Il TAR Calabria – Catanzaro con decreto presidenziale, n. 229/2013 del 16/5/2013, ha accolto l’istanza di misure cautelari provvisorie, c.d. inaudita altera parte, ex art. 56 c.p.a., sospendendo l’efficacia della nota del Prefetto di Vibo Valentia del 22/4/2013, della delibera n. 21/2013 della Corte dei Conti per la Regione Calabria – sez. Controllo che hanno ordinato al Comune di Vibo Valenti di dichiarare lo stato di dissesto finanziario entro il termine di 20 giorni.
Nelle motivazioni del decreto di sospensione si legge che il TAR ha ritenuto valido il pregiudizio che il Comune e la collettività tutta subirebbe qualora l’ente locale dovesse, in modo illegittimo, dichiarare il dissesto finanziario.
“La dichiarazione di dissesto finanziario da parte del Consiglio comunale, convocato per il 21 maggio 2013, per deliberare, tra l’altro, in ordine a tale oggetto, potrebbe pregiudicare la possibilità stessa di tutela cautelare in sede collegiale nella prossima camera di consiglio della Sezione, fissata per il 20 giugno 2013 , atteso che la dichiarazione di dissesto , per gli effetti ad essa connessi, potrebbe determinare il consolidarsi di quel pregiudizio che l’istanza cautelare mira ad evitare.”
Il Tribunale amministrativo ha, pertanto, sospeso l’ordine del Prefetto notificato al Comune di dichiarare il dissesto giudicando valido il periculum e il fumus boni iuris.
Il Comune di Vibo Valentia aveva deliberato nel mese di gennaio il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario, ex art. 243 bis tuel, inserito dal decreto c.d. “Salva-Enti”, ma non ha approvato, nel termine di 60 giorni il piano di riequilibrio finanziario pluriennale.
La Corte dei Conti, sez. Controllo, con delibera n. 21/2013, ha riscontrato il ritardo dell’ente ed ha riaperto, automaticamente, la procedura prevista all’art. 6 d.lgs. 149/2011, (relativa al c.d. “dissesto guidato”, che viene sospesa nel caso in cui l’ente ricorra alla procedura di riequilibrio ex art. 243 bis), ed ha, conseguentemente, ordinato all’ente di dichiarare il dissesto.
Sulla scia della delibera della Corte dei Conti, il Prefetto ha ordinato al Comune di dichiarare entro 20 giorni lo stato di dissesto finanziario.
Il Comune di Vibo Valentia, difeso dall’Avv. Giuseppe Pitaro, ha impugnato la nota prefettizia e la relativa deliberazione della Corte dei Conti presso il Tribunale Amministrativo.
Il ricorso amministrativo del Comune di Vibo Valentia ha ripercorso i passaggi conformi a legge che l’ente locale ha seguito, in particolar modo il d.l. 35/2013, c.d. “sblocca-debiti”, ed ha manifestato le illegittimità, formali e sostanziali, che caratterizzano la delibera della Corte dei Conti e la nota prefettizia; inoltre, ha rappresentato il pericolo, irreparabile ed attuale, in cui l’Ente sarebbe incorso se avesse dichiarato lo stato di dissesto senza presupposti di legge validi.
In particolare, infatti, il capoluogo di provincia, qualora avesse dichiarato lo stato di dissesto finanziario, non avrebbe potuto accedere ai finanziamenti ex d.l. 35/2013, per cui aveva già inoltrato richiesta.
La prima ed immediata conseguenza svantaggiosa, perciò, avrebbe coinvolto tutta la collettività poiché il Comune di Vibo Valentia avrebbe perso la concessione dell’anticipazione di liquidità (che non può essere concessa agli Enti locali in dissesto finanziario, secondo le linee guida emanate dall’Anci) e non avrebbe potuto pagare immediatamente i suoi creditori, con l’ulteriore conseguenza che il privato/impresa che non avesse ottenuto tempestivamente il pagamento avrebbe rischiato di non poter assolvere alle proprie obbligazioni che, a sua volta, ha contratto con coloro che hanno messo a disposizione il lavoro (che al pari del principio dell’autonomia locale e della retribuzione è intensamente protetto dagli art. 4 e 36 della Cost.) provocando in ipotesi gravi ma realmente possibili, il fallimento dell’impresa e la lesione a catena di tutti gli interessi coinvolti (imprenditori, lavoratori, azionisti, creditori, cittadini), andando a impoverire un tessuto sociale già estremamente drammatico.
Le ulteriori conseguenze negative della dichiarazione di dissesto avrebbe riguardato, ancora una volta, l’intera comunità vibonese che sarebbe stata privata dei servizi indispensabili essenziali e non e avrebbe subito passivamente, e obbligatoriamente per il corso di 5 anni (tanto dura lo stato di dissesto, che è irrevocabile) l’incremento obbligatorio di ogni imposta e tributo .
Inoltre, nei confronti dei dipendenti comunali sarebbe stato avviata la procedura di licenziamento/mobilità e vi sarebbe stato il divieto di effettuare nuove assunzioni anche a fronte di carenza/pensionamento di personale (sempre per il corso obbligatorio di 5 anni).
Danno grave ed irreparabile avrebbe subito anche il credito dei terzi che, oltre a non essere soddisfatto perché al Comune in dissesto avrebbe visto negata la richiesta di anticipazione di liquidità, sarebbero stato ri-negoziato dalla Commissione Straordinaria di Liquidazione.
Inoltre, un Capoluogo di Provincia rappresenta un’entità collettiva esponenziale dotata di rilevanza sistemica alla quale dovrebbe essere applicato lo stesso principio giuridico che è stato applicato in sede Europea agli Stati in estrema difficoltà economica (Grecia, Irlanda) e in sede nazionale alle imprese o alle banche a rischio fallimento (decreto c.d. “Salva. Parlamlat”, i fondi FAS destinati al Comune di Catania), c.d. “troppo grande per fallire”, (“too big to fail”), poiché l’ordine di dichiarare il dissesto finanziario comporterebbe una crisi sistemica irreversibile e temporalmente imprevedibile nel tessuto sociale della comunità Vibo Valentia.
Il Comune di Vibo Valenti non ha approvato il piano di riequilibrio nel termine dei 60 giorni ex art. 243 bis tuel, dalla comunicazione della delibera alla sezione regionale della Corte dei Conti, perché nelle more del procedimento è intervenuto il D.L. 35/2013, dell’ 8/4/2013, c.d. “Sblocca-debiti”.
L’art. 1, co. 15 del decreto, infatti, prescrive che “gli enti locali che abbiano deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’artt. 243 bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che richiedono l’anticipazione di liquidità di cui al comma 13 (entro il 30 settembre) sono tenuti alla corrispondente modifica del piano di riequilibrio, da adottarsi obbligatoriamente entro 30 giorni della concessione della anticipazione alla cassa depositi e prestiti s.p.a. ai sensi del comma 13.”
Il comma in questione concede una dilazione temporanea all’approvazione del piano di riequilibrio, in conformità ai principi di efficacia e economicità dell’azione amministrativa, perché il Piano di riequilibrio dovrà, comunque, essere modificato una volta che arriverà, agli Enti locali che ne hanno fatto richiesta, la somma a titolo di anticipazione di cassa e, dunque, concede il termine di 30 giorni dall’arrivo della liquidità per modificare il piano di riequilibrio.
Tale cifra, si ricorda, è anticipata dallo Stato, che ha consentito a portare il deficit al 3%, sfiorando la procedura di infrazione europea, a titolo di mutuo trentennale, ed è vincolata al pagamento immediato dei crediti liquidi, certi ed esigibili al 31/12/2012, che l’Ente ha nei confronti dei privati.
Il comune di Vibo Valentia, rientrando nella categoria degli enti che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio, avrebbe dovuto approvare il piano entro i 30 giorni dall’arrivo della somma chiesta a titolo di anticipazione di cassa.
La Corte dei Conti, interpretando in modo anticostituzionale il d.l. 35/2013, ha, però, previsto che i Comuni, che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio ma che non hanno ancora approvato il piano di riequilibrio, alla data di entrata in vigore del d.l. 35, possono richiedere l’anticipazione di cassa per poter pagare i crediti certi, liquidi ed esigibili e, in conseguenza, e, successivamente devono dichiarare il dissesto finanziario automaticamente, appunto, per non aver approvato nei termini il piano.
Tale interpretazione, così come è stato eccepito nel ricorso, costituisce un grave lesione degli articoli 3 e 5 della Costituzione, che tutelano la parità e l’uguaglianza delle autonomie locali, nella parte in cui non prevede espressamente che gli enti locali che non hanno ancora approvato il piano di riequilibrio, ma che hanno deliberato il ricorso alla procedura 243 bis, possono accedere all’anticipazione di cassa.
L’interpretazione resa dalla Corte dei Conti e dal Prefetto inserisce, infatti, un elemento di discriminazione tra gli enti locali del tutto irragionevole e senza alcuna motivazione ed è, perciò , incostituzionale.
Inoltre, vi sarebbe anche la violazione dell’art. 97 della Costituzione per anti-economicità del procedimento previsto dal d.l. 35 perché, se il Comune incamera dallo Stato milioni di euro ex d.l. 35/2013 per pagare in toto le fatture dei crediti, e comunque andare in dissesto, basterebbe non obbligare i Comuni a richiedere tali aiuti dello Stato, e ciò perché attraverso la dichiarazione di dissesto i Commissari nominati successivamente dal Ministero hanno la potestà di “trattare” con i creditori e stipulare transazioni a favore dell’Ente richiedendo agli stessi creditori una riduzione del loro credito fino al 50% e oltre, senza nemmeno pagare interessi perché le procedure esecutive verrebbero neutralizzate dalla dichiarazione del dissesto, in evidente controsenso ed illogicità.
Il comma 15 violerebbe, peraltro, anche l’art. 3, co. 2, della Cost, perché non attuerebbe in modo pieno ed efficace quanto previsto dalla disposizione costituzionale (“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica , economica e sociale del Paese”) in quanto, prevedendo un discrimine irragionevole tra enti locali che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio economico ed enti locali che hanno deliberato il piano di riequilibrio economico, non consente alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di natura economica presenti tra i cittadini: ad esempio, un cittadino debitore di un ente locale che ha ricevuto l’anticipazione di liquidità vedrà soddisfatto il suo debito, mentre, un cittadino/debitore di un ente locale che non ha ottenuto l’anticipazione di liquidità (perché impossibilitato in quanto non ha ancora approvato il piano di riequilibrio) non vedrà soddisfatto il suo debito.
Con la sospensiva concessa dal TAR Calabria si è evitato che il Comune di Vibo Valentia, capoluogo di provincia, venisse dichiarato in stato di dissesto; ciò avrebbe comportato evidenti limitazioni, anche di democraticità, nel governo dell’ente.
E’ stata, pertanto, applicata la ratio fondamentale che negli ultimi due anni il Legislatore sta perseguendo (ex multis i d.lgs. c.d. “Salva- Comuni”, “Sblocca-debiti”) cioè evitare ad ogni costo il default economico dell’Ente locale.
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