Lavoratore con contratto a tempo deteminato con la p.a., comparto scuola, e principio di non discriminazione con riferimento alle condizioni di impiego e con particolare riguardo alle retribuzioni

Il Fatto

Con separati ricorsi successivamente riuniti la lavoratrice, premesso di aver stipulato una serie di contratti a tempo determinato con il MIUR per la durata dell’intero anno scolastico a decorrere dal 2001 in avanti, sostenendo di aver svolto attività di collaboratore ATA a copertura di posti vacanti e disponibili, ha convenuto in giudizio il predetto Ministero avanzando un duplice ordine di domande:

Un ricorso è volto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità dei termini apposti ai contratti e il conseguente diritto alla conversione del rappdrto a tempo indeterminato o, in subordine, al risarcimento del danno subito. Nell’altro la ricorrente chiede comunque il riconoscimento del diritto all’anzianità maturata ed al conseguente maggiore trattamento economico, tenendo conto dei periodi lavorati in esecuzione di ciascun contratto.

Il Tribunale di Genova si muove nel solco , tracciato dalla Corte di Giustizia europea,della parità di trattamento tra lavoratore a tempo determinato e lavoratore a tempo indeterminato comparabile.

Il Tribunale,infatti si rifà alla Sentenza della Corte di Giustizia (Seconda Sezione) 13 settembre 2007,Causa C-307/05, Del Cerro.

L’analisi dei contenuti delle sentenze,quella del Tribunale di Genova e quella della Corte di Giustizia comunitaria., ci consente di mettere a fuoco tutti i risvolti della tematica.

Il Tribunale di Genova 15 febbraio 2012 ,n. 177 ( Giud. Melandri;Ric..CH;Res. MIUR), cosi’ ha statuito: << Ove un lavoratore presti servizio in forza di una successione di contratti a termine presso il Ministero dell’istruzione,dell’università e della ricerca scientifica,nel caso specifico supplenze annuali stipulate ai sensi dell’art. 4 legge 124/99,deve riconoscersi allo stesso il diritto alla progressione professionale retributiva,in forza del principio stabilito dalla clausola n. 4 punto 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999 contenuto in allegato nella direttiva del Consiglio 1999/70/CE,secondo il quale i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato per il solo fatto di aver stipulato un contratto a termine, a meno che non sussistano ragioni oggettive,eppertanto ad essi devono essere corrisposte le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio conseguente all’effettuata ricostruzione di carriera>>

Il Tribunale di Genova affronta due interessanti questioni attinenti alla fattispecie dell’abuso dei contratti a termine ,nel caso nell’ambito del Ministero dell’istruzione, dopo che è diventato orientamento consolidato e prevalente quello della impraticabilità della conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti della P.A..

Dopo una esposizione dettagliata della normativa vigente in materia,il Giudice ritiene applicabile alla fattispecie l’art. 4, co 1, della legge 124/99 che recita:< Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo.>.

Nessun pregiudizio avrebbe subito il lavoratore dal momento che l’immissione in ruolo si è verificata ad opera del Ministero medesimo,seppur senza alcuna procedura concorsuale.

Peraltro ,argomenta il Giudice, la richiesta del MIUR di cessazione della materia del contendere non può essere accolta in quanto permarrebbe l’interesse della ricorrente ad ottenere una pronuncia di condanna dell’amministrazione ad una ricostruzione della carriera come se fosse stata assunta a tempo indeterminato sin dall’origine, posto che l’art. 485 del D.Lgs n. 297 del 1994 prevede, in tali casi, una ricostruzione per i soli anni a venire e tenuto conto di una anzianità limitata ( 4 anni completi e i due terzi per i rimanenti anni di servizio).

In effetti il Tribunale di Genova ha ritenuto che la pretesa di una ricostruzione della carriera ab initio, cioè come se la ricorrente fosse stata assunta a tempo indeterminato sin dal primo contratto a termine stipulato con il Ministero convenuto, appare fondata, per i seguenti motivi.

L’ordinamento comunitario ( Corte di Giustizia Europea del 13 settembre 2007 interpretativa della clausola n. 4 punto 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999 contenuto in allegato nella direttiva del Consiglio 1999/70/CE, direttamente applicabile nel nostro ordinamento interno ) ha sancito il principio per cui i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato per il solo fatto di aver stipulato un contratto a termine, a meno che non sussistano ragioni oggettive.Né il diverso sistema di reclutamento può costituire una ragione oggettiva che giustifichi la deroga a questo principio; al contrario , proprio in considerazione della successiva assunzione in ruolo, avvenuta nel caso in esame a decorrere dal 1.9.2011, il bagaglio professionale acquisito dal lavoratore in regime di precariato può e deve essere valutato a tutti gli effetti della ricostruzione della carriera, compresi gli scatti stipendiali conseguenti all’anzianità di servizio.

La Corte di Giustizia (Seconda Sezione) 13 settembre 2007,Causa C-307/05, cosi’ ha ritenuto:

<<La nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato.>>

Le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio

È in tale contesto che lo Juzgado de lo Social (Tribunale spagnolo, competente per le controversie di lavoro e previdenziali) n. 1 de San Sebastián ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la direttiva 1999/70/CE, quando dispone che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, si riferisca anche alle condizioni economiche.

In caso di soluzione affermativa :

2) Se costituisca una ragione oggettiva sufficiente per non riconoscere il supplemento economico concesso, a titolo di anzianità, ai lavoratori a tempo indeterminato, il fatto che l’art. 44 della legge n. 55/2003 (…) stabilisca l’impossibilità di percepirlo.

3) Se gli accordi sottoscritti tra la rappresentanza sindacale del personale e l’amministrazione costituiscano ragioni oggettive sufficienti per non concedere il supplemento a titolo di anzianità al personale a tempo determinato».

A questo punto la Corte afferma un principio fondamentale in materia:

< Orbene, tenuto conto dell’importanza del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione, che fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, alle disposizioni previste dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro al fine di garantire ai lavoratori a tempo determinato di beneficiare degli stessi vantaggi riservati ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che un trattamento differenziato non si giustifichi per ragioni oggettive, dev’essere riconosciuta una portata generale, in quanto costituiscono norme di diritto sociale comunitario di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela.>

Analisi e trattazione da parte della Corte delle questioni pregiudiziali

I ) Se la retribuzione sia da considerarsi tra le condizioni di impiego richiamate dalla clausola 4,punto1 dell’accordo quadro .Interpretazione restrittiva dell’art.137n.5 Trattato CE che esclude la retribuzione dalle condizioni di lavoro con conseguente inapplicabilità dell’esclusione a questioni solo connesse alla retribuzione.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa possa servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

Il governo spagnolo, l’Irlanda e il governo del Regno Unito hanno fatto valere che una soluzione negativa a tale questione s’impone a causa della formulazione dell’art. 137, n. 5, CE, quale interpretata nella sentenza 1° dicembre 2005, causa C–14/04, Dellas e a. (Racc. pag. 1-10253, punto 39).

Occorre subito rilevare che il Consiglio dell’Unione europea, nell’adottare la direttiva 1999/70 finalizzata all’attuazione dell’accordo quadro, si è fondato sull’art. 139, n. 2, CE, il quale dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati nell’ambito dei settori contemplati dall’art. 137 CE.

Tra i settori per cui l’art. 137, n. 2, CE abilita il Consiglio ad emanare, mediante direttive, prescrizioni minime al fine di realizzare gli obiettivi previsti dall’art. 136 CE, tra cui figura il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nonché una protezione sociale adeguata degli stessi, l’art. 137, n. 1, lett. b), CE enumera le «condizioni di lavoro».

Tuttavia, ai sensi dell’art. 137, n. 5, CE le disposizioni del detto articolo «non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al diritto di sciopero né al diritto di serrata».

Poiché l’art. 137, n. 5, CE introduce una deroga alle norme di cui ai nn. 1/4 dello stesso articolo, le materie per le quali il detto numero introduce una riserva devono formare oggetto di interpretazione restrittiva, in modo da non incidere indebitamente sulla portata dei suddetti nn.1/4, né rimettere in causa gli obiettivi perseguiti dall’art. 136 CE.

Per quanto riguarda in particolare l’eccezione relativa alle «retribuzioni», di cui all’art. 137, n. 5, CE,chiarisce la Corte, essa trova la sua ragion d’essere nel fatto che <la determinazione del livello degli stipendi rientra nell’autonomia contrattuale delle parti sociali su scala nazionale, nonché nella competenza degli Stati membri in materia>. Ciò posto, è stato giudicato appropriato, allo stato attuale del diritto comunitario, escludere la determinazione del livello delle retribuzioni da un’armonizzazione in base agli artt. 136 CE e seguenti.

Tuttavia,la Corte limita l’ambito del suddetto principio nel senso che la detta eccezione non può essere estesa a ogni questione avente un nesso qualsiasi con la retribuzione, a pena di svuotare taluni settori contemplati dall’art. 137, n. 1, CE, di gran parte dei loro contenuti. Ne consegue che la riserva di cui all’art. 137, n. 5, CE, non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione.

Orbene, per questi stessi motivi,passando alla fattispecie concreta all’esame, la determinazione del livello dei diversi elementi costitutivi della retribuzione di un lavoratore, quale la ricorrente nella causa principale, rimane incontestabilmente di competenza delle istituzioni competenti nei vari Stati membri.

Tuttavia,puntualizza la Corte, tale non è l’oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio.

Rientra invece nel campo di applicazione dell’art. 137, n. 1, lett. b), CE, e dunque della direttiva 1999/70 nonché dell’accordo quadro adottato su tale base, decidere se in applicazione del divieto di discriminazione previsto dalla clausola 4, punto 1, di tale accordo quadro, un elemento della retribuzione debba essere concesso, a titolo di condizione di impiego, ad un lavoratore a tempo determinato nella stessa misura riconosciuta ad un lavoratore a tempo indeterminato.

In siffatte circostanze, occorre risolvere la prima questione sollevata dichiarando che la nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

Le ragioni oggettive legittimanti un diverso trattamento tra lavoratore a tempo determinato e lavoratore a tempo indeterminato comparabile

In sostanza, la seconda e terza questione vertono sull’interpretazione della nozione di «ragioni oggettive» che, secondo la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, possono legittimare un trattamento diverso dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

Il giudice del rinvio domanda, in particolare, se possa costituire una ragione oggettiva di tal genere la mera circostanza che la differenza di trattamento, nella specie esistente tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato in ordine agli scatti di anzianità, sia prevista dalla legge o da un accordo sottoscritto dai rappresentanti sindacali del personale e dell’amministrazione.

È utile ricordare, a tal riguardo, che la Corte ha già dovuto statuire su una questione analoga per quanto riguarda la stessa nozione di «ragioni oggettive» che, secondo la clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro, giustificano il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione.

In effetti, la Corte ha dichiarato che la nozione di «ragioni oggettive», dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in un simile contesto particolare, l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Dette circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v. sentenza Adeneler e a., , punti 69 e 70).

Per contro, una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, non soddisferebbe i criteri precisati al punto precedente (v. sentenza Adeneler e a., citata, punto 71).

In particolare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato sulla sola base di una tale disposizione generale, senza relazione con il contenuto concreto dell’attività considerata, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto (v. sentenza Adeneler e a., citata, punto 74).

Orbene, ,conclude la Corte,la stessa interpretazione si impone, per analogia, in relazione all’identica nozione di «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro.

Commento

Abbandonata, dai ricorrenti ,in caso di abuso di una successione di contratti a termine da parte della P.A, la strategia della conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro , per la più volte affermata impossibilità della conversione del contratto,la giurisprudenza, nel nostro caso il Tribunale di Genova in commento,si ritrova a dover affrontare nuove questioni e tra queste quella del riconoscimento delle anzianità maturate nei vari contratti a termine ai fini di determinate situazioni.Nella sentenza in esame si tratta del riconoscimeno delle anzianità ai fini della progressione di carriera.Sullo stesso tema vedi conformi Tribunale di Genova 4 aprile 2012 n. 517/12, Giud. Parodi, Tribunale di Genova 5 aprile 2012,n.512/12, Giud.Basilico e infine Tribunale di Genova 16 aprile 2012 ,n.568/12,Giud.Ravera.

Si tratta invero di applicazione dello stesso principio a fattispecie diverse.

La normativa in discussione :< Ai sensi dell’art. 526 d.lgs. n. 297/94 infatti, “al personale docente ed educativo non di ruolo spetta il trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale docente di ruolo.”.Al contrario, l’art. 79 C.C.N.L. Comparto Scuola prevede un trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali in ragione dell’anzianità via via maturata dal dipendente in ruolo (con passaggio di posizione stipendiale al compimento del 3° anno, del 9° anno, del 15° anno, del 21° anno, del 28° anno, del 35° anno).>(v.sentenza su citata 517/12 Parodi). .In particolare l’ultima sentenza (568/12 su citata Ravera) chiarisce la posizione del MIUR:< La difesa del Ministero si è incentrata sulla diversa modalità di assunzione del personale precario secondo il sistema del c.d. pre ruolo: gli incarichi a tempo determinato della scuola infatti non costituiscono assunzioni a termine in senso tecnico, ma si configurano come speciale e progressivo sistema di reclutamento, destinato a concludersi, fisiologicamente,con l’assunzione in ruolo e la conseguente ricostruzione di carriera>.

Per altri precedenti conformi nella sostanza ( in quanto riconoscono la maggior retribuzione) ma diversi nella metodologia ( in quanto si appellano ai principi del risarcimento del danno), vedi Tribunale di Milano 11/03/2010 n.2020 : la mancata conversione< non consente la ricostruzione della… carriera [ del lavoratore]. Il docente, però, per la professionalità di fatto acquisita, ha diritto a ricevere la stessa retribuzione dei colleghi con pari anzianità e, sotto il profilo risarcitorio, ha diritto a ricevere, per i precedenti anni, le differenze retributive tra gli stipendi cui avrebbe avuto diritto e quelli corrisposti > ; con forme Tribunale di Milano 23 /11/2009 n.7106.Vedi anche Tribunale di Treviso 18 aprile 2011:<Dalla nullità….(può derivare)..solo il diritto al risarcimento de danno .Tale danno deve essere quantificato nella maggiore retribuzione che sarebbe spettata all’insegnante se fosse stato assunto a tempo indeterminato sin dalla conclusione del primo contratto a termine.>; precedente conforme nella sostanza e anche nel principio invocato, Tribunale di Trieste 18/11/2010: <Il mancato riconoscimento al lavoratore a tempo determinato, così come al lavoratore a tempo indeterminato ,degli scatti di anzianità, cui il lavoratore aveva diritto, sia durante il rapporto a tempo determinato che in sede di ricostruzione- una volta assunto in ruolo- con riferimento all’intera anzianità maturata, è in palese violazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalla direttiva 1999/70 CE, che per essere immediatamente applicabile,così come immediatamente vincolante è l’Accordo quadro allegato,verrà a prevalere sul diritto nazionale e contrattuale difforme, che per questo motivo deve essere disapplicato in modo da conformare il diritto interno all’ordinamento comunitario>

In senso contrario vedi:

Tribunale di Vicenza 1 maggio2010:<In tema di rapporto di lavoro del personale docente delle scuole, è legittima la reiterazione di più contratti a tempo determinato, in quanto la normativa di settore ha carattere speciale rispetto a quella generale del d. lgs. n. 165 del 2001 e del d. lgs. n. 368 del 2001 e la successione di più assunzioni temporanee non può ritenersi un abuso nell’utilizzazione del contratto a termine secondo le indicazioni dell’ordinamento europeo.>

Corte di Appello di Perugia 08 marzo 2011<Tenuto conto del quadro complessivo, si conferma il principio già enunciato dalla corte di Appello di Firenze (sentenza 21 marzo/6 aprile 2006, n. 499 ) secondo il quale: “è l’integrale sistema di reclutamento degli insegnanti (e del personale non docente, n.d.e.) ad essere sottratto alla disciplina generale dettata dal codice civile, dalle norme speciali del lavoro nell’impresa e dallo stesso art. 36 T.U. in ragione della sua intrinseca specialità… al punto che, sul piano ontologico, può senza dubbio essere affermato che le assunzioni nella scuola pubblica in regime di precariato (o di preruolo) non sono assunzioni a termine in senso tecnico, ma si configurano come speciale e progressivo sistema di “reclutamento”, destinato a concludersi fisiologicamente con l’assunzione “in ruolo” e la ricostruzione della carriera ” peraltro circa la valorizzazione della anzianità questa reiterazione rafforza sempre più la posizione del “precario”, il quale, vedendosi attribuire punteggio per ogni periodo di servizio prestato, acquisisce sempre maggiori titoli per il conferimento di successivi incarichi.>.

C’è da domandarsi se tali ultime posizioni non urtino con la posizione della Corte di Giustizia in quanto fonderebbero la differenza del trattamento tra lavoratori di ruolo e lavoratori non di ruolo,in definitiva su di una <norma> o meglio su un sistema di norme settoriali.

Ci si può anche domandare se questo sistema normativo non trovi a sua volta fondamento su <oggettive> disparità.

Per individuare possibili oggettive disparità tra le situazioni dei lavoratori a termine da quelli a tempo indeterminato potremmo richiamare,valido ovviamente solo per l’ordinamento spagnolo, il punto 75

della Sentenza 8 settembre 2011 Causa C-177/10,Rosado Santana contro Consejeria de Justicia y Administration Pùblica de la Justicia de Andalucia :< 75 Il governo spagnolo invoca l’esistenza di numerose differenze tra i dipendenti pubblici di ruolo e i dipendenti pubblici temporanei che potrebbero giustificare la disparità di trattamento di cui alla causa principale. Per quanto riguarda quest’ultima categoria, sottolinea anzitutto che sono loro imposti obblighi meno rigidi per quanto riguarda l’entrata in servizio e la giustificazione dei loro meriti e capacità. Inoltre, tale governo rileva la mancanza di mobilità dei dipendenti pubblici temporanei, poiché essi sono collegati ai posti che occupano temporaneamente, il che rende la loro attività diversa e di altro valore rispetto a quella di un dipendente pubblico di ruolo. Inoltre, ricorda che talune funzioni sono riservate esclusivamente ai dipendenti pubblici di ruolo, il che implica che esista una differenza qualitativa in termini di esperienza e di formazione. Infine, tale governo sottolinea il fatto che Io scioglimento del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici temporanei può verificarsi quando non esiste più il motivo per cui sono stati nominati.>

A livello comunitario segnaliamo alcune sentenze che vertono su questioni giuridiche analoghe a quella commentata : Sentenza 8 settembre 2011 Causa C-177/10,Rosado Santana contro Consejeria de Justicia y Administration Pùblica de la Justicia de Andalucia che riguarda la mancata valutazione ai fini di una selezione interna nella Pubblica Amministrazione dei periodi effettuati in qualità di dipendente pubblico temporaneo; e inoltre Sentenza 15 aprile 2008 Causa C.268/06,Impact c Minister for Agricolture and food che conclude nel senso che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che le condizioni di impiego in essa richiamate inglobano le condizioni relative alle retribuzioni nonchè le condizioni relative alle pensioni dipendenti dal rapporto di lavoro ad esclusione di quelle relative alle pensioni derivanti da un regime legale di previdenza sociale

Avv. Viceconte Massimo

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