Non può essere accolta, invece, l’ulteriore domanda di risarcimento dei danni esistenziali e morali lamentati dagli istanti, in quanto trattasi di domanda che, asseritamente fondata sul ritardo con cui la P.A. ha ottemperato al rilascio dei terreni de quibus, non risulta assistita dalla prova concreta del danno non patrimoniale paventato, e, neppure, da un principio di prova in ordine ad eventuali ripercussioni negative del ritardato rilascio dell’immobile sull’attività professionale o sulle consuetudini di vita degli istanti.
Infatti, come ribadito anche di recente dal Consiglio di Stato (cfr. decisione Sez. VI, 18 marzo 2011 n. 1672), la pretesa risarcitoria avente ad oggetto il danno non patrimoniale – ove non si sia verificato un mero disagio o fastidio, inidoneo, ex se, a fondare una domanda di risarcimento del danno – esige una allegazione di elementi concreti e specifici da cui desumere, secondo un criterio di valutazione oggettiva, l’esistenza e l’entità del pregiudizio subito, il quale non può essere ritenuto sussistente in re ipsa, né è consentito l’automatico ricorso alla liquidazione equitativa.
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