensi dell’art. 275 del T.U.F.L (Nota 7/2913 del 14.6.1983 – Min. Finanze – Direzione Generale II.DD., ribadita con Risoluzione del 13/10/1987 n. 1076 – Min. Finanze – Direzione Generale Finanza Locale).

20 Dal primo aprile 1998, il regime sanzionatorio dell’Ici è stato riformulato in base a quanto disposto dai decreti legislativi 471, 472 e 473 del 18 dicembre 1997, come modificati dai decreti legislativi n. 203 del 5 giugno 1998, n. 422 del 19 novembre 1998, n. 99 del 30 marzo 2000, n. 32 del 26 gennaio 2001 e dal decreto legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009.

21 Salvo il recepimento con apposito regolamento, adottato dall’ente locale, per l’applicazione e l’irrogazione delle sanzioni amministrative in materia di tributi locali.

Palana Maurizio

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