La sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori;
la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore
CHE simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza
Passaggio tratto dalla sentenza numero 334 del 28 marzo 2012 pronunciata dal Tar Sardegna Cagliari
appare fondata la censura, proposta con il primo motivo, di violazione del principio di correttezza di cui all’articolo 1175 del cod, civ., nonché del disposto di cui all’art. 1227, secondo comma, del cod. civ.;
CHE il Comune, in base al principio sulla leale collaborazione tra debitore e creditore, avrebbe dovuto escutere il fideiussore in quanto l’art. 4 della polizza in data 25/3/1998 non condizionava il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente;
CHE la previsione legislativa (art. 19 L.R. 11.10.1985 n. 23) di sanzioni consistenti (fino al 100 % per pagamenti effettuati oltre i sessanta giorni dalla scadenza) per il ritardato pagamento degli oneri concessori, si giustifica con la necessità per l’Ente locale di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione;
CHE la sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori;
CHE la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore;
CHE simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza;
CHE la fattispecie all’esame del Collegio è perfettamente identica a quella esaminata dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 10/1/2003 n. 32;
CHE la giurisprudenza richiamata dalla difesa del Comune non appare aderente al caso di specie, tenuto conto che dalla sentenza 1.4.2011 n. 2037, della IV Sezione del Consiglio di Stato, non si evince, per la sua scarna motivazione, il superamento dei principi espressi nella precedente sentenza del 2003 (peraltro neppure citata), mentre la sentenza della V Sezione, n. 6345 dell’11.11.2005, afferma dei principi, ampiamente argomentati, che però non si attagliano al caso di specie, tenuto conto che in essa espressamente si afferma che : “le statuizioni recate dalla decisione 10.1.2003, n. 32, pur condivisibili, mal si attagliano alla fattispecie in esame”.
CHE, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
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