1. Art. 4 della L. 92/2012
Dopo l’abrogazione della L. 188/2007, in materia di modalità per le dimissioni volontarie della lavoratrice e del lavoratore, avvenuta, come si è già detto, grazie all’art. 39, comma 10, della L. 133/2008, il legislatore ha ritentato di introdurre norme per contrastare le c.d. dimissioni in bianco [1].
A tal fine, l’art. 4, commi da 16 a 22, della L. 92/2012 e successive modifiche, c.d. Riforma Fornero, è nato dalla volontà di eludere gli strumenti di tutela del lavoratore a fronte di possibili licenziamenti illegittimi, introducendo modalità semplificate rispetto a quelle già previste dalla legge n. 188 del 2007. Tali nuove modalità consentono di tutelare sia la libertà negoziale del lavoratore, sia il legittimo affidamento del datore di lavoro derivante dal comportamento del prestatore di lavoro. In particolare, al fine di garantire la corrispondenza tra la dichiarazione di volontà del lavoratore e l’intento risolutorio, viene rafforzato il regime della convalida, che diviene condizione sospensiva della risoluzione del rapporto di lavoro.
2. Convalida delle dimissioni
L’art. 4, commi 16-23, della L. 92/2012 modifica la disciplina sulla preventiva convalida delle dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore in alcune circostanze. Infatti, distingue le dimissioni o la risoluzione consensuale delle lavoratrici madri da tutte le altre ipotesi.
Per quanto riguarda la prima ipotesi, l’art. 4, comma 16, della L. 92/2012 sostituisce il comma 4 dell’art. 55 del D. Lgs. n. 151 del 2001, che prevedeva la preventiva convalida, da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, delle dimissioni volontarie presentate nel periodo di gravidanza o entro il primo anno di vita del bambino (nonché di accoglienza del minore adottato o in affidamento). In realtà, il “nuovo” art. 55 citato estende (da uno) ai primi tre anni di vita del bambino la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie; estende (da uno) ai primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie (specificando che in caso di adozione internazionale i tre anni decorrono dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento); nei casi sopra indicati, estende l’istituto del convalida anche al caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ed, infine, specifica che la convalida costituisce condizione sospensiva per l’efficacia della cessazione del rapporto di lavoro (la normativa vigente già la pone come condizione, ma senza specificarne la natura sospensiva).
Al di fuori dell’ipotesi indicate dal nuovo art. 54 del D. Lgs. 151/2001 si prevede che le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, in tutte le altre ipotesi, siano “sospensivamente condizionate” ad una convalida delle stesse presso la competente Direzione territoriale del lavoro (ovvero presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva [2]) o alla sottoscrizione di una dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, si fa rinvio alla CCNL ed ad un decreto
ministeriale di natura non regolamentare per l’individuazione di ulteriori modalità semplificate di accertamento della veridicità della data e della autenticità della dichiarazione del lavoratore. Sul punto, va precisato che non è stato emanato nessun decreto, ma è intervenuto l’accordo interconfederale 3 agosto 2012 che ha riconosciuto che la convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali può essere validamente effettuata in sede sindacale, ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile.
Inoltre, la Circ. n. 18 del 2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali afferma che la convalida non è richiesta in tutte le ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro rientri nell’ambito di procedure di riduzione del personale svolte in una sede qualificata istituzionale o sindacale (ad es. ex artt. 410, 411 e 420 c.p.c.), ciò in quanto tali sedi offrono le stesse garanzie di verifica della genuinità del consenso del lavoratore cui è preordinata la novella normativa.
Per quanto concerne le convalide effettuate presso le Direzioni territoriali del lavoro – diverse da quelle legate alla tutela della genitorialità – va poi evidenziato che le stesse dovranno effettuarsi senza particolari formalità istruttorie, limitandosi i funzionari a raccogliere la genuina manifestazione di volontà del lavoratore a cessare il rapporto di lavoro.
La L. n. 92/2012 stabilisce altresì che, nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida ovvero alla sottoscrizione, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione (da intendersi, per evidenti esigenze di certezza, come 7 giorni di calendario), all’invito a presentarsi presso le sedi dove effettuare la stessa convalida ovvero all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta.
Nel termine dei sette giorni dalla ricezione, sovrapponibili al periodo di preavviso lavorato, la lavoratrice o il lavoratore ha facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro. La revoca può essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso consegue la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse. In caso di revoca delle dimissioni, nel termine dei sette giorni previsti dalla norma, se il datore di lavoro ha già effettuato la comunicazione al Centro per l’impiego, deve effettuarne un’altra di revoca: a tal proposito, la Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro, fornirà le modalità operative [3].
L’invito al lavoratore ad esplicitare la propria volontà di cessare il rapporto deve essere trasmesso, da parte del datore di lavoro, entro 30 giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale; in caso contrario le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.
Infine, il comma 23 dell’art. 4 della L. 92/2012 reca una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 30.000 nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, salvo che il fatto costituisca reato. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro, con applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 689/1981.
Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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[1] Per approfondire la tematica delle dimissioni, v.: R. Staiano, Licenziamento e cassa integrazione, Maggioli, 2013.
[2] Sul punto, va ricordato che l’art. 1 del Titolo VIII del CCNL Metalmeccanici Industria, rinnovato il 5 dicembre 2012 e sottoscritto da Cisl ed Uil, prevede che, in attuazione dell’art. 4, comma 17, della legge 28 giugno 2012, n. 92, oltre a quanto previsto dall’Accordo Interconfederale 3 agosto 2012, la convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali può essere validamente effettuata in sede aziendale se il lavoratore è assistito da un componente della rappresentanza sindacale unitaria.
[3] Così Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 12 ottobre 2012, n. 18273.
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