L’inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione
nel caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara spetta al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o non l’efficacia del contratto nel frattempo stipulato
Dalla documentazione versata in atti risulta che la fornitura oggetto dell’appalto è in avanzato stato di esecuzione, con la conseguenza che il Collegio ritiene di non poter dichiarare l’inefficacia del contratto e di riconoscere invece alla ricorrente il risarcimento del danno.
Tale possibilità è data dall’art. 122 c.p.a. (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2011 n. 1385). Ed infatti, sin dopo l’entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva comunitaria 2007/66/CE (D.L.vo 30 marzo 2010 n. 53), ora trasfuse negli artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo, nel caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara spetta al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o non l’efficacia del contratto nel frattempo stipulato; il che significa che l’inefficacia non è conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, il quale determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti (Tar Toscana, sez. I, 27 gennaio 2011 n. 154).
Il Collegio ritiene che la mancata declaratoria di inefficacia del contratto lo esoneri dal dichiarare l’annullamento dell’aggiudicazione, di cui è stata accertata l’illegittimità. L’annullamento dell’atto illegittimo ha una sua ratio nella necessità di eliminare dal mondo giuridico il provvedimento lesivo per il ricorrente e far venir meno la fonte degli effetti sfavorevoli alla sua sfera giuridica. Ma nel caso in cui, a seguito della valutazione di opportunità ex art. 122 c.p.a., questo giudice ha ritenuto che la ricorrente non possa comunque subentrare nel contratto, non ha alcuna utilità eliminare la fonte pubblicistica sulla quale tale rapporto privatistico si regge
Il risarcimento, che spetta alla ricorrente ai sensi dell’art. 124, primo comma, c.p.a., va commisurato al 10% dell’importo a base d’asta, decurtato del ribasso da essa offerto (Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7132; id., sez. V, 6 aprile 2009 n. 2143); la somma così calcolata, costituendo oggetto di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria, sino alla pubblicazione della presente sentenza (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma infatti in debito di valuta); spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione della sentenza di condanna fino al soddisfo effettivo.
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