L’udienza preliminare

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1. L’udienza preliminare. Definizione e funzioni.

L’udienza preliminare è l’udienza che si svolge avanti al G.U.P. (il Giudice dell’udienza preliminare che appartiene allo stesso ufficio del GIP ovvero del Giudice per le indagini preliminari) e che è destinata alla verifica preliminare della fondatezza dell’accusa.

Si tratta di un’udienza che:

a) si svolge in camera di consiglio ovvero senza la presenza del pubblico (solitamente nella stanza del GUP) alla quale partecipano il difensore dell’imputato, il Pubblico Ministero ed il cancelliere del Giudice, mentre la persona offesa e l’imputato (personalmente) hanno la facoltà ma non il dovere di presenziare;

b) rappresenta una garanzia per l’imputato poiché principalmente volta alla verifica da parte del G.U.P. dell’accoglibilità o meno della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Pubblico Ministero (tale richiesta è quella avanzata dal PM affinché sia celebrato il processo a carico dell’indagato che con la predetta richiesta diviene imputato);

c) serve perché il G.U.P., esaminato il fascicolo delle indagini preliminari ed ascoltate le ragioni della difesa e dell’accusa (che interverranno oralmente in udienza), si pronuncerà circa la fondatezza dell’imputazione ovvero non già circa la colpevolezza o meno dell’incolpato;

d) è sede della cd. full discovery (la piena esibizione) delle fonti di prova raccolte dalla P.G. (polizia giudiziaria) e dal Pubblico Ministero e poste a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio, notificata all’imputato ed al suo difensore unitamente alla data di fissazione dell’udienza preliminare.

 

2. Disciplina codicistica.

La normativa di riferimento è sancita agli artt. 416-433 c.p.p..

La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal Pubblico Ministero nella cancelleria del giudice ed è nulla se non è preceduta dall’avviso previsto dall’art. 415-bis c.p.p., nonché dall’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3 c.p.p., qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all’art. 415-bis, comma 3 c.p.p.. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato , la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove. Qualora si proceda per il reato di cui all’art. 589, comma 2 c.p.p., la richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. La richiesta di rinvio a giudizio contiene: a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione;
b) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; c) l’indicazione delle fonti di prova acquisite; d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio; e) la data e la sottoscrizione.

Entro cinque giorni dal deposito della richiesta, il giudice fissa con decreto il giorno, l’ora e il luogo dell’udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell’art. 97 c.p.p. quando l’imputato è privo di difensore di fiducia. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell’udienza non può intercorrere un termine superiore a trenta giorni.

Il giudice fa notificare all’imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l’identità e il domicilio, l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia. L’avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell’imputato con l’avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell’art. 416 comma 2 c.p.p. e di presentare memorie e produrre documenti. L’avviso contiene inoltre l’invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell’udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. L’imputato può rinunciare all’udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell’udienza. L’atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura. Nel caso previsto dal comma 5 dell’art. 419 c.p.p., il giudice emette decreto di giudizio immediato. Le disposizioni dei commi 1 e 4 dell’art. 419 c.p.p. sono previste a pena di nullità. L’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità. Se il difensore dell’imputato non è presente il giudice provvede a norma dell’art. 97, comma 4 c.p.p.. Il verbale dell’udienza preliminare è redatto di regola in forma riassuntiva a norma dell’art. 140, comma 2 c.p.p.; il giudice, su richiesta di parte, dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva ovvero la redazione del verbale con la stenotipia.
Se l’imputato, libero o detenuto, non compare all’udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli art. 420, comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2 c.p.p., il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia. L’imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal suo difensore. Se l’imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell’art. 424, il giudice revoca l’ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. L’ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l’assenza dell’imputato è dovuta a mancata conoscenza dell’avviso a norma dell’art. 420-bis c.p.p. ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento. Se la prova dell’assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell’ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell’art. 424 c.p.p., il giudice revoca l’ordinanza medesima e, se l’imputato non è comparso, rinvia anche d’ufficio l’udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l’imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l’assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell’art. 424 c.p.p.. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell’art. 18, comma 1, lett. c) e d) c.p.p.. L’ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l’imputato è contumace o assente.

Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice dichiara aperta la discussione. Il Pubblico Ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli art. 64 e 65 c.p.p.. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli art. 498 e 499 c.p.p.. Prendono poi la parola, nell’ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato che espongono le loro difese. Il Pubblico Ministero e i difensori possono replicare una sola volta. Il Pubblico Ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell’art. 416, comma 2 c.p.p. nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della discussione. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione.

Quando non provvede a norma del comma 4 dell’art. 421 c.p.p., il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d’appello. Il procuratore generale presso la corte d’appello può disporre con decreto motivato l’avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1.
Quando non provvede a norma del comma 4 dell’art. 421 c.p.p., ovvero a norma dell’art. 421-bis c.p.p., il giudice può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all’assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell’art. 210 c.p.p. di cui siano stati ammessi l’audizione o l’interrogatorio. L’audizione e l’interrogatorio delle persone sono condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell’ordine previsto dall’art. 421, comma 2 c.p.p.. Successivamente, il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni. In ogni caso l’imputato può chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli artt. 64 e 65 c.p.p.. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli artt. 498 e 499 c.p.p..

Se nel corso dell’udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell’imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell’art. 12 comma 1 lettera b) c.p.p., o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente. Se l’imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione. Se risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell’imputato.
Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione, il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia.
Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.

La sentenza contiene: a) l’intestazione «in nome del popolo italiano» e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata; b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private; c) l’imputazione;
d) l’esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata; e) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati; f) la data e la sottoscrizione del giudice. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione. Oltre che nel caso previsto dall’art. 125 comma 3 c.p.p., la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.

Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione: a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale; b) l’imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall’art. 419, comma 7 c.p.p.. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p.. Sull’impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall’art. 127 c.p.p..

Il decreto che dispone il giudizio contiene: a) le generalità dell’imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l’indicazione dei difensori; b) l’indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata; c) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge; d) l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono; e) il dispositivo, con l’indicazione del giudice competente per il giudizio; f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia; g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste. Il decreto è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti dell’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge e dell’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni. Qualora si proceda per il reato di cui all’art. 589, comma 2 c.p., il termine di cui al comma 3 dell’art. 429 c.p.p. non può essere superiore a sessanta giorni.

Successivamente all’emissione del decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine, fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore di questo. La documentazione relativa all’attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del Pubblico Ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia.

E’ vietato al Pubblico Ministero, alla Polizia Giudiziaria e al difensore assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell’art 507 c.p.p. o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell’art. 422, comma 2 c.p.p., ovvero nella lista prevista dall’art. 468 c.p.p. e presentata dalle altre parti processuali. Le informazioni assunte in violazione del divieto sono inutilizzabili. Il divieto di cui al comma 1 dell’art. 430 c.p.p. cessa dopo l’assunzione della testimonianza e nei casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo.

Immediatamente dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti: a) gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore; d) i documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità; e) i verbali degli atti assunti nell’incidente probatorio;
f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana; g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell’articolo 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove. Le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva.

Il decreto che dispone il giudizio è trasmesso senza ritardo, con il fascicolo del dibattimento e con l’eventuale provvedimento che abbia disposto misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.

Gli atti diversi da quelli previsti dall’art. 431 c.p.p. sono trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti all’udienza preliminare unitamente al verbale dell’udienza. I difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, degli atti raccolti nel fascicolo formato a norma del comma 1. Nel fascicolo del pubblico ministero ed in quello del difensore è altresì inserita la documentazione dell’attività prevista dall’articolo 430 quando di essa le parti si sono servite per la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e quest’ultimo le ha accolte.

L’udienza preliminare non è prevista: a) per i reati di competenza del Giudice di pace; b) per la maggior parte – ma non per tutti – i reati di competenza del Tribunale monocratico (ovvero composto da un solo Giudice); c) in caso di Giudizio immediato.

 

3. I rapporti tra l’udienza preliminare e i riti alternativi.

L’udienza preliminare è anche la sede per celebrare il processo (quando lo stesso prevede, appunto, la celebrazione di tale udienza) con i riti alternativi del cd patteggiamento e del Giudizio abbreviato.

Invero, qualora il reato per cui si procede preveda la celebrazione dell’udienza preliminare per il vaglio da parte del G.U.P. e l’imputato intenda avvalersi dei riti alternativi di cui sopra; ebbene, potrà farlo (presentando formale istanza) solo all’udienza preliminare (proprio nel corso dell’udienza) poiché decadrà dal diritto/ facoltà di chiedere i due riti alternativi una volta celebratasi l’udienza. L’imputato, in buona sostanza, rinuncerà all’udienza preliminare ed il G.U.P. deciderà il giudizio abbreviato oppure sancirà l’accordo delle parti espresso nel patteggiamento.

Il giudizio immediato e il giudizio direttissimo sono due riti speciali che omettono l’udienza preliminare. Viene meno il controllo giurisdizionale in contraddittorio sulla richiesta di rinvio a giudizio; c’è richiesta di giudizio immediato o presentazione dell’imputato direttamente in dibattimento (questo nel giudizio direttissimo). In questi due procedimenti si toglie all’imputato la garanzia del controllo giurisdizionale sulla richiesta di rinvio a giudizio; per questo motivo vengono definiti due riti ispirati ad una logica inquisitoria. Nel giudizio immediato sono presenti due istituti, a seconda che la richiesta provenga dall’imputato o dal Pubblico Ministero. Quando il giudizio immediato è su richiesta dell’imputato, è un diritto rinunciabile; si tratta cioè della rinuncia dell’imputato all’udienza preliminare. L’art. 419, comma 5 c.p.p. prevede che l’imputato può rinunciare all’udienza e chiedere il giudizio immediato. Qui l’imputato, che ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini e la notifica dell’udienza preliminare; con richiesta presentata almeno tre giorni prima dell’udienza, può decidere di andare direttamente al dibattimento. È in questo caso una dichiarazione insindacabile. Questa scelta comporta la rinuncia di poter definire il processo con i riti semplificati che si collocano nell’udienza preliminare, cioè il giudizio abbreviato e il patteggiamento. Il giudizio immediato ha un’applicazione estremamente ridotta, perché si abbreviano i tempi del processo ma non è previsto alcun premio come invece avviene nell’abbreviato o nel patteggiamento; si rinuncia all’udienza in cambio di nulla, per cui i motivi per cui l’imputato lo potrebbe richiedere è che è sicuro della propria innocenza e la sentenza qui è definitiva dal punto di vista del giudicato, mentre la sentenza di non luogo a procedere può essere revocata se emergono successivi elementi. Di fronte all’opinione pubblica poi, essere stato rinviato a giudizio appare pregiudizievole, quindi con il giudizio immediato si vuole evitare questa pronuncia e si preferisce scegliere di andare subito al dibattimento per dimostrare la propria innocenza e questo fatto ha un impatto migliore sull’opinione pubblica. Ad ogni modo c’è da dire che se anche il giudizio immediato toglie un passaggio, tuttavia nella prassi i tempi non si abbreviano di molto, perché anche qui il giudice per le indagini deve chiedere a quello per il dibattimento la data disponibile per l’udienza dibattimentale. Un sistema del genere è ispirato al principio accusatorio, perché è l’imputato a decidere se chiedere o meno il giudizio immediato.
Quando invece il giudizio immediato è su richiesta del PM, anche in questo caso non si fa l’udienza preliminare ma per motivi del tutto diversi: l’iniziativa parte dal PM, l’imputato non partecipa in alcun modo alla decisione perché il GIP decide sulla richiesta fatta dal PM senza sentire l’imputato; poi qui non si prevede che la richiesta debba essere fatta dopo l’avviso di conclusione delle indagini e quindi l’imputato non conosce tutti gli atti compiuti dal PM. Viene a conoscenza a cose fatte, quando riceve la notifica del decreto del giudice che ha disposto il giudizio immediato.
I presupposti di questo giudizio sono stati modificati dal decreto sicurezza n. 92/2008. Prima il PM poteva procedere in ogni caso a giudizio immediato e quindi aveva una sua discrezionalità; oggi invece il PM deve procedere a giudizio immediato salvo che ciò non pregiudichi le indagini. I presupposti per farlo sono che: a) la prova appaia evidente; b) ci sia stato l’interrogatorio dell’indagato o l’invito a presentarsi e questo non si sia presentato. Dall’iscrizione della notizia del reato nel registro non devono essere trascorsi più di 90 giorni. Sono state poste alcune questioni su questi presupposti: il secondo è di facile verifica, perché si deve vedere se dagli atti risulta la prova dell’interrogatorio o dell’invito; anche il termine dei 90 giorni è agevole da controllare e poi la giurisprudenza ha detto che il ritardo è irrilevante, perché il termine dei 90 giorni è fissato per il completamento delle indagini ma la richiesta può avvenire anche in un momento successivo; il primo requisito invece è più difficile da verificare in quanto l’evidenza è un qualcosa di soggettivo e da alcuni è ricollegata alla prognosi di condanna, mentre la giurisprudenza dice che la prova deve essere tale da rendere superfluo un confronto in contraddittorio in udienza, in altre parole da rendere certo il rinvio a giudizio. Il decreto sicurezza 92/2008 prevede quindi che il rito non deve essere fatto se pregiudica le indagini; in realtà alla fine si lascia libertà al PM perché è proprio lui a stabilire se c’è o meno pregiudizio per le indagini ed anche la valutazione dell’evidenza o meno della prova è rimessa a lui, rimanendo la discrezionalità. Il decreto sicurezza ha introdotto anche una seconda ipotesi di giudizio immediato: per l’art. 453, comma 1-bis c.p.p., deve avvenire entro 180 giorni per il reato in relazione al quale l’indagato sia sottoposto a custodia cautelare, salvo che anche qui non ci sia pregiudizio per le indagini. Occorre quindi che vi sia una misura cautelare e che non sia fatto riesame, o se fatto, venga confermata la misura. Se poi si annulla la misura durante la decisione del giudice, questo deve annullare anche la richiesta di giudizio immediato. I 180 giorni si computano dall’esecuzione della misura cautelare.
Quindi in conclusione il decreto sicurezza ha potenziato il giudizio immediato rendendolo obbligatorio, quando non ci sia pregiudizio per le indagini, e aumentando le ipotesi di poterlo fare. Il giudizio direttissimo: è quello più diffuso. I presupposti sono: a) se c’è un arresto in flagranza convalidato; b) se c’è una confessione dell’imputato. Anche su questo giudizio è intervenuto il decreto sicurezza (art. 449 c.p.p.), per cui si prevede un’ipotesi obbligatoria per il PM, salvo nel caso in cui l’arrestato in flagranza è messo a disposizione del PM, che può decidere di convalidare prima la richiesta sull’arresto e poi disporre giudizio direttissimo, oppure andare subito al dibattimento. Oggi se c’è arresto in flagranza convalidato, il PM procede a giudizio direttissimo salvo che non si pregiudichino le indagini, presentando entro 30 giorni l’imputato in udienza. Quindi il giudice non solo deve aver convalidato l’arresto, ma anche applicato una misura cautelare. Nel caso di confessione il giudizio direttissimo va fatto entro 30 giorni dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Anche in questo giudizio l’imputato si trova provato dell’udienza senza avervi rinunciato. Un ulteriore garanzia che viene meno è quella dell’avviso di conclusione delle indagini, ma anche del contraddittorio nella formazione dei fascicoli. Anche qui c’è possibilità di chiedere il rito alternativo del giudizio abbreviato o del patteggiamento.

Perrotta Giulio

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