La saga sull’utilizzabilità della “lista Falciani” ai fini penali e tributari si arricchisce di un nuovo capitolo, anche se in questo caso, pare essersi posta una pietra miliare.
La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza n. 38753/2012 ha avallato il giudizio emesso dal GIP di Como nell’ordinanza n. 39/2012 con la quale ha rilevato di non poter sanzionare in alcun modo i metodi illeciti che hanno permesso l’acquisizione della lista, fintanto che agli atti del processo non vi siano prove della lamentata illiceità.
In altre parole, giornali, commenti critici e quant’altro non sono sufficienti affinché un giudice possa dichiarare inutilizzabile la lista, perché non si tratta di prove di illiceità.
Il principio espresso appare del tutto ineccepibile: è una grande conquista di civiltà giuridica quella per cui il giudice decide soltanto sulla base di quelle che sono le prove agli atti del processo e non può il clamore legato alla lista Falciani giustificare alcuna violazione di tale fondamentale principio.
Tuttavia, molti dubbi nel caso di specie accompagnano la questione, essendo in essa coinvolti non soltanto soggetti stranieri ma addirittura autorità pubbliche straniere e fatti compiuti in territorio straniero.
Se, infatti, si ritiene onere di chi solleva l’eccezione di invalidità della lista la prova dell’illiceità della sua acquisizione, è facile notare le enormi difficoltà che accompagnano tale onere: come può l’imputato/contribuente soddisfare detto onere e dimostrare la fondatezza dell’eccezione se non ha alcun potere circa la ricerca e l’ottenimento della prova?
La risposta è difficile se non addirittura spinosa. Ma al momento la situazione pare proprio essere questa.
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