Massima |
In riferimento al personale delle forze armate, il trasferimento d’autorità appartiene al genus degli ordini, tipicamente rinvenibili nell’ambito dei Corpi ad ordinamento militare, che sfuggono alla disciplina generale degli atti amministrativi e in particolare sono sottratti agli ordinari obblighi motivazionali e partecipativi. |
1. Questioni
Il Ministero della Difesa impugna la sentenza del TAR per la Calabria, che accoglie il ricorso proposto dal maresciallo, che ha chiesto l’annullamento del Provv. 14 dicembre 2010, adottato dal Comandante della Legione Carabinieri Calabria, che prevede il trasferimento d’autorità del ricorrente.
Il provvedimento di trasferimento indica quali presupposti per la sua emanazione una pluralità di profili riconducibili al maresciallo, quali “carenze nei rapporti con le autorità locali, nel governo del personale, nella gestione della corrispondenza, nella tenuta della caserma e dei materiali”, così generando un clima di minore serenità all’interno del reparto.
Tale sentenza è stata appellata ed ha affermato che il trasferimento è stato disposto sulla base di presupposti eterogenei, di talchè non risulta chiaro in funzione di quali interessi pubblici è stato emanato il relativo provvedimento.
2. Nozione del trasferimento di autorità
La costante giurisprudenza amministrativa infatti, ha sempre ritenuto che i provvedimenti di trasferimento d’autorità sono qualificabili come ordini, rispetto ai quali l’interesse del militare a prestare servizio in una sede piuttosto che in un’altra assume, di norma, una “rilevanza di mero fatto”, che non abbisogna di una particolare motivazione né di particolari garanzie di partecipazione preventiva, quale è quella di cui all’art. 7 della L. 241/1990.(Consiglio Stato, sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8018).
Sotto altro profilo, la giurisprudenza ha adeguatamente chiarito in passato che le esigenze di servizio, sulla cui base viene adottato il provvedimento di trasferimento di un militare, non vanno ricondotte esclusivamente a necessità organiche o a impegni tecnico operativi, bensì a tutti quei motivi di opportunità che possano oggettivamente compromettere l’ordinato svolgimento dei compiti istituzionali; pertanto, rispetto a tale provvedimento (sussumibile nel “genus” degli ordini sottratti alle regole fissate dalla L. 241/1990), l’interesse del militare a prestare servizio in una sede piuttosto che in un’altra assume una rilevanza di mero fatto, che non richiede una particolare motivazione (ex plurimis, Consiglio Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3227).
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento