Massima |
Nel licenziamento per motivi disciplinari, la regola della specificità della contestazione dell’addebito non richiede necessariamente – ove questo sia riferito a molteplici fatti (nella specie, l’essersi allontanato quotidianamente dal posto di lavoro senza alcuna giustificazione) – l’indicazione anche del giorno e dell’ora in cui gli stessi fatti sono stati commessi, essendo invece sufficiente che il tenore della contestazione sia tale da consentire al lavoratore di individuare nella loro materialità i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c., di comprendere l’accusa rivoltagli e di esercitare il diritto di difesa. |
1. Questione
Il lavoratore conveniva davanti il tribunale la società per accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa e per la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno. Il Tribunale rigettava la domanda, che è stata riformata con sentenza dalla Corte d’appello, la quale, dichiarava l’illegittimità del licenziamento, condannava la società a risarcire il danno al lavoratore nella misura delle retribuzioni legali di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, con interessi, rivalutazione e contributi previdenziali. La Corte di appello riteneva generica la contestazione disciplinare. La società propone ricorso per cassazione su due motivi. Il ricorso in cassazione è stato accolto, in quanto la Corte si è basata su presente orientamento, il quale prevede che nell’ipotesi di licenziamento intimato per mancanza disciplinare, la regola della specificità della contestazione dell’addebito non richiede necessariamente – ove questo sia riferito a molteplici fatti – l’indicazione anche del giorno e dell’ora in cui gli stessi fatti sono stati commessi, allorché oggettivamente (per il numero di essi, i diversi luoghi dell’esecuzione, l’arco di tempo cui si riferiscono) neppure al datore di lavoro è possibile una loro collocazione precisa sotto il profilo temporale; né la regola può ritenersi violata quando risulti che il dipendente, avendo avuto piena cognizione dell’accusa rivoltagli, ha potuto esercitare utilmente il diritto di difendersi (per tutte Cass. 7 agosto 2003 n. 11933).
2. Principio di immediatezza
In tema di licenziamenti disciplinari, ai fini della tempestività della contestazione, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato (vedi sentenze 16 maggio 2000 n. 6348, 26 maggio 2000 n. 6925, 4 novembre 2000 n. 14415, 7 luglio 2001 n. 9253, 9 agosto 2001 n. 10997) che il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo e valutato dal giudice del merito con riferimento alla concreta fattispecie, tenendo conto anche della complessità (o meno) della organizzazione aziendale e delle eventuali difficoltà dell’accertamento delle mancanze commesse dal lavoratore, e che tale valutazione, integrando un apprezzamento di fatto riservato al medesimo giudice, è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
Si deve ancora aggiungere che la violazione del principio dell’immediatezza della contestazione imposto dall’art. 7 della L. 300/1970 deve essere valutata non in astratto e con esclusivo riferimento al tempo trascorso dal fatto, ma riscontrata in concreto in relazione al determinarsi, in ragione del tempo trascorso, di un effettivo ostacolo all’esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore (Cass. 7 aprile 2001 n. 5426), mentre qui il ricorrente non ha lamentato alcun pregiudizio derivante dal denunciato ritardo della contestazione. Né può ritenersi che per essere specifica la contestazione debba necessariamente indicare le date dei singoli episodi di ritardi o di assenza o di allontanamento dal posto di lavoro, poiché tanto, in base alla giurisprudenza di questa Corte, non è richiesto ai fini dell’adempimento del requisito in esame, essendo invece sufficiente che il tenore della contestazione sia tale da consentire al lavoratore di individuare nella loro materialità i fatti, nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione ai doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. e di difendersi compiutamente in relazione alla contestazione formulata (Cass. 19 gennaio 1998 n. 437, Cass. 25 febbraio 1998 n. 2045, Cass. 18 febbraio 1994 n. 1561, quest’ultima riguardante contestazione riferita ad una molteplicità di episodi).
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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