La mediazione ex art. 1754 cc integra un contratto in cui il mediatore, privo di qualsiasi rapporto con le parti, mette in relazione le medesime ai fini della conclusione di un “affare”. Più precisamente, il mediatore è tenuto all’obbligo di imparzialità, inteso come assenza, appunto, di ogni vincolo di mandato, prestazione d’opera, preposizione institoria o dipendenza in senso lato.
Nell’ipotesi prospettata, ci chiediamo cosa ne sia del diritto alla provvigione ex 1755 in caso di rifiuto di adempimento della promessa di mutuo ex 1822.
Nella pratica, il caso è frequente: una finanziaria constata che le condizioni economiche del mutuatario sono, di fatto, peggiorate e, quindi, non adempie l’obbligazione per causa sopravvenuta.
In diritto, la problematica evidente è quella del riconoscimento della provvigione, regolato dall’art.1755. Tale diritto del mediatore nasce dalla conclusione del contratto, purchè risulti il nesso causale tra quest’ultimo e l’attività mediatrice svolta.
A fortiori, si osserva, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, che il profilo della causalità tra l’attività posta in essere dal mediatore e la conclusione dell’affare è talmente preponderante che risulta irrilevante la scadenza dell’incarico conferito.
La sussistenza del nesso causale,cioè, non è suscettibile di termine. Sotto il profilo probatorio, occorre considerare la presenza di una causalità adeguata, per cui la conclusione dell’affare costituisce l’effetto dell’intervento del mediatore. Difatti, l’attività di quest’ultimo deve costituire parte essenziale della serie di fattori che abbiano contribuito alla conclusione positiva delle trattative. Più specificamente, questa attività può consistere anche nel mero reperimento ed indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare. A tal riguardo, la giurisprudenza è costante nell’affermare, ai fini del riconoscimento del ruolo attivo del mediatore, la sufficienza dell’avvicinamento operato tra le diverse posizioni di interessi contrastanti. A contrario, possiamo affermare che non v’è diritto alla provvigione qualora il mediatore non abbia posto in relazione reciproca le parti né abbia compiuto alcun intervento determinante per la conclusione del negozio.
In questa ipotesi, infatti, l’attività mediatrice risulta priva di alcuna rilevanza causale rispetto alla stipulazione del contratto.
Tutto ciò premesso, il mediatore ha l’onere di provare di aver favorito il contatto tra i possibili contraenti e la conclusione dell’affare.
Questo contributo causale, rectius, può essere avvenuto sia tramite un’attività iniziale sia tramite ulteriore opera di mediazione. Nelle vicende fattuali ipotizzate, l’affare viene meno per causa sopravvenuta. La promessa di mutuo, però, prevede, per sua natura giuridica ex art.1822, la possibilità di rifiuto da parte del mutuante. Tuttavia, questa eventualità rappresenta un elemento ultroneo rispetto all’attività già svolta dal mediatore, finalizzata all’ ”incontro” tra la posizione rispettiva del mutuante e del mutuatario.
In conclusione, il mediatore può pretendere il riconoscimento del diritto alla provvigione anche nel caso in cui si realizzi la condizione di cui all’art.1822 cc.
Per approfondimenti, si citano, tra le tante, Cass. n.15.880/10 e Cass. 12.390/11.
Interessante, infine, Cass. 22.357/10, per cui è vessatoria la clausola che attribuisce al mediatore il diritto alla provvigione anche nel caso in cui l’affare non si verifichi causa fatto imputabile al venditore , con sanzione di inefficacia ex 1469 bis cc.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento