Attenta analisi da parte del Consiglio di Stato_decisione numero 810 del 16 febbraio 2012_sullo scopo e sull’applicabilità dell’articolo 48 del codice dei contratti:legittima escussione della cauzione provvisoria
L’art. 48, comma 1, è preordinato ad assicurare il regolare e rapido espletamento della procedura di gara e la tempestiva liquidazione dei danni prodotti dalla alterazione della stessa a causa della mancanza dei requisiti da parte dell’offerente, di modo che esso risulta strumentale rispetto all’esigenza di garantire imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
La disposizione citata richiede, dunque, che le imprese sorteggiate (e, in diverso momento, l’aggiudicatario e il concorrente secondo classificato) “comprovino” entro dieci giorni dalla data della richiesta (termine che la giurisprudenza ritiene perentorio, salvo il caso di oggettivo impedimento alla produzione della documentazione non in disponibilità: Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2010 n. 8739; sez. VI, 15 dicembre 2009 n. 3804) il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito
La sanzione conseguente alla mancata produzione della prova sul possesso dei requisiti ovvero ad una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è l’esclusione dalla gara, con conseguente incameramento della cauzione provvisoria e segnalazione all’Autorità garante per i provvedimenti di sua competenza.
Ciò significa che l’esclusione dalla gara interviene:
– sia in ipotesi di mancata produzione di prove atte a confermare la sussistenza dei requisiti;
– sia in ipotesi di mancata produzione di prove entro il termine perentoriamente previsto, salvo oggettiva impossibilità, il cui onere della prova grava sull’impresa;
– sia in ipotesi di produzione di documentazione che “non confermi” (nel senso che neghi o che non sia sufficiente a confermare) le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta.
In definitiva, il legislatore intende sanzionare, all’esito negativo della procedura ex art. 48, il “comportamento sleale” dell’impresa, che si tipizza o per non avere fornito le prove richieste in ordine a quanto dichiarato, ovvero per avere “azzardato” dichiarazioni non corrispondenti al dato reale.
Ciò comporta che non rileva che la clausola originariamente prevista dal bando o dalla lettera di invito preveda il possesso di un determinato requisito ovvero la produzione di una certa dichiarazione “a pena di esclusione”, perché possa poi farsi luogo, all’esito negativo della procedura ex art. 48, all’esclusione ivi disposta.
Se ciò che il legislatore intende sanzionare è il comportamento sleale dell’impresa in ordine alla conferma del contenuto di quanto da essa presentato in sede di gara, è evidente che ciò che è oggetto di sanzione è un comportamento successivo e diverso rispetto al mero rispetto della clausola la cui violazione è prevista a pena di esclusione.
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