Illegittima composizione in numero pari (sei componenti) della commissione
le commissioni giudicatrici delle gare indette per l’aggiudicazione di appalti con la Pubblica Amministrazione devono essere necessariamente composte da un numero dispari di membri onde assicurare la funzionalità del principio maggioritario, con la conseguenza che è illegittima, con effetti vizianti dell’intero procedimento, la commissione che opera con la partecipazione di un numero pari di membri (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5502, riferita generalmente ai collegi amministrativi, quali sono le commissioni di gara, ma anche Cons. Stato, II Sezione, 12 luglio 1995, n. 1772; 27 settembre 1989, n. 894).
Del resto, le disposizioni in tal senso rinvenibili nella disciplina delle procedure di gara è essa stessa espressione di un principio, immanente nell’ordinamento generale, che trascende il settore degli appalti in senso proprio. Ci si riferisce al(l’infondato) rilievo dell’amministrazione resistente che ritiene non applicabile la regola della composizione delle commissioni in numero dispari non trattandosi appunto nella specie di un appalto in senso proprio.
In sostanza, alla luce della giurisprudenza più recente, l’ipotesi che un organo collegiale possa anche essere formato da un numero pari di componenti pare da abbandonare, soprattutto con riferimento ai collegi che devono operare con tutti i loro componenti per mantenere integra la tecnicità garantita dall’apporto di diverse esperienze scientifiche o professionali, in coerenza con un’impostazione dell’agire amministrativo improntato ai caratteri, cui si ispira la stessa scelta di investire di una determinata competenza un organo a composizione collegiale, dell’efficienza, efficacia, economicità e celerità. Da questo punto di vista, non sembrano necessari particolari percorsi argomentativi per giustificare l’affermazione secondo cui risulta decisamente più funzionale ad un logica amministrativa moderna assicurare, tramite la previsione di un numero dispari di membri, la formazione a maggioranza, all’interno del collegio, di una volontà che si traduca in una determinazione univoca imputabile all’organo, piuttosto che rischiare una paralisi del medesimo cui porre rimedio attraverso dispendiose, anche dal punto di vista temporale, iniziative sostitutive (cfr. Cons. Stato, V Sezione, 2 novembre 2009 n. 6713).
La illegittima composizione della commissione di cui trattasi vizia quindi l’intera procedura poiché vizia l’operato della stessa, con conseguente illegittimità degli atti adottati, ivi compresa la contestata ed avversata aggiudicazione. Ma il detto accertamento è pure preclusivo dell’esame delle censure con cui la ricorrente lamenta, in buona sostanza, l’erroneità del punteggio ad essa attribuito ovvero la mancata esclusione della aggiudicataria trattandosi di attività condotte da un organo collegiale illegittimamente costituito.
Ne consegue per questa via l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti tutti di gara.
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