Massima |
E’ responsabile il delegato in materia antinfortunistica, per le lesioni personali cagionate ad un prestatore di lavoro, da cui è derivata una malattia del corpo guarita in 382 giorni, con la conseguente incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, nonché l’indebolimento permanente dell’organo della prensione sinistro; ciò per colpa consistita nella negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. |
1. Premessa
Nella decisione in commento del 13 dicembre 2012 n. 48239 i giudici della Corte hanno precisato, che vi è responsabilità del delegato in materia antinfortunistica; ciò in quanto lo stesso ha causato, mediante il proprio comportamento, lesioni personali ad un lavoratore (1) da cui ne derivava una malattia del corpo, nonché l’indebolimento, in modo permanente, dell’organo della prensione sinistro.
Tutto ciò è derivato per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme in materia antinfortunistica, e, nel caso specifico, per aver messo a disposizione del prestatore di lavoro la macchina denominata “linea produzione pannello in continuo”, non idonea ai fini della sicurezza e salute.
2. La fattispecie
In sede di Appello confermava la sentenza del Tribunale con cui era stato riconosciuto colpevole del reato p.e p. dall’articolo 590 c.p. (commi 1, 2 e 3) commesso per avere, in qualità di delegato in materia antinfortunistica, cagionato delle lesioni personali consistite nell’amputazione totale di 4 dita della mano sinistra.
Il soggetto era stato ritenuto colpevole per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza della normativa antinfortunistica.
Nello specifico il componente denominato “pressa doppia in continuo” era privo dei sistemi di sicurezza tali da garantire che durante la fase di “cambio delle sagome/stampi fossero evitati rischi di origine meccanica dovuti agli organi meccanici in movimento (Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, comma 1, ora Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 71, comma 1); nonchè per non aver valutato il rischio derivante dall’esecuzione dell’operazione di cambio delle sagome/stampi sulla citata “pressa doppia in continuo” e per non aver individuato le conseguenti misure di prevenzione e protezione da adottare (Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 2, come obbligo indelegabile ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 1, comma 4 ter), cosicchè il lavoratore, dovendo eseguire, unitamente ai colleghi (Omissis) e (Omissis), la sostituzione delle sagome/stampi sulla citata macchina “pressa doppia in continuo”, con la stessa in moto sulla modalità manuale e velocità del nastro ridotta, nell’atto di afferrare una delle sagome/stampi che stava cadendo, rimaneva con la mano schiacciata tra la stessa e la macchina in moto, che gli procurava le indicate lesioni; fatto aggravato perchè commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Avverso la sentenza d’appello il difensore dell’imputato proponeva impugnazione per cassazione con tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente si duole della mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello in ordine all’effettivo compimento, da parte del lavoratore, di un’attività comunque rientrante nelle sue attribuzioni e nel segmento di lavoro allo stesso assegnato.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all’accertamento di elementi di colpa nella condotta del datore di lavoro per violazione delle norme di prevenzione e per non aver posto in essere quegli accorgimenti che dovevano ritenersi necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori addetti a quella lavorazione svolta con il macchinario in uso presso l’azienda e a prevenire eventi infortunistici del tipo di quelli verificatisi.
Con il terzo e ultimo motivo di ricorso, il difensore dell’imputato si duole della mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta omessa valutazione, da parte del datore di lavoro, del rischio derivante dall’esecuzione dell’operazione di cambio sagome.
Nella sentenza che qui si commenta si legge testualmente che “l’adibizione del lavoratore infortunato all’esecuzione della propria prestazione presso una macchina in continuo movimento (sia pure a una ridotta velocità) ha certamente moltiplicato i rischi d’infortunio corsi dal prestatore di lavoro, rispetto all’alternativa, praticabile senza soverchi appesantimenti economici o temporali (e, peraltro, successivamente praticata in concreto, a seguito dell’intervento degli organi amministrativi di controllo), consistente nell’esecuzione delle mansioni de quibus a macchina ferma (e di volta in volta riavviata a seguito del distacco di ciascuna sagoma); ciò che avrebbe garantito un prevedibile ampliamento dei margini di sicurezza, rispetto a quanto effettivamente rivelatosi con la macchina in movimento, avuto altresì riguardo a tutte le prevedibili emergenze connesse al concreto svolgimento delle lavorazioni in esame, che il giudice d’appello ha puntualmente considerato e valutato (maggiori e imprevedibili resistenze dei supporti; scivolamento dalle mani delle sagome o del cacciavite usato per il distacco; età)”.
3. Conclusioni
Nella sentenza de qua la Corte rigetta il ricorso presentato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4. Giurisprudenza sulla delega di funzioni
L’atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive. Cassazione penale, Sez. 3, 27 giugno 2012, n. 25359
Con la sentenza n. 25535, del 28 giugno 2012, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di delega di funzioni e più precisamente sulla delicata questione della responsabilità penale del datore di lavoro per la morte del suo dipendente avvenuta durante l’attività lavorativa
Benché il Decreto Legislativo citato abbia definito con una certa precisione le condizioni di efficacia della delega da parte del datore di lavoro ad un soggetto terzo, concernente l’adozione di misure per la sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, tuttavia molteplici interventi della Suprema Corte sono stati comunque necessari, anche dopo il 2008, al fine di meglio chiarire la portata esimente della delega di funzioni in favore del datore di lavoro. Non senza difficoltà, infatti, i Giudici di merito hanno dato applicazione a tale normativa, talora escludendo l’esonero di responsabilità penale del datore di lavoro, pur in presenza di una delega di funzioni (2).
L’esistenza di una valida ed efficace delega di funzioni in materia di sicurezza, formalmente adottata ed espressamente accettata dal delegato”, secondo i limiti e le condizioni poste dall’art. 16 D.lgs. 81/08, configura “un indiscutibile trasferimento a terzi della posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro, circa gli obblighi in materia di prevenzione e di sorveglianza antinfortunistica”.
Ciò chiarito, resta tuttavia da domandarsi se residui comunque una responsabilità del datore di lavoro per omessa vigilanza sul corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, considerato che, ex art. 16 comma 3, tale obbligo di vigilanza non è escluso dalla delega di funzioni.
A precisare la portata di tale responsabilità è la recente giurisprudenza della Cassazione (n. 10702/12 e 17074/12), che chiarisce che l’obbligo di vigilanza del delegante riguarda in realtà la mera “correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato” e non anche il controllo diretto e continuo del lavoratore e delle modalità di svolgimento delle lavorazioni
Vi è responsabilità del datore di lavoro e del RSPP di una spa per un infortunio occorso ad un dipendente. L’addebito era basato sull’omesso posizionamento della griglia di protezione di una macchina assemblatrice dei profilati di alluminio.
Tale omissione aveva posto le cause dell’infortunio, giacchè il lavoratore infortunatosi, mentre era addetto al taglio termico dei profilati di alluminio, nell’accompagnare il profilo con la mano destra per farlo entrare nella macchina, subiva il “risucchiamento” dell’arto all’interno del macchinario. Cassazione penale, Sez. 4, 16 febbraio 2012, n. 6400.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.
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(1) Consistite nell’amputazione totale del 2, 3, 4 e 5 dito della mano sinistra.
(2) Cfr. sul punto http://www.leggioggi.it/2012/07/13/sicurezza-sul-lavoro-la-delega-di-funzioni-trasferisce-il-rischio-lavorativo-sul-delegato/
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