La disciplina fiscale agevolata delle cooperative sociali

§ 1) Premessa: l’oggetto dello studio e la definizione delle cooperative sociali dettata dalla Legge n° 381 del 1991.

Il presente articolo ha l’obbiettivo di dare un quadro completo di quelle che sono le diverse agevolazioni tributarie di cui oggi godono le cooperative sociali, sia in tema di imposta sul reddito, che è l’IRES – Imposta sul Reddito delle Società, sia di IRAP – Imposta Regionale sulle Attività Produttive, che di IVA – Imposta sul Valore aggiunto per poi esaminare il complesso delle agevolazioni fiscali che derivano a queste cooperative dal loro essere ONLUS, cioè Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale “di diritto” ed, in particolare, quelle che riguardano le erogazioni liberali di cui possono essere destinatarie, che sono uno degli strumenti fondamentali per il finanziamento delle loro attività.

Com’è noto, l’articolo 1° della Legge n° 381 del 1991 stabilisce che le cooperative sociali cono quelle che hanno “lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana ed alla integrazione sociale dei cittadini” e che possono avere per oggetto, cioè per attività svolta:

  1. la gestione di servizi socio – sanitari ed educativi (le cooperative sociali c.d. di “tipo A”);

  2. qualsiasi tipo di attività d’impresa (“agricola, industriale, commerciale o di servizi”), compreso quello di cui alla lettera precedente, purché finalizzato all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (le cooperative sociali c.d. “tipo B”) (1° comma).

La disciplina generale prevista dalla legge per tutte le cooperative, contenuta nel Titolo VI del Libro V del Codice Civile (artt. 2511 – 2548), riformata dal Decreto Legislativo n° 6 del 2003, e l’eventuale disciplina speciale che riguarda le cooperative di uno specifico settore (per esempio: cooperative agricole, di produzione e lavoro, ecc.) si applica alle cooperative sociali solo se non è derogata dalla disciplina legislativa speciale per esse prevista dalla Legge 381/1991 (2° comma).

La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale” (3° comma).

Le cooperative sociali possono raggrupparsi in consorzi che sono disciplinati dalla Legge 381/1991 qualora le cooperative aderenti siano per almeno il 70% cooperative sociali (art. 8).

Le cooperative sociali hanno l’obbligo di iscriversi all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali (art. 9) e nel Registro Prefettizio delle Cooperative dove si devono iscrivere nella Sezione Cooperazione Sociale e nella sezione a cui si riferisce l’attività da esse svolta, per esempio, la Sezione Cooperazione di Produzione e Lavoro o la Sezione Cooperazione Agricola, ecc. [art. 6, lettere c) e d), che hanno modificato l’art. 13 del Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato n° 1577 del 1947, la c.d. “Legge Basevi”].

Inoltre, le cooperative sociali, in quanto cooperative a mutualità prevalente (come vedremo nel capoverso successivo), devono essere iscritte anche in un apposito Albo nazionale tenuto dal Ministero delle Attività Produttive (ex Ministero dell’Industria), dove queste depositano i loro bilanci annuali per via telematica (art. 2512, 2° comma, c.c. ed art. 223 – sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del Codice Civile).

La riforma del diritto societario contenuta nel Decreto Legislativo n° 6 del 2003 ha stabilito, col nuovo art. 111 – septies disp. att. c.c., che le cooperative sociali sono considerate dalla legge sempre cooperative a mutualità prevalente, indipendentemente dal rispetto dei criteri quantitativi per la determinazione della prevalenza dell’attività mutualistica previsti dall’art. 2513 del Codice Civile e, di conseguenza, delle definizioni di prevalenza della stessa attività dettate dall’art. 2512 c.c.

In ogni caso, però, i loro statuti (od atti costitutivi, se si opta per l’atto unico, come prevede il 4° comma dell’art. 2521 c.c.) devono prevedere il rispetto degli obblighi stabiliti dall’art. 2514 c.c. per le cooperative a mutualità prevalente. Ciò in quanto nuovo testo dell’art. 2514 c.c. ha implicitamente abrogato e sostituito l’art. 26 del D.Lgs.Cps n° 1577 del 1947 che stabiliva i requisiti mutualistici che le cooperative sociali erano obbligate a rispettare e ad introdurre nei propri statuti in virtù del richiamo ad essi effettuato dal 1° comma dell’art. 3 della Legge 381/1991.

L’importanza della mutualità prevalente deriva dal fatto che solo alle cooperative che presentano questa caratteristica sono riservate “le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali”, come stabilisce il 6° comma dell’art. 223 – duodecies disp. att. c.c. e che, come vedremo, sono particolarmente importanti proprio per le cooperative sociali.

Ogni modifica statutaria diretta ad eliminare il carattere di cooperativa sociale comporta la cancellazione dalla “sezione cooperazione sociale” prevista dal 2° comma dell’art. 13 del D.Lgs.Cps n° 1577 del 1947, introdotta dalla lettera c) dell’art. 6 della Legge 381/1991 e dall’Albo Regionale delle Cooperative Sociali, istituito dall’art. 9, comma 1°, della stessa Legge (art. 3, comma 2°). Da ciò si deduce, anche, che una cooperativa non iscritta all’Albo Regionale delle Cooperative Sociali non può mai essere una cooperativa sociale, ma solo una cooperativa normale, sia pure a mutualità prevalente se ne rispetta i requisiti.

La riforma del diritto societario ha eliminato la forma della cooperativa a responsabilità illimitata. Pertanto, tutte le cooperative sono oggi a responsabilità limitata, in quanto in esse “per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio (art. 2518 c.c.).

Segnaliamo, infine, che le cooperative sociali ed i loro consorzi, i cui statuti rispettano le disposizioni di cui agli artt. 10, comma 2°, e 12 (sul “bilancio sociale” e sul coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività dell’impresa nel processo decisionale) del Decreto Legislativo n° 155 del 2006, acquisiscono automaticamente la qualifica di “impresa sociale” e le disposizioni di cui al Dlgs 155/2006 su quest’ultima si applicano nel rispetto della normativa specifica sulle cooperative sociali (comma 3° dell’art. 17 del Dlgs 155/2006).

 

§ 2) Il regime tributario agevolato delle cooperative sociali: le agevolazioni sull’IRES.

Veniamo ora al regime tributario delle cooperative sociali. E’, questo, un regime agevolato1 che deriva, in primo luogo, dal fatto che esse sono considerate ex lege cooperative a mutualità prevalente, che sono quelle a cui sono riservate “le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali”, come stabilisce il 6° comma dell’art. 223 – duodecies delle disposizioni per l’attuazione del Codice Civile, introdotto dalla riforma del diritto societario.

Anche le cooperative sociali, come tutte le cooperative, sono soggette all’IRES – Imposta sul Reddito delle Società (che ha sostituito la vecchia IRPEG – Imposta sui Redditi delle Persone Giuridiche e la cui aliquota è attualmente pari al 33%), ai sensi dell’art. 73, comma 1°, lettera a) del TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, ed all’IRAP – Imposta regionale sulle attività produttive (la cui aliquota è pari al 4,25%, ma su una base imponibile diversa da quella dell’IRES), ai sensi dell’art. 3, comma 1°, lettera e), del Decreto Legislativo n. 446 del 1997.

Le principali agevolazioni tributarie per le società cooperative in materia di IRES sono previste dagli artt. da 10 a 14 del DPR n° 601 del 1973 fra cui è particolarmente importante l’esenzione dall’IRES delle cooperative di produzione e lavoro e dei loro consorzi “se l’ammontare delle retribuzioni corrisposte ai soci […] non è inferiore al 50% dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi tranne quello relativo alle materie prime e sussidiarie”. Se tale percentuale è compresa tra il 50% ed il 25%, l’IRES è ridotta alla metà (art. 11 del DPR 601/1973). Non è necessario, in questo caso, che la cooperativa sociale di lavoro rispetti il requisito della prevalenza del lavoro dei soci sul totale del costo del lavoro, ai sensi della lettera b del 1° comma dell’art. 2513 c.c. perché, come abbiamo detto nel terzo paragrafo di questo articolo, le cooperative sociali sono considerate dalla legge sempre cooperative a mutualità prevalente (art. 111 – septies disp. att. c.c.).

Sono poi totalmente esenti dall’IRES i redditi delle cooperative della piccola pesca e dei loro consorzi, se i conferimenti dei soci superano il 50% del costo delle merci acquistate dalla o conferite alla cooperativa, nonché quelli delle cooperative agricole e dei loro consorzi ma, in questo secondo caso, se i redditi derivano da allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci oppure se la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al 50% della quantità o del valore totale dei prodotti conferiti alla o acquistati dalla cooperativa (art. 10 del DPR 601/1973 in combinato disposto col 3° comma dell’art. 2513 c.c.). Nel caso delle cooperative sociali, però, non serve, come abbiamo detto nel capoverso precedente, rispettare questi requisiti di prevalenza.

Le cooperative sociali o i loro consorzi godono quindi di queste agevolazioni in materia di IRES se le loro attività sono di produzione e lavoro, agricole o di piccola pesca.

Per poter usufruire di queste agevolazioni le cooperative, ai sensi dell’art. 14 del DPR 601/1973, devono prevedere nei loro statuti i “requisiti mutualistici” prima previsti dall’art. 26 del D.Lgs.Cps n° 1577 del 1947 ed oggi sostituiti da quelli previsti dall’art. 2514 c.c. riformato vigente (requisiti che, peraltro, coincidono in gran parte) ed essere iscritte all’Albo delle cooperative a mutualità prevalente tenuto dal Ministero delle Attività Produttive (art. 2512, 2° comma, c.c. ed art. 223 – sexiesdecies disp. att. c.c.).

L’altra norma agevolativa fondamentale è quella contenuta nell’art. 12 della Legge n° 904 del 1977 che stabilisce: “non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi, le somme destinate a riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento”. In altre parole, al fine di favorire l’autofinanziamento e la patrimonializzazione delle cooperative, comprese quelle sociali, la norma citata permette di non pagare l’IRES sulla parte di utili, anche la totalità, destinati a riserva indivisibile, purché lo statuto o l’atto costitutivo (se unico atto) vieti la distribuzione in qualsiasi forma di quest’ultima tra i soci, sia durante la vita dell’ente che in occasione della sua liquidazione derivante dallo scioglimento di esso.

Infine, alle cooperative sociali ed ai loro consorzi non si applicano quelle norme delle Leggi Finanziarie per il 2005 ed il 2009 (precisamente, i commi 460 – 462 dell’art. 1° della Legge n° 311 del 2004 ed il comma 28° dell’art. 22 della Legge n° 133 del 2008) che hanno limitato l’applicabilità dell’art. 12 della Legge 904/1977 solo ad una parte degli utili annuali per le altre cooperative a mutualità prevalente (in virtù del comma 463 della Legge 311/2004), mentre si applica il comma 2° dell’art. 6 della Legge 112/2002 che ha limitato la deducibilità dalla base imponibile dell’IRES e da quella dell’IRAP dei ristorni attribuiti ai soci dalle cooperative sociali in un modo diverso da quello dell’aumento gratuito del capitale sociale ed ha introdotto la tassabilità in capo ai soli soci del rimborso del capitale sociale che rappresenta il ristorno che è stato attribuito ai soci stessi (in forza del comma 6° dell’art. 6 sempre della Legge 112/2002).

Fino all’esercizio 2011, inoltre, al 30% degli utili netti annuali che deve essere destinato da tutte le cooperative a riserva legale in base al 1° comma dell’art. 2545 – quater si applicava sempre l’art. 12 della Legge 904/1977 per cui questa somma era completamente deducibile dal reddito imponibile IRES in base alla previsione del comma 1° dell’art. 6 della Legge n° 112 del 2002. Questa norma è stata riformata dal comma 36°-ter dell’art. 2 della Legge 148/2011 che stabilisce che la deduzione citata dal reddito imponibile “non si applica alla quota del 10% degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria” (o riserva legale). Questa disposizione si applica, in particolare, anche alle cooperative sociali, non essendo prevista per esse una esenzione, come quella di cui abbiamo parlato poco fa ed ha come conseguenza che queste cooperative devono pagare l’IRES sul 10% degli utili netti (il resto, come detto nel capoverso precedente, continua ad essere esente).

Anche le cooperative sociali ed i loro consorzi possono distribuire l’utile di esercizio mediante un aumento gratuito del capitale sociale, ai sensi dell’art. 7 della Legge 59/1992. In tal caso si possono superare i limiti di valore delle azioni o delle quote fissati dall’art. 2525 c.c., purché nei limiti della variazione annuale dell’indice Istat dei prezzi al consumo (comma 1°). In questo caso, la quota di utili destinata ad aumento gratuito del capitale sociale nei limiti citati non concorre a formare il reddito imponibile della cooperativa ai fini IRES.

Il rimborso del capitale sociale è invece soggetto a imposta a carico dei soli soci (quindi all’IRPEF se i soci sono persone fisiche od all’IRES se sono società di capitali, cooperative od enti non commerciali) nel periodo di imposta in cui il rimborso viene effettuato fino a concorrenza dell’ammontare imputato ad aumento del valore nominale delle quote o delle azioni (comma 3°).

Ricordiamo, infine, l’esenzione dalle imposte di registro e di bollo degli atti costitutivi e statuti, degli atti che li modificano e dei relativi adempimenti di tutte le cooperative a mutualità prevalente e dei loro consorzi prevista dall’art. 29 del D.Lgs.Cps n° 1577 del 1947.

 

§ 3) Il regime tributario agevolato delle cooperative sociali: le agevolazioni che derivano dall’essere ONLUS – Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (Decreto Legislativo n° 460 del 1997).

Altre agevolazioni fiscali derivano alle cooperative sociali dal loro essere ONLUS – Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale.

Le ONLUS, definite dall’art. 10 del Decreto Legislativo n. 460 del 1997, intitolato al “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali” non sono una tipologia giuridica di diritto civile di organizzazione nonprofit, ma una categoria del diritto tributario in cui rientrano tutte “le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative (in primo luogo e soprattutto quelle sociali, dato il fine che hanno), con o senza personalità giuridica […], che perseguano esclusivamente finalità di solidarietà sociale” e che rispondano a tutta una serie di altre caratteristiche, previste dal 1° comma dell’art. 10, riportate nello statuto.

Il comma 8° dell’art. 10 stabilisce che “sono in ogni caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro struttura e della loro finalità (e quindi senza bisogno di adeguare gli statuti o gli atti costitutivi alle previsioni contenute nel 1° comma di questo articolo, compreso l’obbligo di utilizzare la dicitura “ONLUS”) […] le cooperative sociali di cui alla Legge 381/1991” e facendo salve le previsioni di maggior favore per esse previste da quest’ultima legge.

La qualifica di ONLUS permette ad una organizzazione nonprofit o, nel nostro caso, ad una cooperativa sociale di godere di una serie di agevolazioni fiscali previste dal Dlgs 460/1997 e da altre leggi. Queste sono abbastanza significative e fra esse è particolarmente importante la possibilità di essere destinatarie di erogazioni liberali per le quali il donatore gode di una detrazione o di una deduzione dall’IRPEF – Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche, se persona fisica, o dall’IRES – Imposta sui Redditi delle Società, se persona giuridica, introdotta dall’art. 13 del Dlgs 460/1997. La disciplina di queste erogazioni liberali è trattata nel Paragrafo 6).

Ricordiamo che, anche se le cooperative sociali sono considerate ex lege ONLUS, ad esse non si applica l’agevolazione o, meglio, l’esenzione dall’IRES prevista per le ONLUS dall’art. 12 del Dlgs 460/1997, oggi riportata nell’art. 150 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in quanto tale norma esclude “le società cooperative” e, di conseguenza, le cooperative sociali.

Le altre agevolazioni tributarie per le ONLUS sono previste, nel Dlgs 460/1997, dagli artt. 14 (agevolazioni sull’IVA, che esaminiamo nel Paragrafo 5), 15 (esonero dall’obbligo di emissione della ricevuta e dello scontrino fiscale), 16 (esenzione dall’applicazione della ritenuta alla fonte per i contributi ricevuti dagli Enti Pubblici), 17 (esenzione dall’imposta di bollo), 18 (esenzione dalle tasse sulle concessioni governative), 19 (esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni), 21 (possibilità per le Regioni, le Province ed i Comuni di deliberare l’esenzione o la riduzione dei tributi di loro pertinenza e dei relativi adempimenti formali nei confronti delle ONLUS), 22 (agevolazioni in materia di imposte di registro), 23 (esenzione delle imposte sugli spettacoli organizzati occasionalmente. Oggi l’imposta sugli spettacoli si chiama imposta sugli intrattenimenti ed è disciplinata dal Decreto Legislativo n° 60 del 1999 che ha modificato il DPR n° 640 del 1972. Per gli spettacoli organizzati dalle organizzazioni di volontariato è stato emanato un apposito regolamento col DPR n° 504 del 1999), 24 (autorizzazione ad effettuare lotterie, tombole, pesche e banchi di beneficenza in ambito locale), 29 (agevolazione per l’emissione di titoli di debito, cioè obbligazioni, denominati “titoli di solidarietà” destinati al finanziamento dell’attività delle ONLUS. Per essi è riconosciuto come costo fiscalmente deducibile da parte dell’emittente la differenza fra il tasso di interesse effettivamente praticato ed il tasso di riferimento determinato con un Decreto del Ministro del Tesoro, purché i fondi raccolti, oggetto di gestione separata, siano destinati al finanziamento delle ONLUS).

Per quanto riguarda l’imposta di registro, l’art. 22 del Dlgs 460/1997 ha modificato la parte prima della tariffa di essa, contenuta nel DPR n° 131 del 1986, stabilendo che questa imposta sia dovuta nella cifra fissa di 129,11 Euro (corrispondenti alle originarie Lire 250.000), che dal 1° Febbraio 2005 è stata portata a 168 Euro, per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento in cui il trasferimento o la costituzione del diritto avviene a favore di una ONLUS, se sono rispettate le condizioni previste dalla nota II-quater) alla tariffa citata, introdotta dallo stesso art. 22 del Dlgs 460/1997. La nota II-quater) stabilisce che la ONLUS deve dichiarare nell’atto soggetto all’imposta di registro che intende utilizzare direttamente i beni immobili per lo svolgimento della propria attività e deve realizzare l’effettivo utilizzo diretto dei beni entro due anni dall’acquisto di essi. In caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione del bene per lo svolgimento dell’attività della ONLUS, essa deve versare l’imposta dovuta nella misura ordinaria ed una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 30% della stessa imposta.

Ricordiamo, inoltre, che, in forza del combinato disposto del comma 2°-bis dell’art. 6 e della lettera b) dell’art. 20 del Decreto Legislativo n° 507 del 1993, le cooperative sociali, in quanto enti senza scopo di lucro (gli scopi di esse sono la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini), sono esenti dall’imposta comunale sulla pubblicità ed, in particolare, per l’affissione di manifesti sono esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni che comprende questa imposta. Oltre a ciò, la lettera h) dell’art. 17 del Decreto citato esenta da questa imposta le targhe, le insegne e simili apposte per l’individuazione delle sedi degli enti senza scopo di lucro, quindi anche di quelle delle cooperative sociali.

A queste agevolazioni si aggiunge quella prevista dal 1° comma dell’art. 7 della Legge 381/1991 per cui “le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte catastali ed ipotecarie, dovute a seguito della stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relative ad immobili destinati ad esercizio dell’attività sociale” che si applica nei casi lasciati scoperti dall’art. 22 del Dlgs 460/1997 per cui tale imposta è dovuta nella cifra fissa di 168 Euro per contratti di acquisto o di locazione di immobili sempre per immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale e per gli “atti costitutivi e le modifiche statutarie delle ONLUS”, categoria tributaria in cui rientrano, come abbiamo visto, anche le cooperative sociali.

Segnaliamo, infine, che la disciplina delle scritture contabili e degli obblighi formali semplificati previsti per le ONLUS dall’art. 20 – bis del DPR n° 600 del 1973, introdotto dall’art. 25 del Dlgs 460/1997, non si applica alle società cooperative e, quindi, alle cooperative sociali (1° comma dell’art. 20 – bis).

 

§ 4) Il regime tributario agevolato delle cooperative sociali: le agevolazioni sull’IRAP.

Per quanto riguarda l’IRAP – Imposta Regionale sulle Attività Produttive, istituita e disciplinata dal Decreto Legislativo n° 446 del 1997, proprio in virtù della possibilità di deliberare la riduzione o l’esenzione di una imposta di cui sono titolari, prevista dall’art. 21 del Dlgs 460/1997, le Regioni hanno stabilito con loro Leggi aliquote agevolate per tutte le ONLUS (Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Umbria) o solo per le cooperative sociali (Abruzzo, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Veneto) oppure addirittura l’esenzione dall’imposta per tutte le ONLUS (Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento). In tal modo tutte le Regioni, eccetto la Campania, hanno creato un regime IRAP agevolato per tutte le ONLUS od, almeno, per le sole cooperative sociali.

 

§ 5) Il regime tributario agevolato delle cooperative sociali: le agevolazioni sull’IVA.

Le agevolazioni in materia di IVA – Imposta sul Valore Aggiunto a favore delle cooperative sociali derivano essenzialmente da queste due norme di legge:

  1. il 3° comma dell’art. 7 della Legge 381/1991 che ha modificato la Parte II della Tabella A del DPR n° 633 del 1972 sulla disciplina dell’IVA, tabella che prevede i beni ed i servizi le cui cessioni sono soggette all’aliquota IVA agevolata del 4%2, introducendo il numero 41 – bis dedicato alle “prestazioni socio –sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare od ambulatoriale, o in comunità e simili, od ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative (sia sociali che non, quindi, anche se questo secondo caso è piuttosto raro) e da loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale” (pertanto, sia delle convenzioni agevolate fra Pubbliche Amministrazioni e cooperative sociali previste dall’art. 5 della Legge 381/1991, che di quelle che esulano da questa norma, stipulate sia con committenti pubblici che con committenti privati).

Ai sensi del comma 331° dell’art. 1° della Legge n° 296 del 2006 (Legge Finanziaria per l’anno 2007), sono soggette all’aliquota IVA agevolata del 4% anche “le prestazioni sanitarie”, previste dal numero 18 dell’art. 10 del DPR 633/1972, “di diagnosi, cura e riabilitazione derivanti dall’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie” (Regio Decreto n° 1265 del 1934) od individuate con Decreto del Ministro della Sanità, e quelle “proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri, degli ostelli della gioventù, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie”, previste dal numero 21 dello stesso articolo 10 del DPR 633/1972, se rese da cooperative, sia sociali che non, e da loro consorzi ai soggetti svantaggiati elencati al numero 41 – bis della Parte II della Tabella A del DPR 633/1972 e riportati nel capoverso precedente. Anche queste prestazioni possono essere rese dalle cooperative, sociali o non, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in genere;

  1. l’art. 14, 1° comma, lettera b), del Dlgs 460/1997 che ha modificato alcuni i numeri 15, 19, 20 e 27 – ter dell’art. 10 del DPR 633/1972 relativo alle operazioni esenti dall’IVA, rendendo in questo modo tali:

    • “le prestazioni di trasporto di malati o feriti con veicoli all’uopo equipaggiati effettuate […] da ONLUS” (numero 15 dell’art. 10 del DPR 633/1972);

    • “le prestazioni di ricovero e cura rese da […] ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali” (numero 19);

    • “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da […] ONLUS, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto ed alla fornitura di libri e materiali didattici” (numero 20);

    • “le prestazioni socio – sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo rese da […] ONLUS” (numero 27 – ter, modificato dal comma 312° dell’art. 1° della Legge 296/2006) sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto o di convenzioni in generale (quindi, anche in questo caso, sia delle convenzioni previste dall’art. 5 della Legge 381/1991, che di quelle che esulano da questa norma).

Dalla lettura coordinata degli attuali numero 41 – bis della Parte II della Tabella A, dei numeri 18, 19, 20, 21 e 27 – ter dell’art. 10 del DPR 633/1972 e del comma 331° della Legge 296/2006, si deduce che, essendo le cooperative sociali considerate ONLUS “ex lege” dal comma 8° dell’art. 10 del Dlgs 460/1997, sia le prestazioni socio – sanitarie, sia quelle di ricovero e cura, che le prestazioni educative e didattiche rese dalle cooperative sociali (o da qualsiasi altra ONLUS) sono sempre esenti dall’IVA in quanto rientrano nei numeri 19, 20 e 27 – ter dell’art. 10 del DPR 633/1972.

Sono, invece, soggette all’aliquota IVA del 4% le prestazioni, rese da cooperative sociali o di altro tipo ai soggetti svantaggiati elencati nel numero 41 – bis della Parte II della Tabella A del DPR 633/1972, inerenti le c.d. “arti ausiliarie delle professioni sanitarie” previste dall’art. 99 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (R.D. 1265/1934), che sono quelle degli: odontotecnici, ottici, meccanici ortopedici ed ernisti, massaggiatori (fisioterapisti), infermieri professionali, ostetrici. Questi servizi però non devono essere inseriti in una prestazione più ampia ed esente IVA di “ricovero e cura” (anche degli stabilimenti termali) di cui al numero 19 dell’art. 10 del DPR 633/1972 o di tipo “socio – sanitario e di assistenza”, di cui al numero 27 – ter dello stesso articolo, come succede molto spesso, per esempio, per le prestazioni infermieristiche.

Sono poi soggette alla stessa aliquota IVA del 4% anche le prestazioni di cui al numero 21 dell’art. 10 del DPR 633/1972, riportate in precedenza nel secondo capoverso del numero 1) di questo paragrafo, sempre se rese da cooperative sociali (o di altro tipo) ai soggetti svantaggiati elencati nel numero 41 – bis della Parte II della Tabella A del DPR 633/1972.

Infine, ricordiamo che il 3° comma dell’art. 3 del DPR 633/1972, riformato dalla lettera a) del 1° comma dell’art. 14 del Dlgs 460/1997, stabilisce che non sono operazioni imponibili ai fini IVA le “operazioni di divulgazione pubblicitaria (con qualsiasi mezzo realizzate, sia con la pubblicità classica sui “media”, cioè i mezzi di comunicazione di massa, sia con operazioni di “marketing diretto” vale a dire per mezzo della posta cartacea od elettronica, del telefono, ecc.) svolte a beneficio delle attività istituzionali (cioè quelle previste dallo statuto) […] delle Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS)” individuate dall’art. 10 del Dlgs 460/1997, categoria tributaria nella quale rientrano, come abbiamo detto, le cooperative sociali.

 

§ 6) Le erogazioni liberali destinate alle cooperative sociali previste nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) e dall’articolo 13 del Decreto Legislativo n° 460 del 1997.

Le cooperative sociali, in quanto ONLUS “di diritto” ai sensi del comma 8° dell’art. 10 del Dlgs 460/1997, hanno la possibilità di essere destinatarie di erogazioni liberali per le quali il donatore persona fisica od ente non commerciale (associazione riconosciuta o non, fondazione, comitato) gode di una detrazione dall’IRPEF – Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche – dovuta pari al 19% di quanto versato fino ad un massimo di 2066 Euro (4.000.000 di vecchie Lire). La detrazione IRPEF è consentita se il versamento di tali erogazioni è effettuato tramite banca od ufficio postale o con gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del Decreto Legislativo n° 241 del 1997, che sono: le carte di credito, di debito e prepagate, gli assegni bancari e quelli circolari (art. 15, lettera i – bis, TUIR).

Se l’erogatore è, invece, una società di capitali o cooperativa o consorzio od un ente di diverso tipo, pubblico o privato, che abbia per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (cioè uno degli altri soggetti passivi dell’IRES), esso ha diritto ad una deduzione dal reddito imponibile IRES – Imposta sul Reddito delle Società – pari nel massimo all’importo maggiore fra 2066 Euro ed il 2% del reddito d’impresa dichiarato3. Sono inoltre deducibili dal reddito imponibile IRES le “spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS nel limite del cinque per mille dell’ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente (cioè del costo del lavoro), così come risultano dalla dichiarazione dei redditi”.

Queste norme, introdotte dal 1° comma dell’art. 13 del Dlgs 460/1997, sono oggi riportate, rispettivamente per i redditi IRPEF ed IRES, nella lettera i-bis) dell’art. 15 e nelle lettere h) ed i) del 2° comma dell’art. 100 del TUIR . La lettera i-bis) dell’art. 15 è richiamata, per gli enti non commerciali, dall’art. 147 sempre del TUIR.

Molto importanti per l’operatività di queste organizzazioni non profit sono poi anche quelle erogazioni liberali che consistono in “cessioni gratuite di merce” che le ONLUS possono ricevere dalle imprese di produzione o di vendita di beni (non di servizi) e per le quali è previsto un regime fiscale agevolato dai commi 2°, 3° e 4° dell’art. 13 del Dlgs 460/1997.

Il 2° comma dell’art. 13 del Dlgs 460/1997 stabilisce, infatti, che le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici alla cui produzione od al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi del 2° comma dell’art. 85 del TUIR e, pertanto, tali cessioni gratuite non sono considerate ai fini del calcolo del reddito d’impresa tassato con l’IRES o con l’IRPEF.

Il 3° comma dell’art. 13 è stato riformato dal comma 130° dell’art. 1° della Legge n° 244 del 2007 (Legge Finanziaria per il 2008) che ha stabilito che i beni non di lusso alla cui produzione od al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, diversi da quelli di cui al comma 2°, che presentino alterazioni, imperfezioni, danni o vizi che pur non modificandone l’idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessario il ritiro dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi sempre del 2° comma dell’art. 85 del TUIR e, pertanto, anche tali cessioni gratuite non sono considerate ricavi ai fini del calcolo del reddito d’impresa tassato con l’IRES o con l’IRPEF. Essi, inoltre, si considerano come beni distrutti ai fini dell’IVA e, di conseguenza, le cessioni gratuite alle ONLUS di questi beni sono esenti anche da questa imposta. Queste agevolazioni valgono entro un limite di valore delle cessioni pari al 5% del reddito d’impresa dichiarato dal cedente4, calcolato attribuendo ai beni ceduti un valore pari al costo specifico5 sostenuto per la produzione (quindi il costo diretto di produzione, senza l’imputazione dei costi indiretti o generali) o l’acquisto di essi. Infine, il valore di queste cessioni gratuite di beni non si computa per determinare il limite di deducibilità delle erogazioni liberali in denaro alle ONLUS da parte delle persone giuridiche previsto dalla lettera h) del 2° comma dell’art. 100 del TUIR che abbiamo esaminato nel secondo capoverso di questo paragrafo.

Le disposizioni di cui ai commi 2° e 3° dell’art. 13 si applicano a condizione che l’impresa cedente dia preventiva comunicazione delle singole cessioni all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio mediante raccomandata con avviso di ricevimento (da questa comunicazione sono esentate solo le cessioni di beni deperibili e di modico valore). Inoltre, l’ONLUS beneficiaria, in una apposita dichiarazione scritta da conservare agli atti dell’impresa cedente, deve attestare il suo impegno ad utilizzare i beni ricevuti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali e, successivamente, ne deve realizzare l’effettivo utilizzo diretto, a pena di decadenza da tutti i benefici fiscali previsti per le ONLUS dal Dlgs 460/1997. Infine, l’impresa cedente, entro il quindicesimo giorno del mese successivo deve annotare nei registri previsti ai fini IVA od in un apposito prospetto che li sostituisce la qualità (cioè la tipologia) e la quantità dei beni ceduti gratuitamente in ciascun mese (4° comma).

 

§ 7) Le erogazioni liberali destinate alle cooperative sociali previste dall’art. 14 della Legge n° 80 del 2005 (la c.d. norma “più dai, meno versi”).

Un’altra possibilità di ricevere erogazioni liberali in denaro o in natura da persone fisiche (soggette all’IRPEF) ), compresi i soci delle società di persone, gli imprenditori individuali ed i lavoratori autonomi, oppure da “enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES)”, quindi da società di capitali e cooperative, altri enti commerciali ed enti non commerciali (ai sensi dell’art. 73 TUIR), è quella prevista dall’art. 14 della Legge n° 80 del 2005 (è la c.d. norma “più dai, meno versi”. I criteri di applicazione di essa si trovano nella Circolare 39/E del 19 Agosto 2005 dell’Agenzia delle Entrate) che le consente “in favore delle ONLUS previste dai commi 1°, 8° e 9° dell’art. 10 del Dlgs 460/1997 [cioè le ONLUS normali, quelle “di diritto” e quelle “parziarie”, che sono gli Enti Ecclesiastici che svolgono attività previste dalla lettera a) del 1° comma dell’art. 10 del Dlgs 460/1997], delle associazioni di promozione sociale iscritte nel Registro Nazionale previsto dall’art. 7, 1° e 2° comma, della Legge n° 383 del 2000 e delle fondazioni ed associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico di cui al Decreto Legislativo n° 42 del 2004” (il c.d. “Codice dei Beni Culturali”, che definisce questi beni agli artt. 10, 11, 134, 136 e 142).

Queste erogazioni sono deducibili dal reddito complessivo del soggetto erogatore nel limite più basso fra il 10% del reddito complessivo dichiarato e 70.000 Euro annui (1° comma dell’art. 14 della Legge 80/2005). Quindi, per esempio, se il reddito complessivo annuo dichiarato è di 500.000 Euro, l’erogazione deducibile non può essere superiore a 50.000 Euro, mentre se esso è di 1.000.000 di Euro, l’erogazione deducibile non può superare 70.000 Euro.

La deduzione delle erogazioni liberali che abbiamo esposta non è cumulabile con nessun altra agevolazione fiscale prevista a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge (6° comma). Ciò significa, sostanzialmente, che il soggetto erogatore che sceglie di utilizzare la deduzione prevista dall’art. 14 della Legge 80/2005 non può poi utilizzare la deduzione prevista dal 2° comma dell’art. 100 del TUIR (per l’IRES) o la detrazione prevista dall’art. 15 sempre del TUIR (per l’IRPEF), e viceversa.

Da ciò deriva che il soggetto erogatore ha sempre la possibilità di applicare alle sue erogazioni il 2° comma dell’art. 100 del TUIR (3° comma). Questo perché, per esempio, il valore del limite del 2% del reddito d’impresa dichiarato previsto alla lettera h) di questo 2° comma potrebbe essere superiore a quello di 70.000 Euro previsto dal 1° comma dell’art. 14 della Legge 80/2005.

Per analogia con le detrazioni IRPEF sopra esaminate, la deduzione di cui all’art. 14 della Legge 80/2005 è ammissibile se il versamento dell’erogazione in denaro è effettuato tramite banca od ufficio postale o con gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del Decreto Legislativo n° 241 del 1997, che sono le carte di credito, di debito e prepagate, gli assegni bancari e quelli circolari. Se, invece, l’erogazione è in natura, nel senso di “beni in natura” (ma non di “servizi”, secondo l’Agenzia delle Entrate), ad essa va attribuito un valore seguendo il criterio del “valore normale” del bene, previsto dal 3° comma dell’art. 9 del TUIR, secondo cui si intende per tale “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquisiti e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento , in quanto possibile, ai listini od alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di Commercio”. Per beni dalla natura particolare, come, per esempio, le opere d’arte, si potrà ricorrere alla stima di un perito. In ogni caso, il donante dovrà farsi rilasciare una ricevuta dal beneficiario, con l’indicazione del bene donato e del valore ad esso attribuito.

I potenziali beneficiari possono ricevere le erogazioni liberali previste dal 1° comma dell’art. 14 della Legge 80/2005 solo se tengono “scritture contabili atte a rappresentare con completezza ed analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione”, vale a dire la contabilità ordinaria ai sensi degli artt. 14 e ss. del DPR n° 600 del 1973, e se redigono “entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria” dell’ente, vale a dire un vero e proprio bilancio con lo stato patrimoniale, il conto economico ed una relazione sulla gestione (2° comma). Ricordiamo che le scritture contabili sono “analitiche” quando ogni operazione sia registrata singolarmente e sia individuabile con precisione, tramite l’indicazione delle necessarie informazioni, quali numero d’ordine, data, natura dell’operazione, valore, modalità di versamento, soggetti coinvolti. Per ottenere ciò, ai sensi del 2° comma dell’art. 20 – bis del DPR 600/1973 è sufficiente la tenuta del libro giornale e del libro degli inventari in conformità agli artt. 2216 e 2217 del Codice Civile. Come si comprende facilmente, la legge pone forti obblighi di trasparenza per chi riceve o voglia ricevere le erogazioni da essa previste.

Infine, qualora l’erogatore delle liberalità abbia operato delle deduzioni dall’imponibile violando i presupposti previsti dal 1° comma dell’art. 14, vale a dire l’appartenenza del beneficiario alle categorie di organizzazioni del terzo settore ivi indicate ed il limite di valore della donazione deducibile, si applica la sanzione di cui al comma 2° dell’art. 1° del Decreto Legislativo n° 471 del 1997, pari ad una somma dal 100 al 200% della maggiore imposta liquidata in base all’accertamento, aumentata del 200% (4° comma). Inoltre, “se la deduzione risulta indebita in ragione della riscontrata insussistenza, in capo all’ente beneficiario dell’erogazione, dei caratteri solidaristici e sociali dichiarati in comunicazioni rivolte al pubblico o rappresentati ai soggetti erogatori delle liberalità, l’ente beneficiario e i suoi amministratori sono obbligati in solido con i soggetti erogatori per le maggiori imposte accertate e per le sanzioni amministrative applicate” (5° comma).

 

§ 8) Il cinque per mille dell’IRPEF.

A queste possibilità di ricevere erogazioni liberali si è aggiunta quella introdotta dai commi da 337 a 340 dell’art. 1° (ed unico) della Legge n° 266 del 2005 (Legge Finanziaria per il 2006) che ha introdotto, in via iniziale e sperimentale, la possibilità per i contribuenti di destinare il cinque per mille dell’IRPEF – Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche da loro dovuta al finanziamento, fra l’altro, ”del volontariato e delle altre Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS) di cui all’art. 10 del Dlgs 460/1997”, fra cui vi sono, come abbiamo detto, le cooperative sociali. Questa possibilità è stata confermata dalla Legge n° 296 del 2006 (Legge Finanziaria per il 2007), ai commi che vanno da 1234 a 1237 del suo art. 1° (ed unico), con l’unica novità di un limite massimo di spesa totale di 250 milioni di Euro per le erogazioni derivanti da questa opzione per i contribuenti, dall’art. 20 della Legge n° 222 del 2007 (Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria per il 2008) che ha aumentato il limite di spesa di 150 milioni di Euro, giungendo così a 400 milioni di Euro, dall’art. 63 – bis della Legge n° 133 del 2008 (manovra estiva 2008 che ha anticipato la Legge Finanziaria per il 2009) ), dal comma 250 dell’art. 2 della Legge n° 191 del 2009 (Legge Finanziaria per il 2010) ed, infine, dalla Legge n° 191 del 2009 (Legge Finanziaria per il 2010).

Le modalità di destinazione del cinque per mille dell’IRPEF sono state definite, per il 2006, dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 20 Gennaio 2006 , per il 2007 dal DPCM del 16 Marzo 2007, per il 2008 dal DPCM del 3 Aprle 2008 e, per il 2009, dal DPCM del 23 Aprile 2010 che hanno stabilito l’obbligo, per le ONLUS interessate, di iscriversi ogni anno per via telematica in un apposito elenco tenuto dall’Agenzia delle Entrate e da questa, successivamente, reso pubblico. Il contribuente che vuole utilizzare questa opzione deve firmare in uno quattro appositi spazi presenti nell’apposito quadro del modello della dichiarazione dei redditi che utilizza e deve scrivere il codice fiscale dell’ente al quale vuole che sia destinata questa sua quota dell’IRPEF. L’ammontare delle somme così destinate dai contribuenti viene corrisposto, alle cooperative sociali, dal Ministero del Lavoro (art. 10 del DPCM del 3 Aprile 2009, confermato dall’art. 11 del DPCM del 23 Aprile 2010).

I soggetti beneficiari del cinque per mille “devono redigere, entro un anno dall’incasso delle somme ad essi destinate, un apposito e separato rendiconto dal quale risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad essi attribuite” (comma 3° dell’art. 63 – bis della Legge 133/2008).

Le cooperative sociali che hanno percepito più di 20.000 Euro per il cinque per mille hanno l’obbligo di trasmettere il rendiconto e la relazione al Ministero competente per l’erogazione delle somme entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la compilazione di essi, mentre quelle che hanno ricevuto meno di 20.000 Euro hanno soltanto l’obbligo di conservarli per dieci anni (art. 11 del DPCM del 3 Aprile 2009, confermato dall’art. 12 del DPCM del 23 Aprile 2010). La mancata osservanza di questi obblighi è causa di recupero delle somme erogate da parte dell’Amministrazione citata (art. 12 del DPCM del 3 Aprile 2009, confermato dall’art. 13 del DPCM del 23 Aprile 2010).

Ricordiamo, per completezza che le altre destinazioni possibili del gettito del cinque per mille dell’IRPEF sono: il sostegno delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali dell’associazionismo previsti nei primi quattro commi dell’art. 7 della Legge n° 383 del 2000, delle associazioni riconosciute e delle e fondazioni che operano nei settori di cui all’art. 10, comma 1°, lettera a del Dlgs 460/1997 (e che, ovviamente, non sono ONLUS), il finanziamento della ricerca scientifica e dell’università, il finanziamento della ricerca sanitaria, le attività sociali del comune di residenza (escluse dalla Legge Finanziaria per il 2007 e riammesse dalla manovra estiva del 2008, la Legge n° 133 del 2008). Viene ripartito fra i beneficiari solo l’ammontare dell’imposta dei contribuenti che hanno effettuato la scelta, a differenza dell’otto per mille per cui si ripartisce fra i beneficiari anche l’imposta dei contribuenti che non hanno effettuato la scelta. Altri chiarimenti in materia sono contenuti nella Circolare n° 30/E del 22 Maggio 2007 dell’Agenzia delle Entrate.

Oltre che come forma di finanziamento del terzo settore, l’istituto del cinque per mille viene considerato dalla dottrina giuridica come un esempio di sussidiarietà fiscale, in quanto con esso viene riconosciuta al contribuente una sfera di sovranità nella quale egli stesso può decidere a chi destinare parte della ricchezza con cui contribuisce alle spese pubbliche, ai sensi dell’art. 53 della Costituzione (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”). Inoltre, esso rappresenta anche un’applicazione pratica del principio di sussidiarietà orizzontale, introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 nel 4° comma dell’art. 118 Cost., che afferma: “Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

 

1 Anzi, come vedremo, davvero molto favorevole, cioè con molte ed importanti agevolazioni.

2 Ricordiamo che le aliquote IVA attualmente in vigore sono quella ordinaria del 21% e quelle agevolate del 10% e del 4%.

3 Ricordiamo che, mentre l’IRES grava sui redditi prodotti dalle società di capitali o cooperative (che sono persone giuridiche), dalle altre persone giuridiche (associazioni riconosciute e fondazioni), dalle associazioni non riconosciute e dai consorzi (art. 73 TUIR), l’IRPEF viene pagata dalle persone fisiche sui loro redditi compresi quelli prodotti per mezzo delle società di persone (artt. 2, 5, 6 e 55 TUIR) o delle imprese individuali o del lavoro autonomo (artt. 6, 53 e 55 TUIR).

Da ciò deriva la conseguenza che le agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali effettuate dagli imprenditori individuali, dai lavoratori autonomi e dai soci delle società di persone (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e società di fatto ad esse equiparate dalla lettera b del comma 3° dell’art. 5 del TUIR) alle cooperative sociali in quanto ONLUS sono quelle previste per le persone fisiche dall’ art. 15, lettera i – bis, TUIR, di cui al primo capoverso di questo paragrafo.

4 Una impresa in perdita, cioè con un reddito di impresa negativo, non può quindi usufruire di questa agevolazione.

5 Per “costo specifico” sostenuto per la produzione del bene ceduto si dovrebbe intendere il costo diretto di produzione, senza l’imputazione ad esso dei costi indiretti o generali dell’impresa, ma la Circolare n° 26/E del 26 Marzo 2008 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che in esso rientrano i costi delle materie prime, dei semilavorati, dei prodotti finiti, degli imballaggi, degli altri beni destinati ad essere fisicamente incorporati nei prodotti finiti con l’esclusione, quindi, del costo della manodopera diretta, cioè di quella direttamente utilizzata per produrre il bene.

Visconti Gianfranco

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