Non si può occupare in modo duraturo un immobile per fini abitativi e poi invocare lo stato di necessità; neppure in caso di malattia cronica di un congiunto. È questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la pronuncia 4292/2012 con la quale gli ermellini, sulla scorta di una giurisprudenza venuta a consolidarsi negli ultimi anni, hanno ribadito l’eccezionalità del disposto di cui all’art. 54 c.p. e la necessità di darne una corretta lettura.
La vicenda prende le mosse dal ricorso presentato dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce che, confermando quanto già statuito dal G.I.P., aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo di un immobile di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari. L’abitazione era infatti stata occupata dai due indagati (per i reati di cui agli articoli 633 e 639 bis c.p.) in quanto spinti dalle precarie condizioni di salute della figlia, affetta da una grave forma di bronchite cronica. I giudici di merito, sul rilievo che un repentino allontanamento dall’immobile avrebbe potuto creare seri danni alla salute della piccola, negavano la richiesta della misura cautelare richiesta, in quanto poteva ritenersi sussistente l’esimente di cui all’art. 54 c.p. Di qui la decisione del Pubblico Ministero di ricorrere alla Suprema Corte in quanto, a suo dire, ci si trovava di fronte ad una mera situazione di disagio abitativo risolvibile tramite i rimedi a ciò previsti dalla legge e dal mercato.
I giudici di Piazza Cavour, nell’accogliere il gravame, annullano l’ordinanza di rigetto del sequestro preventivo, delimitando gli esatti confini della scriminante in parola.
In particolare, sulla scia di una giurisprudenza sempre più corposa, la Corte ritiene che siano due i motivi in forza dei quali non possa accettarsi la tesi sostenuta dai giudici di merito.
Innanzitutto, gli ermellini si concentrano sulla esatta esegesi del requisito dell’ “attualità” previsto dall’art. 54 c.p., e da intendersi come “imminenza”. Partendo dal dato di fatto in forza del quale gli imputati avevano ormai stabilmente occupato in modo abusivo l’immobile oggetto del contendere, si sottolinea una assoluta inconciliabilità tra quanto richiesto dalla norma e quanto accaduto nel caso di specie. Diversamente operando, sottolineano i giudici, si violerebbe il dettato normativo in quanto il requisito dell’attualità verrebbe sostituito dal diverso e opposto concetto di permanenza. Tanto più che l’art. 54 c.p. deve considerarsi norma di carattere eccezionale, e quindi di stretta interpretazione.
L’altro argomento su cui si fa leva nella pronuncia in oggetto è dato da un’esegesi costituzionalmente orientata della scriminante dello stato di necessità. Infatti, la sua applicazione trova un importante limite nell’art. 42 Cost., il quale tutela la proprietà privata, che dunque non può essere compressa in modo stabile e definitivo, venendosi altrimenti a configurare una sorta di espropriazione, senza peraltro le garanzie per essa previste dalla legge.
Date queste premesse, la Corte ribadisce come l’art. 54 c.p. non possa essere piegato per risolvere esigenze di natura abitativa, neppure laddove esse siano mascherate dal riferimento alle precarie condizioni di salute di un congiunto.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE – SENTENZA 1 febbraio 2012, n.4292 – Pres. Casucci – est.
Fatto e diritto
p. 1. Con ordinanza in data 10/08/2011, il Tribunale di Lecce rigettava l’appello proposto dal P.M. avverso il decreto con il quale, in data 17/06/2011, il g.i.p. del medesimo Tribunale aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo di un immobile di proprietà dello IACP di Lecce occupato da M.L. e Ma.An. , indagati dei reati di cui agli artt. 633 e 639 bis c.p.. Il tribunale, infatti, rilevava che, nella specie, stante le precarie condizioni di salute di una delle figlie minorenni, affetta da una grave forma di broncopolmonite bilaterale neonatale, sussisteva “una situazione nella quale un improvviso allontanamento della famiglia degli indagati da quella abitazione potrebbe comportare una messa in pericolo della integrità fisica della suddetta figlia minorenne, dunque un grave danno alla persona che ben potrebbe configurare l’esimente dello stato di necessità che escluderebbe il fumus delicti”.
p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il P.M. deducendo violazione dell’art. 54 c.p. in quanto lo stato di necessità prospettato dagli indagati non era una situazione di estrema urgenza ma semplicemente una situazione di disagio abitativo alla quale si poteva ovviare con i meccanismi ordinari del mercato e/o dello Stato sociale. Il Tribunale, poi, non aveva indicato le ragioni per le quali l’allontanamento dall’abitazione avrebbe messo in pericolo l’integrità della minorenne.
Gli indagati, con memoria datata 6/09/2011 hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile essendo fondato su motivi di merito non deducibili in cassazione.
p. 3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
In punto di diritto, va ribadito quanto statuito da questa Corte con sentenza n. 36270/2010 che, in una fattispecie di occupazione di immobili, ha escluso la sussistenza dello stato di necessità.
Il primo dato di fatto dal quale partire è che gli indagati hanno occupato stabilmente l’immobile avendolo trasformato in loro residenza fissa.
Il secondo elemento che viene in rilievo è il dettato dell’art. 54 c.p., nella parte in cui stabilisce che, per la configurabilità dello stato di necessità (la cui prova spetta all’imputato che la invoca), occorre che il pericolo sia ‘attuale’.
Tale ultimo requisito presuppone che, nel momento in cui l’agente agisce contra ius – al fine di evitare ‘un danno grave alla persona’ – il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio (Cass. 3310/1981 riv 148374). L’attualità del pericolo, per argumentum a contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo.
Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell’attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto.
Invero, il pericolo non sarebbe più attuale (rectius: imminente) bensì permanente proprio perché l’esigenza abitativa – ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessità ‘di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona’ – necessariamente è destinata a prolungarsi nel tempo.
Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54 c.p. alla luce dell’art. 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l’attualità del pericolo con l’esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un’ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque, un’alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale: cfr. sul punto, Cass. 35580/2007 riv 237305; Cass. 7183/2008 riv 239447.
Quanto appena detto, porta, pertanto a ritenere che lo stato di necessità, nella specifica e limitata ipotesi dell’occupazione di beni altrui, può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio non certo per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria esigenza abitativa, tanto più che gli alloggi IACP sono proprio destinati a risolvere esigenze abitative di non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate. In conclusione, la doglianza deve ritenersi fondata in quanto una precaria condizione di salute – peraltro cronicizzata – non può legittimare, ai sensi dell’art. 54 c.p., un’occupazione permanente di un immobile per risolvere, in realtà, in modo surrettizio, un’esigenza abitativa.
L’ordinanza va, quindi, annullata e gli atti trasmessi al tribunale di Lecce per un nuovo esame alla stregua dei principi di diritto appena illustrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame.
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