Il tema che si intende trattare in questo breve libello, è quello inerente quale mezzo di impugnazione sia esperibile avverso i provvedimenti d’urgenza contemplati dall’art. 22 del decreto legislativo n. 159/11.
Come è noto, questa norma giuridica, che è andata a surrogare l’art. 2 ter della legge n. 575/65, prevede che quando “vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposta la confisca vengano dispersi, sottratti od alienati”, può essere disposto “anticipatamente il sequestro dei beni prima della fissazione dell’udienza” da parte del Presidente del Tribunale, “con decreto motivato entro cinque giorni dalla richiesta”; il sequestro eventualmente disposto, inoltre, “perde efficacia se non convalidato dal tribunale entro trenta giorni dalla proposta”.
Orbene, nel caso di convalida, si tratta di capire se il provvedimento di sequestro sia impugnabile e, in caso di risposta affermativa, in che modo.
Sul versante normativo, l’art. 27 della legge n. 159, sulla falsariga di quanto era previsto dall’art. 3 ter della legge n. 575, si limita a prevedere come possano essere impugnati i “provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia” mentre non vi è alcun riferimento al decreto di sequestro anticipato.
Ebbene, si ritiene che si possa ricorrere a quanto già dedotto dalla Cassazione nel periodo in cui era in vigore la legge n. 575 del 1965.
La Suprema Corte, difatti, a partire della sentenza n. 6348 del 12/11/1997, partendo dal presupposto secondo il quale “contro provvedimenti non altrimenti impugnabili che incidono su diritti soggettivi, tanto più se emessi senza la partecipazione in contraddittorio dell’interessato, questi non può restare senza tutela”, è pervenuta alla conclusione secondo cui il sequestro dei beni di appartenenti ad associazioni mafiose “non può restare senza tutela”.
Di talchè il Supremo Consesso è pervenuto ad affermare come, avverso tale misura ablativa, “possa ritenersi consentita l’opposizione allo stesso giudice nella forma dell’incidente di esecuzione, analogamente a quanto previsto, fra l’altro in materia di confisca o restituzione di cose sottoposte a sequestro penale, dagli artt. 676 e 667, co. 4, C.P.P.”.
Orbene, non vi sono ragioni ostative affinchè alle medesime conclusioni non si debba pervenire anche per il sequestro anticipato attualmente disciplinato dall’art 22 del decreto legislativo n. 159/11 dato che per un verso, è un provvedimento emesso inaudita altera parte, per altro verso, è perfettamente speculare al sequestro così come era previsto dall’art. 2 ter, co. II, secondo capoverso, legge n. 575/1965.
Del resto, la mancanza di una previsione che preveda un’apposita impugnazione avverso tale decreto, non è di per sé censurabile giacchè la stessa Cassazione ha ritenuto ciò legittimo siccome “conforme alla natura cautelare del provvedimento ed alle caratteristiche del procedimento, connotato da rapide decadenze”[1].
Ciò nonostante, è evidente come il principio del contraddittorio debba essere rispettato anche in questo caso atteso che, il rispetto di tale criterio fondamentale, costituisce un “valore di garanzia ineludibile anche nel procedimento di prevenzione”[2].
Ebbene, posto ciò, corre l’obbligo di evidenziare che tale approdo ermeneutico è stato successivamente confermato in diverse pronunce.
Ad esempio, il Supremo Consesso ha recentemente ribadito che avverso il provvedimento inoppugnabile di sequestro di beni – disposto nel corso di un procedimento di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa – “è ammessa solo l’opposizione, innanzi allo stesso giudice, nelle forme dell’incidente di esecuzione”[3].
Per dovere di completezza espositiva, si segnala quel diverso orientamento nomofilattico cristallizzato nella sentenza n. 3814 del 21/05/99 con cui gli Ermellini hanno viceversa affermato il diverso principio secondo il quale, da un lato, non sarebbe concessa “l’autonoma e immediata impugnazione del relativo decreto, in considerazione del principio generale di tassatività delle impugnazioni, della natura meramente strumentale del provvedimento e delle caratteristiche sommarie della fase procedimentale, connotata da incisive decadenze”, dall’altro lato, non sarebbe altresì “consentita l’opposizione allo stesso giudice nella forma dell’incidente di esecuzione, che condurrebbe ad eludere, mediante il riesame della vicenda cautelare da parte del giudice dell’esecuzione prima, ed eventualmente della Corte di cassazione poi, il principio generale di tassatività delle impugnazioni”.
Orbene, tale tracciato argomentativo non è, ad umile avviso di chi scrive, condivisibile.
Infatti, l’art. 676 c.p.p. nello stabilire espressamente che si possa adire il giudice dell’esecuzione per la “restituzione delle cose sequestrate”, lascia chiaramente intende come sia possibile azionare questo procedimento ogniqualvolta si voglia riottenere quanto sequestrato.
Del resto, se l’art. 27 della legge n. 159 prevede che può essere impugnato il provvedimento con il quale viene revocato il sequestro nonché che può essere chiesta la sospensione della revoca “fino a quando nel procedimento di prevenzione sia intervenuta pronuncia definitiva in ordine al sequestro”, sarebbe del tutto irragionevole inibire, a colui che ha subito questo provvedimento, la possibilità di impugnare.
Inoltre, per le ragioni già esposte in precedenza, una preclusione di questo tipo sarebbe lesiva del principio del contraddittorio che rappresenta uno degli elementi cardini di un processo equo così come previsto ai sensi dell’art. 6, par. 1, CEDU[4] nonché del giusto processo così come espressamente sancito dall’art. 111 Cost.[5].
Da ultimo, non si può non evidenziare come l’incidente di esecuzione non sia una impugnazione siccome il suo petitum va circoscritto alle questioni afferenti il titolo esecutivo[6] e quindi, il principio di tassatività delle impugnazioni mal si concilia con questo caso.
In conclusione, il primo orientamento nomofilattico (ossia quello cristallizzato nella sentenza n. 6348 del12/11/1997) è preferibile rispetto all’altro siccome, da un lato, maggiormente conforme dal dettato costituzionale e a quello comunitario, dall’altro lato, più consono al nostro ordinamento processualpenalistico.
[1] Cass. pen., sez. I, 12/11/07, n. 6348.
[2] Cass. pen., sez. V, 25/01/08, n. 18176.
[3] Cass. pen., sez. II, 18/01/11, n. 3624. In senso conforme: Cass. pen., sez. I, 10/04/08, n. 17827: “Contro il provvedimento inoppugnabile di sequestro di beni che venga disposto nel corso di un procedimento di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa è ammessa solo l’opposizione innanzi allo stesso giudice nelle forme dell’incidente di esecuzione”.
[4] Corte EDU, sez. II, 20/07/11, n. 30882.
[5] Corte Costituzionale, sentenza n. 317/09.
[6] Sull’argomento: cfr. Vincenzo Molinari, “Incidente di esecuzione e provvedimenti patrimoniali antimafia non impugnabili”, Cass. pen., 2000, 2, 505.
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