Massima |
Integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato. |
1. Questione
L’amministratore condominiale è stato ritenuto responsabile, con sentenza della Corte di Appello, che ha parzialmente riformato quella del tribunale, della falsificazione di dodici modelli F24, in cui risultava apposto il falso timbro di un istituto di credito, e di appropriazione indebita delle relative somme, costituenti i contributi da versare per il portiere dello.
Il ricorso proposto dall’amministratore si articola in tre motivi:
1. violazione dell’art. 124 cod. pen. per intempestività della querela;
2. vizio di motivazione con riferimento agli artt. 192 cod. proc. pen. e 646 cod. pen. in quanto il mancato versamento dei contributi per i dipendenti non integra interversione del possesso, trattandosi di somme di proprietà del datore di lavoro, ma inadempimento di natura civilistica;
3. vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di falso.
Contro la sentenza in appello è stato presentato ricorso in cassazione, che è stato dichiarato inammissibile.
2. Amministratore di condominio e contributi del portiere
La fattispecie in esame concerne la qualificazione della condotta dell’amministratore di condominio che riceve dai condomini le somme necessarie per il pagamento dei contributi previdenziali, trattandosi di importi non nella sua originaria disponibilità, ma consegnatigli dei condomini.
Non è decisivo il richiamo alla sentenza delle SS.UU. n 1327/05 che riguarda l’accantonamento di trattenute, non aventi natura contributiva previdenziale e assistenziale, da versare alle Casse Edili; deve, invece, ritenersi – per quanto riguarda le trattenute che devono essere periodicamente versate agli istituti previdenziali per il trattamento di fine rapporto del dipendente – commette il reato di appropriazione indebita l’amministratore del condominio che, avendo ricevuto dei condomini gli importi relativi al pagamento dei contributi previdenziali relativi al portiere dello stabile, ometta versarli all’istituto previdenziale. Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.
3. Giurisprudenza contrastante
La presente pronuncia ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale (Cass. pen. Sez. II, 11/11/2010, n. 41462; Cass. pen., Sez. II, 18/03/2009, n. 19911; Cass. pen. Sez. Unite, 27/10/2004, n. 1327) secondo il quale integra il reato di appropriazione indebita la condotta del datore di lavoro che omette di versare nel termine assegnato le somme di denaro trattenute a titolo di contributi previdenziali sui compensi spettanti al lavoratore.
Tale orientamento non trova riscontro in Cass. pen., Sez. II, 04/03/2010, n. 15115, la quale ritiene che la peculiarità del caso di specie è data dalla circostanza che il denaro oggetto della contestata appropriazione è rappresentato da una quota ideale del “patrimonio” del possessore, indistinta da tutti gli altri beni e rapporti che contribuiscono a costituirlo. Si è infatti in presenza del particolare atteggiarsi dell’obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore la retribuzione al netto di “ritenute” a vario titolo effettuate, con la conseguenza che le somme “trattenute” o “ritenute” rimangono sempre nella esclusiva disponibilità del “possessore”, perchè non solo non sono mai materialmente versate al lavoratore, ma soprattutto non potrebbero esserlo, avendo il dipendente soltanto il diritto di percepire la retribuzione al netto delle trattenute effettuate alla fonte dal datore di lavoro. Le “trattenute”, quindi, si risolvono a ben vedere in una operazione meramente contabile diretta a determinare l’importo effettivo della somma che il datore di lavoro è obbligato a versare al lavoratore, alle scadenze previste, a titolo di retribuzione. In casi del genere, non può quindi ritenersi la sussistenza del requisito della “altruità” del denaro o della cosa mobile, quale che sia il titolo della trattenuta alla fonte (su questi principi, cfr. Cass. Sez. U, n. 1327 del 2005, dove l’esplicito riferimento anche alle trattenute operate dal datore di lavoro in forza di accordi economici o di contratti collettivi). Ciò ha trovato riscontro in Cass. pen., Sez. Unite, 25/05/2011, n. 37954, la quale afferma che non integra il reato di appropriazione indebita, ma mero illecito civile, la condotta del datore di lavoro che, in caso di cessione di quota della retribuzione da parte del lavoratore, ometta di versarla al cessionario. In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che la regola dell’acquisizione per confusione del denaro e delle cose fungibili nel patrimonio di colui che le riceve non opera ai fini della nozione di altruità accolta nell’art. 646 c.p.. Non potrà, pertanto, ritenersi responsabile di appropriazione indebita colui che non adempia obbligazioni pecuniarie cui avrebbe dovuto far fronte con quote del proprio patrimonio non conferite e vincolate a tale scopo.
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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