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Il nuovo quadro normativo.
L’approvazione della legge 6 novembre 2012 n° 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, rappresenta il primo tentativo sistematico, ad oltre un ventennio dalle tristi e significative vicende di “mani pulite”, di avviare un processo di sensibilizzazione ad una cultura del pubblico amministratore improntata al rispetto della legalità oltre che all’apprestamento di strumenti di prevenzione volti ad impedire o, quantomeno, ridurre, il fenomeno della corruzione, sia implementando il presidio sanzionatorio alle vigenti fattispecie criminose, che apprestandone delle nuove, come quella della “Corruzione tra privati”, conformandosi alle ripetute sollecitazioni della Comunità Europea.
La legge si compone di soli due articoli. Il primo, rubricato “ Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” si compone di ben 83 commi ed esaurisce il contenuto dell’intero pacchetto di disposizioni, da quelle che individuano gli organi e disciplinano le modalità della redazione ed approvazione del piano anticorruzione, a quelle sulla trasparenza, mediante l’obbligo per tutte le P.A. di inserire nei propri siti web istituzionali un link denominato “Amministrazione trasparente” dove far affluire tutta una serie di notizie, atti e provvedimenti, a quelle che modificano il libro secondo titolo II capo I del codice penale, rubricato “Delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione”, sia attraverso l’inasprimento delle pene previste per la maggior parte dei reati ivi stabiliti, sia attraverso l’introduzione di ipotesi nuove di reato, tra cui l’articolo 319 quater “Induzione indebita a dare o promettere utilità” e l’art. 346 bis rubricato “Traffico di influenze illecite”.
Il secondo articolo si limita a stabilire il principio di invarianza della spesa ed a declinare la tipica formula normativa di entrata in vigore della legge.
La legge anticorruzione, in vigore dal 28 novembre 2012, oltre a conferire al Governo delega al riordino di alcune discipline in materia di pubblicità e trasparenza, di determinazione di illeciti e dei termini dei procedimenti, di codice di comportamento dei dipendenti della P.A. e della individuazione dei divieti di autorizzazione ad incarichi esterni, stabilisce, che ogni amministrazione deve approvare un piano triennale di prevenzione della corruzione che valuta il livello di esposizione degli uffici al rischio e indica gli interventi organizzativi necessari per minimizzarlo, tra i quali la formazione e la rotazione delle posizioni dirigenziali maggiormente esposte.
Il compito della redazione e della verifica dell’attuazione di detto piano è attribuita dalla legge ad un Responsabile della prevenzione della corruzione previsto dall’art. 1 comma 7 della L. 190/2012 che risponde delle proprie inadempienze sia sotto il profilo disciplinare che per danno erariale, nonché per danno all’immagine della pubblica amministrazione che lo ha nominato.
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Necessità di provvedimento espresso ed organo competente alla nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione negli enti locali.
La legge n° 190/2012, all’art. 1 comma 7, stabilisce testualmente che: “A tal fine,(ovvero al fine della predisposizione del piano della corruzione) l’organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione e’ individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione”.
Nel merito, dalla formulazione della norma dianzi citata si colgono due ordini di problemi interpretativi.
Il primo attiene alla necessità o meno di un espresso provvedimento di nomina del responsabile della prevenzione, atteso che negli enti locali è la stessa legge che stabilisce che “ di norma” è individuato nel segretario.
Sulla necessità di un provvedimento formale depongono due ordini di considerazioni.
La prima è che l’organo competente alla nomina prima di provvedervi deve fare accertamenti in ordine ad una compiuta valutazione non solo “delle specificità organizzative, anche alla luce degli strumenti per la gestione in comune delle attività offerti dalla vigente normativa (art. 15 legge 7 agosto 1990, n. 241).” ma deve comunque tener presente anche che “ la legge collega all’inadeguato adempimento delle funzioni l’applicazione delle sanzioni conseguenti a responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare e, pertanto, pare da escludere a priori la possibilità che l’incarico sia svolto da quei dipendenti o soggetti che per il tipo di rapporto di cui sono titolari non possono rispondere a questo titolo.” (1)
L’altra ragione attiene alla necessità che all’esterno ed ai destinatari delle attività e funzioni che competono al responsabile della prevenzione della corruzione sia chiaro chi sia stato investito della responsabilità di che trattasi e che sia dato alla relativa funzione un termine di effettiva decorrenza.
Il secondo problema interpretativo attiene alla incertezza in ordine all’organo che deve provvedere alla nomina, atteso che la formulazione della norma dianzi citata, se per i Ministeri non pone dubbi sulla competenza del Ministro, negli enti locali non è dato cogliere con chiarezza a quale organo si faccia riferimento, atteso che per “organo di indirizzo politico” si dovrebbe, a rigore, in coerenza con il principio di ripartizione delle competenze, ritenere competente il Consiglio Comunale che l’art. 42 comma 1 del TUEL definisce proprio come organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo.
Orbene, una corretta analisi interpretativa dell’art. 1 comma 7 della legge n° 190/2012 non può prescindere dalla necessità di suddividere, come di fatto lo è già sintatticamente, la formulazione della norma in due parti ben distinte tra di esse. La prima riguarda il complesso della pubblica amministrazione dello Stato, mentre la seconda si riferisce esclusivamente gli enti locali.
Pertanto, la locuzione “organo di indirizzo politico” va adattata a seconda che si tratti di nomina della figura del responsabile della prevenzione della corruzione nei Ministeri, nel qual caso non vi è dubbio che competenza sia attribuita al Ministro, piuttosto che negli enti locali, nel cui ordinamento il potere di nomina è radicato nella competenza del Sindaco.
Come è noto con la riforma degli enti locali del ’90 (legge 142/90) è stato sovvertito radicalmente il vecchio sistema delle competenze degli organi che, nell’impalcatura del T.U. 383/1934 individuava il Consiglio Comunale quale organo a competenza generale, mentre la Giunta aveva una competenza meramente esecutiva con poteri surrogatori del Consiglio salvo ratifica. Il sindaco, in detto contesto ordinamentale, oltre alla rappresentanza dell’ente, aveva funzioni meramente esecutive delle deliberazioni della Giunta e del Consiglio.
Con la riforma delle autonomie del ’90 si è capovolto l’ordine delle competenze degli organi e si è introdotto un sistema rigido di competenze funzionali e, quindi, inderogabili, per cui, a mente dell’art. 42 del TUEL il Consiglio Comunale svolge esclusivamente e tassativamente le attribuzioni ivi elencate espressamente nell’art. 42 e nelle altre disposizioni di legge contenute in altri articoli del D. Lgs. 267/2000( T.U.E.L.);
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ulteriori attribuzioni all’organo consiliare possono essere stabilite da specifiche disposizioni di legge, infatti come stabilito dall’art. 48 comma 2: “La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio….”;
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la Giunta Comunale collabora con il Sindaco nel governo dell’Ente e alla stessa spetta una competenza residuale rispetto a quella assegnata al Consiglio e al Sindaco;
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il Sindaco, invece, ai sensi dell’art. 50 del T.U.E.L. comma 10 è competente “nella nomina dei responsabili degli uffici e dei servizi, attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali…….”.
La correttezza della impostazione esegetica dianzi esposta si ricava direttamente anche dalla lettura del successivo comma 8 dell’art. 1 della legge 190/2012 laddove attribuisce all’organo di indirizzo politico il compito di adottare il piano triennale di prevenzione della corruzione. Recita la predetta norma che “L’organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 7, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica.”
Orbene, nella formulazione della norma non è dato rinvenire una diversa disciplina per gli enti locali così come, invece, il legislatore ha ritenuto di precisare nel precedente comma 7, potendosi ragionevolmente affermare che, a differenza di un diverso regime per la nomina, abbia voluto radicare l’adozione del piano nella esclusiva competenza dell’organo di indirizzo politico che, negli enti locali, non può in tal caso che coincidere nel Consiglio Comunale, in coerenza con quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 42 del T.U.E.L., con ciò facendo salva la diversa fattispecie di cui al precedente comma 7 riguardante invece il “potere di nomina” che resta radicato nella competenza Sindaco, tra l’altro titolare anch’esso del potere di indirizzo politico.
In proposito si evidenzia come una questione simile sia stata affrontata dalla CIVIT, che nella legge 190/2012 assume un ruolo centrale per la sua applicazione e che assume la denominazione di Autorità nazionale anticorruzione, e che in tema di competenza nella nomina dei componenti dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV), si è espressa in modo analogo sulla medesima questione all’uopo precisando che “…a conferma delle precedenti decisioni adottate sul punto, negli enti locali, l’organo competente ad adottare il provvedimento di nomina dell’Organismo indipendente di valutazione, deve essere individuato nel Sindaco che, per questa funzione, è l’organo di indirizzo politico – amministrativo dell’ente locale.” (2)
1 (Circolare della Presidenza del CM, Funzione Pubblica, 25.01.2013 n° 1 )
2 Delibera CIVIT n° 21 del 23 ottobre 2012
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