Massima |
L’art. 13 comma 7 della legge 257/1992 parla di “provata e documentata esposizione all’amianto”, pertanto non può essere ravvisata una responsabilità in capo all’istituto previdenziale, per il tardivo rilascio della certificazione, se non gli viene fornita documentazione sufficiente. Ciò anche con riferimento all’art. 1175 c.c. “obbligo di correttezza incombente sul creditore”. |
1. Premessa
L’art. 13, comma 7 della legge 27 marzo 1992, n. 257 esplicita che: “Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all’amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5”, mentre il comma 8 della sopra citata legge precisa che: “Per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’ assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’ esposizione all’amianto gestita dall’ INAIL e’ moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche per il coefficiente di 1,5.”
2. Ente preposto all’accertamento dei requisiti necessari all’ottenimento dei benefici pensionistici per esposizione all’amianto. Responsabilità, per tardivo rilascio della certificazione
La fattispecie in questione nasceva dalla richiesta del P.M di convenire in giudizio di fronte al Trib. di Rieti, INPS ed INAIL quali responsabili del ritardo nella concessione dei benefici pensionistici di cui all’art. 13 della legge 257/1992.
Il Trib. di Rieti condannava l’Inail, colpevole del mancato tempestivo rilascio del certificato di esposizione all’amianto. Escludeva invece la responsabilità dell’ INPS.
L’INAIL ed il P.M proponevano appello che poi veniva riunito di fronte la Corte di Appello di Roma, la quale lo rigettava.
La Corte dichiarava: “La Corte territoriale rilevava la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’INAIL in quanto, già in base alla domanda del 12.3.1997, l’INAIL era in possesso di tutti gli elementi, compreso il curriculum lavorativo prodotti dal P., per riconoscere, attivandosi per i dovuti accertamenti.”
L’INAIL ricorreva in cassazione, la quale cassava la sentenza impugnata.
Nella controversia sopra citata non si metteva in discussione la concessione dei benefici previdenziali di cui all’art. 13 della legge 257/1992, in realtà si richiedeva il risarcimento del danno derivante dal presunto ritardo nel rilascio della certificazione.
Sul punto dei requisiti per la concessione dei benefici.(cfr.: Cass. civ. 9704/2012; Cass. civ. 9194/2012). Inoltre sotto il profilo dei requisiti necessari all’ottenimento dei benefici, nel tempo giurisprudenza è stata concorde nel ritenere necessaria una esposizione “qualificata” al rischio (Cass. civ. n. 10114/2002; Cass. civ. n. 21862/2004) ciò è stato successivamente fatto proprio anche dal legislatore con la legge 269/2003.
Ciò posto, la problematica in questione sembrerebbe focalizzarsi nella “colpa grave” dell’ Inail e nel conseguente tardivo rilascio dell’attestazione sull’accesso ai benefici pensionistici.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con decreto 27 ottobre 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 17 dicembre 2004 ha individuato chiaramente all’art. 3 la procedura per la richiesta dei benefici derivanti da esposizione all’amianto:
“1. La sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto sono accertate e certificate dall’INAIL.
2. La domanda di certificazione dell’esposizione all’amianto, predisposta secondo lo schema di cui all’allegato 1, deve essere presentata alla sede INAIL entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, a pena di decadenza dal diritto ai benefici pensionistici di cui all’art. 2, comma 1. Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla sede INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata.
I lavoratori di cui all’art. 1, comma 1, che hanno già presentato domanda di certificazione dell’esposizione all’amianto alla data del 2 ottobre 2003 devono ripresentare la domanda.
3. L’avvio del procedimento di accertamento dell’INAIL è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo, predisposto secondo lo schema di cui all’allegato 2, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l’adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative di cui al medesimo art. 2, comma 2, comportanti l’esposizione all’amianto.
4. Le controversie relative al rilascio ed al contenuto dei curricula sono di competenza delle direzioni provinciali del lavoro.
5. Nel caso di aziende cessate o fallite, qualora il datore di lavoro risulti irreperibile, il curriculum lavorativo di cui al comma 3 è rilasciato dalla direzione provinciale del lavoro, previe apposite indagini.
6. Ai fini dell’accertamento dell’esposizione all’amianto, il datore di lavoro è tenuto a fornire all’INAIL tutte le notizie e i documenti ritenuti utili dall’Istituto stesso. Nel corso dell’accertamento, l’INAIL esegue i sopralluoghi ed effettua gli incontri tecnici che ritiene necessari per l’acquisizione di elementi di valutazione, ivi compresi quelli con i rappresentanti dell’azienda e con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’azienda stessa.
7. Per lo svolgimento dei suoi compiti, l’INAIL si avvale dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonchè di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio sull’esposizione all’amianto fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza.
8. La certificazione della sussistenza e della durata dell’esposizione all’amianto deve essere rilasciata dall’INAIL entro un anno dalla conclusione dell’accertamento tecnico.
9. Per i lavoratori di cui all’art. 1, comma 2, continuano a trovare applicazione le procedure di riconoscimento dell’esposizione all’amianto seguite in attuazione della previgente disciplina, fermo restando, per coloro i quali non abbiano già provveduto, l’obbligo di presentazione della domanda di cui al comma 2 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
10. Il lavoratore in possesso della certificazione rilasciata dall’INAIL presenta domanda di pensione all’ente previdenziale di appartenenza che provvede a liquidare il trattamento pensionistico con i benefici di cui al presente decreto”
Per quanto detto sopra, vero è che grava sull’Inail, così come stabilito anche dall’art. 13, comma 8 della legge 257 del 1992, dall’art. 18, comma 8 della legge 31 luglio 2002 e successivamente dall’art. 3 del Decreto Ministeriale 27 ottobre 2004, l’accertamento previa domanda corredata dal curriculum lavorativo rilasciato al lavoratore dal datore di lavoro:
· del periodo di esposizione all’amianto
· delle mansioni effettivamente svolte
· del successivo rilascio della certificazione.
Bensì la Cass. con sent. n. 4913/2001 ha chiarito che “è necessario accertare, nel rispetto di ripartizione dell’onere probatorio ex art. 2967 c.c. se colui che ha fatto richiesta del beneficio in esame abbia provato sia la specifica lavorazione pratica, sia l’ambiente dove ha svolto per più di dieci anni detta lavorazione.” Sulla mancanza di prova da parte del lavoratore (cfr.; Cassazione civile, Sez. Lav., 26 marzo 2012, n. 4867).
Nel caso di specie tale prova non era sufficiente, in quanto “La domanda del P. del 1997 era priva di documentazione idonea all’accoglimento della domanda e solo la successiva domanda di riesame è stata corredata da elementi concreti concernenti l’esposizione subita.” Inoltre non era competenza dell’Inail acquisire d’ufficio documenti decisivi non prodotti dal lavoratore.
Per di più l’art. 1175 del c.c. “principio di correttezza incombente sul creditore”, avrebbe dovuto indurre lo stesso lavoratore “che ritenesse di dover essere soddisfatto con maggiore speditezza, a produrre egli stesso, salvi impedimenti non dedotti in questo processo, la prova degli elementi costitutivi del proprio diritto”
Pertanto nella fattispecie in questione, considerata l’incompletezza della documentazione prodotta, l’Inail non poteva essere considerata responsabile del tardivo rilascio della certificazione, in quanto priva degli elementi necessari.
3. Rassegna giurisprudenziale
Sulla “vexata quaestio” dell’ amianto alcuni casi interessanti:
“Nel merito, a fronte di elementi che inequivocabilmente determinano una esposizione alle fibre di amianto (certificata dall’Inail) di un pensionato collocato a riposo dopo l’entrata in vigore della legge, il collegio giudicante esprime parare negativo avverso il riconoscimento del beneficio richiesto perchè lo spirito della legge persegue l’unico obiettivo che è quello di “favorire l’esodo dal lavoro di soggetti esposti all’amianto in un periodo di ristrutturazione e di riorganizzazione delle imprese del settore” Corte dei conti, III^ sezione centrale, sentenza 4.1.2006, n. 4.
Più recente, Cass. civ., sez. lavoro, sentenza 15.04.2009, n. 8915, ritiene che: “Sono esclusi dal beneficio per esposizione all’amianto solo i titolari di pensione di invalidità con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge 257/92, i quali – prima di tale data – avessero sia compiuto l’età pensionabile, sia proposto domanda per trasformare la prestazione in godimento in pensione di vecchiaia ed avessero, sempre prima dell’operatività della legge 257/92, tutti i requisiti per godere della pensione di vecchiaia medesima.
Elisa Ventanni
Praticante avvocato di Perugia
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