La non spettanza del risarcimento del danno, quanto all’interesse ‘positivo’, risulta la diretta conseguenza di fatti oggettivi riferibili alla sfera giudica della ricorrente.
L’amministrazione, come già sottolineato, non ha proceduto alla rinnovazione della gara per la sua “inaffidabilità”. Se dunque è legittima la mancata tutela in forma specifica non è dovuta, nella specie, neanche la tutela risarcitoria per equivalente.
Nella fattispecie in esame, come correttamente messo in rilievo dal giudice di primo grado, l’interessata non ha fornito specifici elementi tali da far rilevare un danno maggiore della somma di euro 4.000,00 che l’amministrazione aveva proposto di offrire e che poi è stata riconosciuta la sola dovuta con la sentenza impugnata.
La perizia di parte, prodotta agli atti, non ha, infatti, offerto elementi probatori a dimostrazione della sussistenza del pregiudizio che il ricorrente lamenta di avere subito.
Passaggio tratto dalla decisione numero 1017 del 23 febbraio 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
3.3.– Con un terzo e quarto motivo, si censura la sentenza per «difetto di istruttoria in punto di punto di quantificazione dell’interesse negativo», nonché per non avere preso in esame il contenuto della perizia di parte che ha quantificato il danno precontrattuale nella misura di euro 3.300.000,00.
Il motivo, così sintetizzato, non è fondato
Il giudice di primo grado, in sede di cognizione – pur non rilevando, invero, la sussistenza di uno degli elementi costitutivi dell’illecito e cioè la condotta colposa dell’amministrazione – aveva, come già sottolineato, demandato all’accordo delle parti di definire il risarcimento dei danni spettanti al ricorrente.
Il citato art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, applicabile ratione temporis, prevede che se le parti non giungono ad un accordo può essere proposto il ricorso di ottemperanza ai fini della determinazione della somma dovuta.
In tali casi, qualora l’accordo non si raggiunga, il giudice dell’ottemperanza ha il potere di definire, con giurisdizione estesa al merito, la somma dovuta.
In questa sede, per stabilire l’entità del pregiudizio concretamente subito si deve avere riguardo agli elementi prodotti dalle parti in giudizio.
Nella fattispecie in esame, come correttamente messo in rilievo dal giudice di primo grado, l’interessata non ha fornito specifici elementi tali da far rilevare un danno maggiore della somma di euro 4.000,00 che l’amministrazione aveva proposto di offrire e che poi è stata riconosciuta la sola dovuta con la sentenza impugnata.
La perizia di parte, prodotta agli atti, non ha, infatti, offerto elementi probatori a dimostrazione della sussistenza del pregiudizio che il ricorrente lamenta di avere subito.
In tale perizia, infatti, si svolgono argomentazioni teoriche sui presupposti giuridici che giustificano, ex artt. 1137 e 1338 cod. civ., la richiesta di risarcimento del danno, che in quanto tali non possano avere alcuna rilevanza ai fini della concreta quantificazione. Allo stesso modo non sono rilevanti le parti del documento in cui si deduce che il danno sarebbe conseguenza della mancata partecipazione alle procedure di gara indette dal Coni nel periodo successivo alla esclusione. Ancora una volta si tratta di argomentazioni astratte non ancorate a dati concreti in grado di provare che effettivamente il coinvolgimento della ricorrente nella “trattativa” poi non andata a buon fine le abbia impedito la partecipazione ad altre procedure di cui avrebbe potuto essere aggiudicataria.
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