Il sequestro conservativo nel procedimento penale in riferimento alla posizione processuale della parte civile: profili teorici e casi pratici

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Il sequestro conservativo è una misura cautelare reale volta a garantire che non vengano meno:

1.le “garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”[1];

2.le “garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato”[2].

Queste guarentigie, a loro volta, costuiscono crediti “privilegiati, rispetto a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi”[3].

La normativa di riferimento di tale istituto, inoltre, è composita “nel senso che è al tempo stesso cautelare e costitutiva di privilegio, fine del vincolo imposto con il sequestro del patrimonio dell’imputato è quello di evitare che durante l’accertamento processuale si verifichino eventi tali da pregiudicare l’effettività della decisione finale”[4] proprio perché si vuole evitare il pericolo “che durante la celebrazione del processo possano essere messe in atto condotte atte ad impedire la non soddisfazione di quei crediti connessi al reato, riconosciuti da un’eventuale sentenza di condanna”[5].

Inoltre, tale misura è altresì complessa perchè involge oltre la disciplina processualpenalistica anche il diritto civile (sia sostanziale che procedurale).

In effetti, il “sequestro conservativo è disciplinato (oltre che nel codice civile: artt. 2905 e 2906 c.c.) sia dal codice di procedura civile (artt. 671 e segg.), sia dal codice di procedura penale (artt. 316-320)”[6].

Tuttavia, tra “il sequestro conservativo disciplinato dal codice di procedura civile e quello disciplinato dal codice di procedura penale vi sono, peraltro, sensibili differenze, probabilmente dovute a “stratificazioni” di norme nel tempo”[7].

Esaminando la normativa processualpenalistica in riferimento alla sola posizione della parte civile, è evidente la sussistenza di tale co-essenza normativa posto che l’art. 317, co. III, c.p.p. prevede che il “sequestro è eseguito dall’ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per l’esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili” (fermo restando che “il precetto di cui all’art. 317 c.p.p., comma 3, secondo cui il provvedimento deve essere eseguito con le forme previste dal codice di procedura civile, attiene esclusivamente alle modalità esecutive e non certo a tutte le altre statuizioni del codice di procedura civile – come quella dell’art. 675 invocato dai ricorrenti – che abbiano finalità diverse e proprie del procedimento civile”)[8].

Tra queste disposizioni legislative civilistiche (sia sostanziali che procedurali), corre l’obbligo innanzitutto di richiamare in via meramente riassuntiva quelle più rilevanti ai fini del giudizio de quo e segnatamente:

1.l’art. 675 c.p.c. il quale prevede che il “provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia”;

2.l’art. 676 c.p.c. che, dal canto suo, statuisce che nel “disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti”;

3) l’art. 2906 c.c. il quale ha l’effetto di “di rendere inefficaci nei riguardi del solo creditore sequestrante – non nulli in sé – le alienazioni e gli altri atti aventi ad oggetto la cosa sequestrata”[9].

Posto ciò, è necessario rilevare in primo luogo che tale misura può essere richiesta in sede penale:

1) dal pubblico ministero (e, in tal caso, il sequestro “giova anche alla parte civile”[10]) nella misura in cui “il valore eventualmente ecceda quello dei crediti fatti valere dall’erario”[11] e sempreché la parte civile chieda “la misura cautelare conservativa per il soddisfacimento – subordinatamente a quello dell’erario dello Stato – delle proprie ragioni creditorie civili conseguenti al reato”[12];

2) direttamente “dalla parte civile”[13] che ha l’obbligo di “precisare a pena di inammissibilità se sia riferita solo ai beni mobili o ai crediti nonché se riguardi solo beni nella disponibilità dell’imputato o detenuti da terzi”[14].

A fronte di tale richiesta, è chiamato a decidere con ordinanza[15] il “giudice che procede”[16] il quale viene individuato in colui che, sebbene abbia già “proceduto”, abbia ancora materialmente a disposizione gli atti del fascicolo[17].

Contro questo provvedimento è proponibile riesame nelle forme previste dall’art. 324 c.p.p.[18] che non sospende tuttavia “l’esecuzione del provvedimento”[19] e non l’appello “non essendo tale ultimo mezzo di gravame normativamente previsto per detta misura cautelare reale”[20] così come non è esperibile “il ricorso diretto per cassazione avverso il decreto di adozione di sequestro conservativo, non essendo un tale mezzo previsto dalla legge”[21].

Peraltro, in caso di accoglimento, l’ “annullamento, disposto per motivi non personali, di un provvedimento di sequestro conservativo emesso nei confronti di un imputato non consegue l’annullamento di analogo provvedimento disposto nei confronti di coimputato che non abbia proposto richiesta di riesame”[22].

Del resto, v’è anche “la legittimazione della parte civile ad impugnare, con ricorso per cassazione, l’ordinanza del tribunale del riesame che ha revocato il sequestro conservativo, in quanto dal combinato disposto degli art. 325 comma 2 e 318 c.p.p. deriva la legittimazione a proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro conservativo o ricorso diretto per cassazione di chiunque vi abbia interesse”[23].

Tuttavia, attesa la natura meramente conservativa di questa misura, il codice di rito prevede che non si debba disporre il sequestro se “l’imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indicati nell’articolo 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al sequestro conservativo e stabilisce le modalità con cui la cauzione deve essere prestata”[24].

Per di più, tale misura deve essere revocata:

a. quando l’offerta di cauzione “è proposta con la richiesta di riesame” sempreché il giudice ritenga “la cauzione proporzionata al valore delle cose sequestrate”[25];

b. allorchè “l’imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea”[26].

Oltre a ciò, il sequestro de quo perde efficacia laddove “la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”[27].

Per contro, laddove tale misura ablativa venga confermata nell’intero iter processuale e questo procedimento sia definito con sentenza passata in giudicato[28], il sequestro in argomento viene convertito in pignoramento e, “l’esecuzione forzata sui beni sequestrati, ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile”[29].

Da un punto di vista processualcivilistico, inoltre, senza entrare eccessivamente nel dettaglio normativo di quella complessa e articolata disciplina legislativa, basta in questa sede delimitare, in linea massima, i principali punti nevralgici della esecuzione civile in riferimento al presente tema di indagine.

Ebbene, tale normativa prevede una serie di limitazioni ai beni pignorabili posto che, come noto, non possono essere soggetti a vincoli di sorta “i crediti alimentari”[30]; quelli “aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza”[31]; per giunta, in una sentenza emessa in sede di legittimità, è stato escluso che possa essere oggetto di sequestro preventivo “la polizza di assicurazione sulla vita e le somme dovute e corrisposte sulla base di essa”[32] mentre, al contrario, è stato stimato pignorabile “l’indennizzo dovuto da una società assicuratrice provata al lavoratore per infortunio sul lavoro”[33].

Tra l’altro, è prevista la possibilità che venga ridotto il pignoramento allorquando “il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti” pignorati[34] siccome “la valutazione di proporzionalità va operata tra il valore dei beni sequestrati e i crediti vantati dalla parte civile”[35] nel senso che occorre procedere ad un “rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore e presunto ammontare del credito da tutelare”[36].

Inoltre, la medesima Cassazione penale ha ravvisato la necessità che venga garantito la corrispondenza dei beni pignorati all’effettiva obbligazione dovuta affermando che il “giudice che dispone il sequestro conservativo deve valutare che il vincolo sia mantenuto nei limiti in cui la legge lo consente e verificare la ragionevole proporzionalità fra crediti da garantire ed ammontare del debito, dovendo ritenersi applicabile anche nel procedimento penale l’art. 496 c.p.c., che consente al giudice, ove risulti l’esorbitanza dei beni originariamente stabiliti rispetto all’ammontare del credito, la riduzione del pignoramento”[37].

Difatti, secondo tale percorso ermeneutico, l’art. 316 c.p.p. “nel richiamare, a proposito dei beni possibili oggetto di sequestro, i limiti in cui la legge ne consente il pignoramento, deve essere inteso nel senso di un rinvio globale ai principi che informano la relativa disciplina e non solo ai divieti di cui agli artt. 514 e 516 c.p.c.”[38] lascia chiaramente intendere che le garanzie previste per il debitore esecutato in sede civile non possono differire da quelle di colui che è sottoposto ad un processo penale[39].

Orbene, tale costrutto argomentativo è sicuramente condivisibile siccome ragionevole e non discriminatorio anche perché, secondo quanto sostenuto dal Giudice delle leggi, i limiti della ragionevolezza non si reputano travalicati proprio nella misura in cui non state introdotte “differenze di trattamento in relazione all’origine, contrattuale o aquiliana, dei crediti per cui si procede a pignoramento o a sequestro”[40].

In riferimento alle problematiche sottese all’applicazione dell’istituto in esame, la Cassazione, per quanto riguarda i requisiti applicativi, ha affermato innanzitutto che, per quanto concerne il c.d. periculum in mora, esso ricorre “quando esiste una fondata ragione che lasci desumere la mancanza o la dispersione delle garanzie del credito”[41] la quale, a sua volta, viene ravvisata qualora ricorrano le seguenti circostanze:

a.“l’entità del credito e la natura del bene oggetto del sequestro”[42];

b.“la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo”[43];

c.“la situazione attuale di mancanza delle garanzie delle obbligazioni nascenti da reato, in ragione dell’insufficienza o inadeguatezza dei beni ricadenti nel patrimonio dell’imputato in rapporto all’entità delle pretese restitutorie e/o risarcitorie delle parti civili”[44].

Ciò nonostante, v’è un altro indirizzo interpretativo secondo il quale, invece, per integrare tale requisito, è sufficiente la sola “condizione di inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare delle pretese creditorie, indipendentemente da un depauperamento ascrivibile all’imputato”[45].

Ad ogni modo, al di là di quale delle due opzioni interpretative si voglia reputare preferibile, per la Cassazione, è sufficiente che si proceda ad un “giudizio prognostico che faccia fondatamente ritenere che le garanzie (presenti al momento della decisione sul sequestro) possano, in futuro, venire a mancare o essere disperse con ciò la legge riferendosi sia ad eventi indipendenti dalla volontà e, quindi, dal comportamento del debitore (garanzie che “manchino”) sia a comportamenti addebitabili più strettamente al debitore (garanzie che “si disperdano”), atteso che il legislatore ha voluto coprire tutta la possibile gamma delle ipotesi che, in astratto, potrebbero portare alla perdita delle garanzie, avendo avuto l’obiettivo primario di garantire e proteggere comunque il credito (dell’erario e/o dei privati)”[46].

Dal canto suo, il “negativo giudizio prognostico va effettuato sulla base di elementi fattuali che spetta al giudice di merito indicare e che possono essere individuati, a titolo di esempio, nell’entità del credito, nella natura del bene, nella composizione del patrimonio del debitore o nel comportamento (processuale o extraprocessuale) da questi tenuto”[47].

Il legislatore, infatti, con la norma de qua, “ha voluto coprire tutta la possibile gamma delle ipotesi che, in astratto, potrebbero portare alla perdita delle garanzie, avendo avuto l’obiettivo primario di garantire e proteggere comunque il credito (dell’erario e/o dei privati)”[48], viste le finalità proprie di questo istituto che sono essenzialmente “di natura patrimoniale e civilistica”[49].

Quindi, in “entrambi i casi, l’accertamento deve vertere su un confronto tra l’entità del patrimonio del debitore o del responsabile civile – iniziale ovvero a seguito della sua possibile erosione – e l’insieme delle ragioni creditorie gravanti sul medesimo”[50].

Di talchè ne consegue, a detta dei Giudici di legittimità, che l’esistenza di tale esigenza cautelare può essere ravvisata “a) in relazione all’inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare dei crediti da reato e alla conseguente necessità di costituire un privilegio a favore dei creditori privati; a1) in relazione, in alternativa, all’insufficienza di quel medesimo patrimonio nei riguardi di una più vasta massa di creditori e alla necessità perciò di costituire un privilegio a favore dei crediti da reato; ovvero b) quando sorga un rischio di diminuzione-dispersione delle garanzie patrimoniali, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri indicati sub a) e sub a1), l’esigenza di un vincolo reale idoneo ad assicurarne la conservazione”[51].

Dunque, da tali criteri ermeneutici, gli Ermellini hanno escluso l’insorgere di detto periculum:

a) nel caso in cui venga “fatto riferimento a comportamenti fraudolenti del ricorrente che si dicono indicati nel decreto che dispone il giudizio, senza ulteriore specificazione e valutazione critica e senza, per di più, tenere conto che gli elementi per il rinvio a giudizio attengono in linea di principio alla fattispecie di reato in contestazione e non, necessariamente, al comportamento che l’indagato-imputato posa avere tenuto dopo la consumazione del reato, relativamente al proprio patrimonio”[52];

b) quando il periculum di insolvenza venga correlato esclusivamente alla modesta fonte reddituale dell’imputato[53];

c) se il rischio di dispersione delle garanzie venga “connesso alla natura del bene oggetto del sequestro – titoli e libretto di risparmio – senza fare alcun cenno alla situazione patrimoniale dell’imputato ed al suo comportamento in concreto assunto”[54];

d) se tale giudizio prognostico venga formulato solo sulla sola previsione che l’imputato una volta condannato perderà lo stipendio posto che si può “avere riguardo anche al trattamento di fine rapporto, assoggettabile a pignoramento al pari dello stipendio”[55].

Invece, per quanto attiene l’altro requisito ossia quello consistente nel c.d. fumus bonis iuris, la Suprema Corte ha stabilito che il suo accertamento giudiziale “va operato in concreto, avendo riguardo non alla sola pendenza del procedimento penale e alla sussistenza della imputazione, quindi all’astratta configurabilità del diritto di credito del richiedente, ma anche a tutti gli altri elementi già acquisiti, al momento della pronuncia della misura cautelare”[56] senza però “che occorra scendere all’apprezzamento sugli indizi di colpevolezza cui collegare la probabilità di pronuncia sfavorevole per l’imputato”[57] e “senza alcuna possibilità di apprezzamento in ordine alla fondatezza dell’accusa ed alla probabilità di una pronuncia sfavorevole per l’imputato”[58].

Per di più, il sequestro conservativo è previsto solo nella fase del giudizio di merito (…) e non può essere disposto in quella delle indagini preliminari”[59].

D’altronde, il tempus procedurale entro cui può essere disposta la misura de qua, “non può considerarsi esaurito con la sola lettura del dispositivo della sentenza di appello, ma solo con il deposito della sentenza, formalità che conclude il processo di merito”[60] dato che l’art. 548 c.p.p. relativo al deposito della sentenza di primo grado, è “applicabile anche al giudizio di appello in forza della generale norma di rinvio di cui all’art. 598 c.p.p., pur essendo collocato tra gli “atti successivi alla deliberazione”, è pur sempre appartenente alla fase del giudizio, che pertanto non può dirsi concluso se non al momento del deposito della sentenza”[61].

Un altro profilo di criticità procedurale involge il tema inerente la posizione dei terzi.

Invero, a fronte di un risalente indirizzo interpretativo secondo cui il sequestro conservativo non può essere applicato con riguardo “a beni appartenenti a terzi, ancorché nei confronti di questi ultimi sia stata esercitata azione revocatoria fallimentare, non ancora definita”[62], atteso che “il sequestro conservativo può essere legittimamente disposto sul bene di un terzo solamente quando questi acquisti la veste di responsabile civile, in relazione ad un’obbligazione civile nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in sede penale nei confronti del detto responsabile, con citazione dello stesso nel processo penale”[63], ne è succeduto un altro secondo il quale, viceversa, “ai fini dell’appartenenza di beni mobili ed immobili all’imputato evocata dall’art. 316 c.p.p., non rileva la loro formale intestazione, ma la circostanza che l’imputato ne abbia la disponibilità “uti dominus”, indipendentemente dalla titolarità apparente del diritto in capo a terzi”[64] posto che:

1.“possono essere oggetto di sequestro conservativo, oltre che i beni di proprietà dell’imputato o del responsabile civile, anche i beni di proprietà di terzi, a condizione che emergano elementi da cui risulti la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione del contratto d’acquisto”[65];

2.il “sequestro conservativo può avere ad oggetto i beni intestati a terzi che ne hanno la titolarità in forza di un atto di donazione dell’imputato, attesa l’inopponibilità al creditore danneggiato dal reato degli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato”[66].

Al contrario, a nulla rileva la “mera deduzione dell’imputato di non essere proprietario dei beni sottoposti a sequestro conservativo, di cui abbia comunque la disponibilità”[67].

Del resto, la possibilità che possano essere colpite anche beni allocati presso la disponibilità di terzi si evince dal combinato disposto ex artt. “art. 317 c.p.p., comma 3, art. 520 c.p.c., comma 2, e art. 678 c.p.c., nella forma del pignoramento presso terzi disciplinato dal codice di procedura civile”[68].

Tuttavia, la condizione del terzo può rilevare in questa sede solo “quando costui acquisti la veste di responsabile civile, in relazione ad un’obbligazione civile nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in sede penale nei confronti del detto responsabile civile, con citazione dello stesso nel processo penale”[69] posto che l’art. 316 c.p.p. annovera tra i soggetti potenzialmente destinatari di questo sequestro solo l’imputato o il responsabile civile.

In effetti, a “norma dell’art. 316 primo e secondo comma C.P.P. perché sia consentito il sequestro conservativo come misura cautelare reale occorre che i beni oggetto del sequestro appartengano all’imputato o al responsabile civile”[70].

Del resto in perfetta consonanza con quanto statuito da questo dettato normativo, la Cassazione ha affermato che il “sequestro conservativo sulle somme depositate in un conto corrente bancario cointestato all’imputato e a persona estranea al reato non può riguardare l’intero ammontare del danaro depositato, dovendosi presumere la contitolarità tra gli intestatari del conto, salva la prova positiva dell’esclusiva titolarità delle somme all’imputato”[71].

Inoltre, è previsto comunque a favore del terzo, la possibilità di far accertare, “mediante incidente di esecuzione dinanzi al competente giudice penale, l’esistenza delle condizioni di permanente validità del diritto, costituite dall’anteriorità della trascrizione del relativo titolo rispetto al provvedimento ablatorio e dalla propria situazione soggettiva di buona fede, intesa come affidamento incolpevole e come mancanza di consapevole adesione ai successivi passaggi di proprietà del bene su cui è stata iscritta la garanzia ipotecaria”[72].

Sul punto, invero, al fine di evitare che si verifichi quanto appena esposto, è necessario, per un verso, che il sequestro conservativo sia eseguito “mediante la trascrizione del vincolo presso la conservatoria dei registri immobiliari”[73], per un altro verso, che “l’ordinanza che applica tale misura cautelare deve indicare in modo preciso e puntuale gli estremi dell’immobile da vincolare, pena la nullità della nota di iscrizione ai sensi del combinato disposto degli art. 2665, 2659 n. 4) e 2826 c.c.”[74].

Ebbene, non vi dovrebbero essere particolari profili ostativi affinchè il terzo possa proporre analogo incidente al fine di dimostrare di essere il legittimo proprietario dei beni sequestrati posto che, alla luce dell’obiter dictum citato nel decisum n. 301, sarebbe irragionevole concedere a costui la possibilità di esperire detto rimedio in quel caso e non in quello in commento.

In effetti, in entrambi in casi, si tratterebbe di verificare la sua buona fede soggettiva (in sostanza chi è proprietario di un bene ignaro della condotta delittuosa altrui).

Ciò del resto si evince, argomentando a contrario, anche alla luce di quella pronuncia di legittimità secondo la quale in “tema di sequestro conservativo delle somme dovute a titolo di retribuzione è ammissibile la richiesta di riesame motivata dalla insequestrabilità dei 4/5 delle somme dovute a tale titolo non potendosi ritenere che il limite posto all’efficacia del sequestro debba essere valutato esclusivamente in fase esecutiva”[75].

Viceversa, a fronte di tale assunto, milita la sentenza con la quale la Cassazione, in una decisione, ha stabilito che, invece, in “tema di riesame del sequestro conservativo, nel caso di contestazione della proprietà della cosa sequestrata, non compete al giudice alcuna facoltà in ordine alla prosecuzione del procedimento”[76] dato che, in quel caso, lo stesso “deve, ai sensi dell’art. 324 comma 8 c.p.p., mantenendo fermo il provvedimento cautelare reale, rimettere gli atti al giudice civile per la decisione della relativa controversia, ravvisandosi, nel caso di specie, una delle ipotesi di sospensione del procedimento penale”[77].

Venendo invece a trattare la peculiare ipotesi riguardante il fallimento dell’obbligato, la misura in esame “in quanto strumentale e prodromica ad una esecuzione individuale nei confronti del debitore ex delicto – deve farsi rientrare (…) nell’area di operatività del divieto di cui all’art. 51 L.F. (secondo cui “dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”) palesandosi una sostanziale identità funzionale con l’omologo sequestro civile, che dottrina e giurisprudenza ritengono pacificamente non esperibile in costanza di fallimento (vedi Cass. civ.: 26 febbraio 1992, n. 2346; 14 aprile 1988, n. 2960)”[78].

Di talchè, sulla scorta di tale principio ermeneutico, i Giudici di “Piazza Cavour” a Sezioni Unite hanno affermato da un lato, “l’inefficacia del sequestro di cui all’art. 316 c.p.p. qualora sia disposto in pendenza di fallimento, anche se il reato è stato commesso prima dell’apertura della procedura concorsuale”[79], dall’altro lato, “la caducazione della misura qualora il fallimento intervenga successivamente”[80] siccome non è giustificabile “il mantenimento di un sequestro conservativo in presenza dell’acquisizione fallimentare dei beni, che garantisce in modo eguale tutti i creditori, senza compromettere l’interesse di eventuali rivendicanti, che potranno far valere i loro diritti nei modi, nei tempi e nelle forme previste dal processo fallimentare”[81].

Laddove ricorrano tali condizioni, osserva la Corte, sarà quindi premura del curatore fallimentare “chiedere la revoca del sequestro conservativo, ottenuto nei confronti del fallito dalla parte civile costituita in un procedimento penale prima della dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal fatto che all’epoca del sequestro il fallito non versasse in stato di insolvenza e che il sequestro sia posto a garanzia di crediti privilegiati”[82].

Inoltre, per quanto concerne un altro settore specifico quale è quello inerente la responsabilità degli enti (così come prevista dal d.lgs. n. 231 del 2001), secondo la giurisprudenza di merito (o almeno parte di essa), l’art. 54 di questa normativa, richiama espressamente “la norma sul sequestro conservativo ma solo per consentire l’adozione della misura cautelare reale a garanzia del pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all’Erario, così volutamente escludendo il richiamo agli ulteriori commi dell’art. 316 c.p.p. che consentono l’adozione della misura reale anche a garanzia delle obbligazioni civili derivanti da reato”[83].

La giurisprudenza, peraltro, tornando a trattare il tema argomento in generale, ha escluso che non siano configurabili vizi procedurali, nelle seguenti ipotesi:

a. qualora l’importo del credito “non sia determinato ma sia determinabile con qualche approssimazione e su beni di cui manchi una stima puntuale, essendo sufficiente una valutazione complessiva, di natura sintetica, dei loro valori, in relazione al presumibile danno arrecato agli istanti”[84];

b. se nell’ordinanza dispositiva del sequestro, non venga indicata la “somma a garanzia della quale la misura risulta disposta[85];

c. nel caso in cui non venga rispettato il “termine perentorio di giorni trenta per l’esecuzione del sequestro conservativo di cui all’art. 675 cod. proc. civ.”[86];

d. allorchè “il processo sia definito con sentenza di patteggiamento (…) ove l’azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non venga tempestivamente riassunta in sede civile e quindi iniziata nei termini previsti dall’art. 669 octies c.p.c.”[87];

e. quando il sequestro conservativo venga disposto, su richiesta della parte civile, senza il parere del p.m. [88];

f. allorquando venga disposta tale misura cautelare, non venga prima fissata un’apposita udienza per la instaurazione del contraddittorio e dunque nessuna preventiva notifica del titolo che dispone la misura cautelare viene fatta al debitore[89];

g. se il giudice “accerti, anche “ex officio”, l’illegittimità del provvedimento”[90];

h. laddove il sequestro venga operato dalla p.g. ex art. 354 c.p.p. giacchè esso “è destinato “ex lege” a soddisfare unicamente esigenze di natura probatoria e non può costituire strumento da utilizzare per soddisfare esigenze di carattere preventivo o conservativo, giacché per le stesse sono approntati i diversi istituti regolati dagli art. 316 e 322 c.p.p.”[91].

Per contro, sono state ravvisate casi di nullità nelle seguenti situazioni:

1.quando non sia stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione della richiesta di riesame qualora la parte civile abbia chiesto e ottenuto l’emissione del provvedimento con cui è stato disposto il sequestro conservativo[92];

2.nel caso in cui venga emesso un “provvedimento con cui il giudice disponga il sequestro conservativo richiesto in via subordinata dal p.m. del quale sia accolta la richiesta principale di sequestro preventivo”[93] posto che, in tale caso, “il sequestro conservativo viene disposto in assenza della richiesta del p.m. espressamente prevista dall’art. 316 comma 3 c.p.p.”[94];

3.allorchè il sequestro conservativo venga “disposto sui beni di una società che non sia stata citata quale responsabile civile in relazione ad un’obbligazione civile nascente da reato, posto che il sequestro conservativo può essere legittimamente disposto sul bene di un terzo quando questi acquisti la veste di responsabile civile, in relazione ad un’obbligazione civile nascente da reato e sempre che sia stata proposta la relativa azione civile in sede penale nei confronti del detto responsabile, con citazione dello stesso nel processo”[95].

Infine, corre l’obbligo di richiamare quanto statuito dall’art. 609 quater, co. VI, c.p.c. il quale prevede che il“terzo comma dell’articolo 669-ter (il quale prevede a sua volta che se “Se la causa pende davanti al giudice di pace (1), la domanda si propone al tribunale) “si applica altresì nel caso in cui l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, salva l’applicazione del comma 2 dell’articolo 316 del codice di procedura penale” (il quale, come suesposto, stabilisce che se “vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’imputato o del responsabile civile”).

Sul punto la Cassazione penale partendo dal presupposto secondo il quale “l’esercizio dell’azione civile in sede penale non è consentito prima del momento di esercizio dell’azione penale”[96], è pervenuta alla conclusione secondo cui “la riserva di cui all’art. 669 quater, comma ultimo c.p.c., non può operare se non nel giudizio di cassazione, l’unica fase processuale in cui la cautela non può essere fatta valere davanti al giudice penale”[97].

Oltre al resto, sempre la nomofilattica penale, in virtù del principio di autonomia dei due procedimenti (penale e civile), ha altresì stabilito che il periculum in mora, ai fini dell’adozione del sequestro conservativo in sede penale, “non è escluso dalla circostanza che, in relazione ai beni oggetto della misura cautelare, sia stato disposto il sequestro ai sensi dell’art. 669-quater cod. proc. civ. nel giudizio civile”[98].

Pur a fronte di un dibattito dottrinale assai vivace sui profili di criticità applicativa inerenti tale regola processualcivilistica [99], in questa sede, per dovere di sinteticità espositiva, si evidenzia solo che, in sede penale, il sequestro conservativo dovrebbe reputarsi applicabile ogniqualvolta ricorrano le condizioni previste dall’art. 316, co. II, c.p.c. (ossia quelle già illustrate in precedenza).

In conclusione, tale istituto è di sicure pregio scientifico siccome rappresenta un valido strumento di garanzia per la parte civile nell’ambito di un ruolo che sta rivestendo un rilievo sempre più importante a livello processuale anche alla luce della normativa e giurisprudenza comunitaria.

 

[1] Art. 316, co. I, c.p.p. .

[2] Art. 316, co. II, c.p.p. .

[3] Art. 316, co. IV, c.p.p. .

[4] Roberto Rossi, “In tema di inammissibilità della richiesta di applicazione del sequestro conservativo”, Giur. Merito, 2005, 9 , 1917.

[5] Ibidem.

[6] Riccardo Conte, “Il sequestro conservativo tra giudice penale e giudice civile”, Resp. civ. e prev., 2000, 4-5, 1135.

[7] Ibidem.

[8] Cass. pen., sez. II, 19/12/08, n. 3810.

[9] Lorenzo Pellegrini, “La tutela penale del pignoramento e del sequestro conservativo: suggestioni processualcivilistiche e ratio di tutela dell’art. 388, comma 3, c.p.”, Cass. pen., 2010, 2, 785.

[10] Art. 316, co. IV, c.p.p. .

[11] Cass. pen., sez. V, 18/05/00, fonti: : Foro ambrosiano 2000, 516.

[12] Cass. pen., sez. V, 14/04/00, n. 2360.

[13] Art. 317, co. I, c.p.p. . Norma giuridica, questa, che, dal canto suo, si pone in perfetta continuità normativa con l’art. 617, co. I, c.p.p. 30 che prevedeva, in modo non dissimile, che il pubblico ministero poteva “domandare il sequestro preveduto dagli articoli 189 e 190 del codice penale”; regola, quest’ultima, che, come risaputo, richiama espressamente i “beni della persona civilmente responsabile”.

[14] Tribunale Nocera Inferiore, 18/11/02, fonti: Giur. merito 2005, 9, 1916.

[15] Art. 317, co. I, c.p.p. mentre l’art. 617, co. V, c.p.p. 30 prevedeva l’emissione di un “decreto motivato”.

[16] Art. 317, co. I, c.p.p. .

[17] Art. 317, co. II, c.p.p. .

[18] Art. 318, co. I, c.p.p. .

[19] Art. 318, co. II, c.p.p. .

[20] Cass. pen., sez. III, 26/11/09, n. 8176.

[21] Cass. pen., sez. V, 10/02/09, n. 9759.

[22] Cass. pen., Sez. Un., 26/06702, n. 34623.

[23] Cass. pen., sez. V, 17/12/03, n. 5021.

[24] Art. 319, co. I, c.p.p. .

[25] Art. 319, co. II, c.p.p. .

[26] Art. 319, co. III, c.p.p. la quale è a sua volta perfettamente speculare all’art. 684 c.p.c. (non a caso intitolato “revoca del sequestro”).

[27] Art. 317, co. IV, c.p.p. .

[28] Art. 320, co. I, c.p.p. .

[29] Art. 320, co. II, c.p.p. che è perfettamente analogo all’art. 686 c.p.c. .

[30] Art. 545, co. I, c.p.c. .

[31] Art. 545, co. II, c.p.c. .

[32] Cass. pen., sez. V, 24/09/09, n. 43026.

[33] Argomentando a fortiori: Cass. civ., sez. lav., 9/10/99, n. 11345.

[34] Art. 496 c.p.c. .

[35] Cass. pen., sez. V, 17/04/09, n. 19903.

[36] Argomentando a fortiori: Cass. civ., sez. III, 29/10/11, n. 13400.

[37] Cass. pen., sez. II, 20/11709, n. 46626. Contra: Cass. pen., sez. II, 13/11/97, n. 6216: “La circostanza che, vigendo il regime di comunione legale, siano intestati ad uno solo dei coniugi contratti di conto corrente o depositi bancari, non fa venir meno il regime predetto sulle somme e sugli altri beni che di tali contratti costituiscono l’oggetto, deve ritenersi infatti che anche il denaro depositato in un istituto bancario resta oggetto della comunione in via di presunzione assoluta ai sensi degli art. 177 e 195 c.c., e ciò sia che provenga dall’attività di uno solo dei coniugi sia che provenga dalle singole attività di ciascuno di essi; ne deriva che è legittimo il provvedimento di sequestro conservativo avente ad oggetto la metà dei valori esistenti in conti correnti e depositi intestati esclusivamente al coniuge dell’imputato”.

[38] Cass. pen., sez. II, 20/11709, n. 46626.

[39] In tal senso: Cass. pen., sez. VI, 4/02/11, n. 16168: “Il sequestro conservativo presso il datore di lavoro di somme di danaro relative a crediti retributivi può essere disposto in misura non superiore al quinto delle stesse, valendo in proposito i medesimi limiti posti dall’art. 545 c.p.c. all’esecuzione del pignoramento”. Contra: Cass. pen., sez. V, 25/06/10, n. 35531: “Il sequestro conservativo può avere ad oggetto una somma di denaro proveniente da un credito di lavoro, non valendo i limiti all’esecuzione del pignoramento previsti dai commi terzo e quarto dell’art. 545 c.p.c., in quanto, fermo il titolo di un sequestro conservativo disposto dal giudice penale, le questioni relative alla pignorabilità dei crediti sono proponibili solo in sede di esecuzione civile”.

[40] Corte Cost., ordinanza n. 260/87.

[41] Tra le più recenti: Cass. pen., sez. II, 14/07/11, n. 35577.

[42] Ex plurimibus: Cass. pen., sez. II, 26/01/11, n. 6973.

[43] Ibidem.

[44] Cass. pen., sez. II, 14/02/07, n. 12907.

[45] Cass. 43246/2008 Rv. 241933 – Cass. 43660/2010.

[46] Cass. pen., sez. II, 26/01/11, n. 6973.

[47] Ibidem.

[48] Cass. pen., sez. II, 14/06/12, n. 25520.

[49] Corte Cost., ord. n. 424 del 1998.

[50] Cass. pen., sez. VI, 26/11/10, n. 43660.

[51] Ibidem.

[52] Cass. pen., sez. V, 16/02/10, n. 11291.

[53] Cass. pen., sez. III, 30/04/09, n. 26559.

[54] Cass. pen., sez. I, 2/04/96, n. 2128.

[55] Cass. pen., sez. VI, 11/01/96, n. 111.

[56] Cass. pen., sez. IV, 17/05/94, fonti: Cass. pen. 1995, 3457 (s.m.), Mass. pen. cass. 1995, fasc. 11, 54.

[57] Cass. pen., sez. V, 15/04/92, fonti: Cass. pen. 1993, 142.

[58] Cass. pen., sez. III, 7/11/90, fonti: Cass. pen. 1991, II,757.

[59] Cass. pen., sez. V, 12/11/91, fonti: Cass. pen. 1993, 904 (s.m.), Giust. pen. 1992, III, 305. In senso conforme: Cass. pen., sez. VI, 21/05/93, fonti: Mass. pen. cass. 1994, fasc. 2, 111: “Dal concetto di “processo di merito”, di cui parla l’art. 316 c.p.p. in tema di sequestro conservativo, rimane fuori – oltre che il giudizio di legittimità – certamente anche la fase delle indagini preliminari durante la quale non può essere pertanto disposto detto sequestro”.

[60] Cass. pen., sez. VI, 8/05/98, n. 1706.

[61] Ibidem.

[62] Cass. pen., sez. I, 11/10/95, n. 4950.

[63] Cass. pen., sez. I, 6/10/94, fonti: Cass. pen. 1996, 881.

[64] Cass. pen., sez. II, 15/10/10, n. 44660.

[65] Ibidem. In senso eguale: Cass. pen., sez. II, 19/12/08, n. 3810: “In tema di misure cautelari reali, possono essere oggetto di sequestro conservativo, oltre che i beni di proprietà dell’imputato o del responsabile civile, anche i beni di proprietà di terzi, a condizione che emergano elementi da cui risulti la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione del contratto d’acquisto”.

[66] Cass. pen., sez. II, 19/12708, n. 2386.

[67] Cass. pen., sez. III, 20/04/11, n. 20007.

[68] Cass. pen., sez. II, 19/12/08, n. 3810.

[69] Cass. pen., Sez. I, 29 novembre 1994, n. 4316, Rossi, in C.E.D. Cass., n. 200619.

[70] Cass. pen., sez. I, 11/10/95, n. 4950.

[71] Cass. pen., sez. I, 26/05/09, n. 24092.

[72] Cass. pen., sez. I, 1/12/09, n. 301.

[73] Roberto Rossi, “In tema di inammissibilità della richiesta di applicazione del sequestro conservativo”, Giur. Merito, 2005, 9, 1917.

[74] Ibidem.

[75] Cass. pen., sez. VI, 22/05/97, n. 2033.

[76] Cass. pen., sez. V, 23/09/99, n. 4184.

[77] Ibidem.

[78] Cass. pen., sez. un., 24/05/04, n. 29951.

[79] Ibidem.

[80] Ibidem.

[81] Ibidem.

[82] Ibidem.

[83] Uff. giudici indagini preliminari Milano, 12/01/09, fonti: Foro ambrosiano 2009, 1, 108.

[84] Cass. pen., sez. V, 25/06/10, n. 35525.

[85] Cass. pen., sez. V, 27/05/11, n. 35183.

[86] Cass. pen., sez. II, 22/06/11, n. 29113.

[87] Cass. pen., sez. I, 21/01/11, n. 22062.

[88] Cass. pen., sez. V, 16/11/05, n. 45947.

[89] Argomentando a contrario: Cass. pen., sez. V, 10/06/99, n. 2816.

[90] Cass. pen., sez. VI, 19/05/98, n. 1778.

[91] Trib. Belluno, 28/04/90, fonti: Arch. nuova proc. pen. 1991, I, 269.

[92] Cass. pen., sez. II, 10/10/07, n. 40831. In senso analogo: Cass. pen., sez. I, 7/07/07, n. 4695: “La parte civile, a richiesta della quale sia stato adottato un provvedimento di sequestro conservativo sui beni dell’imputato, ai sensi dell’art. 316 comma 2 c.p.p., deve essere avvisata, quale persona “interessata”, ai sensi del combinato disposto degli art. 324 comma 6 prima parte, e 127 comma 1 c.p.p., dell’udienza di discussione fissata a seguito della richiesta di riesame che avverso detto provvedimento sia stata avanzata dall’imputato, nulla rilevando in contrario che l’art. 324 comma 6 seconda parte, c.p.p. indichi come destinatari dell’avviso soltanto il p.m., il difensore e chi ha proposto la richiesta (di riesame)”; Cass. pen., sez. II, 31/01/96, n. 512: “La parte civile che ha ottenuto il sequestro conservativo è portatrice di un concreto interesse al mantenimento della misura cautelare ed è pertanto, sulla base dei principi desumibili dal combinato disposto degli art. 318, 324 e 127 c.p.p., titolare del diritto di ottenere la notifica dell’avviso dell’udienza camerale fissata per il riesame, nonché di partecipare all’udienza medesima”.

[93] Cass. pen., sez. V, 9/03/06, n. 9531.

[94] Ibidem.

[95] Cass. pen., sez. V, 21/02/06, n. 12709.

[96] Cass. pen., sez. VI, 7/02/95, fonti: Giur. it. 1996, II, 346.

[97] Ibidem.

[98] Cass. pen., sez. V, 16/09/08, n. 43241.

[99] Sull’argomento: Riccardo Conte, “Il sequestro conservativo tra giudice penale e giudice civile”, Resp. civ. e prev., 2000, 4-5, 1135.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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