La pronuncia in commento (riportata in calce) si segnala per aver chiarito definitivamente, e sulla scorta dell’oramai consolidato orientamento giurisprudenziale sorto in materia, il confine tra l’opposizione al precetto e l’opposizione ad un titolo di natura giudiziale.
La fattispecie posta al vaglio del giudicante, si precisa, non aveva ad oggetto il quomodo dell’esecuzione (ex art. 617 c.p.c.), nel senso che non si contestava la legittimità del modo col quale l’esercizio dell’azione era avvenuto o preannunciato, né la regolarità formale dei singoli atti di un processo esecutivo o degli atti che lo preannunciano. Diversamente, si contestava (ex art. 615, I° co., c.p.c.) il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata proponendo, in tal senso, opposizione al titolo e formulando, preventivamente, istanza di sospensione della sua efficacia esecutiva.
Con le recenti riforme legislative, in effetti, il nostro legislatore ha previsto che il giudice dell’opposizione a precetto possa, concorrendo gravi motivi, sospendere su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo.
Il giudice dell’opposizione a precetto, quindi, ha il potere di sindacare l’esecutorietà del titolo (sia esso di formazione stragiudiziale che di formazione giudiziale) ma detto potere può essere esercitato solo in via “residuale”, ovverossia quando le contestazioni non possono essere avanzate con un mezzo di impugnazione legislativamente previsto.
Dunque, onde evitare che l’istituto ex art. 615 c.p.c. sia sovrapponibile alle ipotesi di sospensione dei titoli di formazione giudiziale, previste per l’impugnazione e la revocazione della sentenza (artt. 283, 351, 373, 401, 431, 447 bis c.p.c.), per l’opposizione di terzo ordinaria (art. 407 c.p.c.), per l’opposizione a decreto ingiuntivo (artt. 645 e 649 c.p.c.) e per l’opposizione all’ordinanza di convalida di licenza o sfratto per finita locazione o per morosità (art. 668 c.p.c.), si ritiene che sarà inibito al giudice dell’esecuzione di compiere valutazioni che spettano al giudice di merito.
Solo successivamente, qualora ricorrano fatti successivi al giudicato, comunque non deducibili in sede di impugnazione del titolo, sarà consentito al giudice dell’opposizione sospendere l’efficacia esecutiva del titolo per fatti successivi o esterni al titolo, incontrando altrimenti il limite generale ed assoluto determinato dal giudicato.
Pertanto, con l’opposizione avverso l’esecuzione fondata su titolo giudiziale, il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi o impeditivi anteriori a quel titolo, i quali sono deducibili esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo.
In sede di opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo il debitore non può contestare il diritto del creditore per ragioni che avrebbe potuto, e dovuto, far valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ma può far valere esclusivamente fatti modificativi o estintivi sopravvenuti.
Nel caso in esame, quindi, il Tribunale di Campobasso rigettava la domanda formulata dall’opponente perché fondata su fatti e circostanze “anteriori” alla formazione del titolo e, quindi, antecedenti all’esecuzione.
Evidenziava, in sostanza, l’inammissibilità delle eccezioni formulate dal debitore ingiunto, in quanto inerenti a fatti estintivi e/o modificativi anteriori alla formazione del titolo esecutivo che dovevano essere dedotti, per quanto sopra esposto, esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo.
In conclusione, l’art. 615, I° co., c.p.c. ha portata unicamente residuale, potendo essere impiegato solo quando non vi è alcun giudice deputato a deliberare nel merito la fondatezza del titolo esecutivo, cioè, in altre parole, nel solo caso in cui il titolo stesso non sia impugnato in sede di cognizione. Ovviamente, l’ambito delle ragioni spendibili in sede di richiesta di sospensione ex art. 615 c.p.c., primo comma, è limitato ai fatti non coperti dal giudicato stesso, come ad esempio il pagamento posteriore alla formazione del titolo, la rinunzia del creditore ad avvalersi del giudicato od il pactum de non exequendo.
Dunque, il giudice dell’opposizione a precetto può sospendere la provvisoria esecutività del titolo solo se l’istanza di sospensione è avanzata per motivi diversi da quelli che costituiscono oggetto dell’impugnazione del titolo esecutivo davanti al giudice dell’impugnazione. Ne consegue, che il potere di sospensione non può in alcun modo comportare la valutazione di elementi oggetto del thema decidendum del processo in cui si è formato il titolo.
Esemplificando, se il titolo esecutivo è rappresentato da decreto ingiuntivo munito di provvisoria esecuzione, le questioni che riguardano la sospensione della provvisoria esecuzione ovvero la revoca del decreto opposto restano di competenza del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo e non potranno essere considerate dal giudice dell’opposizione all’esecuzione.
Tribunale di Campobasso, in funzione di Giudice del Lavoro nella persona della dott.ssa Laura Scarlatelli. Sentenza n. 164/2012, pubblicata in data 28.02.2012.
«Nell’opposizione a decreto ingiuntivo si contesta, in sede di cognizione, la sussistenza del credito azionato in via monitoria mentre con l’opposizione al precetto intimato in virtù dello stesso titolo si può contestare solo il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata.
Il Giudice dell’esecuzione, nel contesto di un’azione esecutiva avente origine in un titolo di natura giudiziale, non può far luogo al controllo in ordine alla legittimità del titolo stesso basato su questioni dedotte o deducibili nel corso del procedimento dal quale il titolo esecutivo si è formato.
All’uopo, deve invero rilevarsi che il Giudice dell’esecuzione può occuparsi unicamente di eventuali fati estintivi o modificativi sopravvenuti alla formazione del titolo, ovvero concernenti la interpretazione del medesimo, oltre che dei vizi propri dell’azione esecutiva.
Il principio, esposto nei termini di cui innanzi, deve intendersi, altresì, applicabile in caso di opposizione a precetto intimato sulla base di un decreto ingiuntivo, poiché i fatti estintivi ed impeditivi del credito sopravvenuti alla emanazione del provvedimento monitorio possono essere dall’ingiunto, assoggettato all’esecuzione, dedotti solo nel processo di opposizione all’ingiunzione e non anche in sede esecutiva nel processo di esecuzione ex art. 615 c.p.c.
Le eventuali cause di nullità o di ingiustizia del titolo esecutivo di provenienza giudiziale possono essere fatte valere esclusivamente, salva la residuale ipotesi della inesistenza, con il rimedio dell’opposizione al decreto ingiuntivo.
Nel caso in cui, pertanto, l’esecuzione forzata sia già iniziata il fatto estintivo od impeditivo del credito azionato non può essere dedotto con l’opposizione ex art. 615 c.p.c., restando devoluta al Giudice dell’opposizione all’esecuzione la cognizione dei soli motivi di illegittimità strettamente attinenti alla procedura esecutiva e, in ogni caso, estranei alle valutazioni di merito della decisione contenuta nel titolo esecutivo».
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