E’ questo il principio con cui il TAR L’Aquila ha accolto il ricorso avverso il provvedimento di diniego del trasferimento avanzato da un agente della polizia penitenziaria al fine di assistere il nonno disabile.
Per il TAR abruzzese, infitti, il diniego è illegittimo in quanto l’Amministrazione non ha fornito alcuna motivazione in ordine alla ritenuta insufficienza della documentazione allegata a dimostrare il richiesto requisito della “indisponibilità”.
In particolare, per il TAR adito la PA non ha chiarito chi, degli altri familiari coinvolti, potesse essere “disponibile”, in luogo del ricorrente, per prestare la necessaria assistenza e non ha spiegato perché le condizioni denunciate, oggettivamente comprovanti una situazione complessa, caratterizzata da familiari non completamente autonomi e non in grado di prestare, singolarmente, assistenza, non fossero, al contrario, rappresentative della dedotta “indisponibilità”.
Ha ancora aggiunto il GA, l’Amministrazione, per di più, è sembrata del tutto ignara della documentazione allegata, limitandosi a fornire una motivazione del tutto generica e non tarata sulla concreta situazione rappresentata.
Pertanto, ha concluso il TAR ordinando all’Amministrazione, in sede di riedizione del potere, di provvedere sull’istanza facendo applicazione delle coordinate ermeneutiche sopra individuate, in particolare esaminando compiutamente la documentazione prodotta agli atti (e l’ulteriore che l’istante vorrà o potrà produrre in proposito) e concretamente valutando, sulla base delle rappresentate condizioni, il requisito dell’indisponibilità come sopra definito.
N. 01010/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00022/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 22 del 2012, proposto da:
………., rappresentato e difeso dall’avv. ****************, con domicilio eletto presso avv. ****************** in L’Aquila, via Avezzano, 11 – Pal. B Scala D;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L’Aquila, *********************************;
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione;
per l’annullamento
del PROVVEDIMENTO 19.10.11, PROT.N. GDAP – 0397893 – 2011, CON CUI IL DIRETTORE DELLA DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELLA FORMAZIONE – DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA – HA RIGETTATO L’ISTANZA 2.9.11, AVANZATA DAL RICORRENTE E FINALIZZATA AD OTTENERE L’ASSEGNAZIONE DELLA SEDE DI I^ NOMINA PRESSO LA CASA CIRCONDARIALE DI BRINDISI E, IN SUBORDINE, PRESSO QUELLE DI LECCE O TARANTO.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 novembre 2013 la dott.ssa **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, riassunto innanzi a questo TAR territorialmente competente, a seguito di trasmissione da parte TAR Puglia, Lecce, ………., allievo di Polizia Penitenziaria, ha impugnato il diniego meglio in epigrafe individuato, opposto dall’Amministrazione resistente alla sua assegnazione in prima nomina presso Case Circondariali prossime all’abitazione di un prossimo congiunto da assistere.
Il rigetto impugnato faceva seguito ad istanza proposta ai sensi della L. n.104/92 nella quale il ricorrente, residente in San Pietro Vernotico (BR), vincitore del concorso pubblico per 291 posti di allievo agente di Polizia Penitenziaria, rappresentava di dover assolvere alle funzioni assistenziali nei confronti del proprio nonno residente presso la sua stessa abitazione, allegando le dichiarazione di indisponibilità degli altri parenti e affini; nelle more della decisione sulla istanza, l’Amministrazione accordava al ricorrente il permesso di usufruire di tre giorni di permesso mensile ex L. 104/92 stante l’aggravarsi delle condizioni di salute del nonno; nel provvedimento impugnato, invece, l’amministrazione faceva riferimento alla asserita insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale, ritenuto non provato dall’istante nonostante la presentazione di documentazione resa da tutti i parenti da cui avrebbe potuto evincersi la indisponibilità di altro prossimo congiunto ala necessaria attività assistenziale.
Il ricorrente evidenziava che la documentazione allegata all’istanza dava atto dello stato di grave disabilità del nonno, richiedente assistenza continuativa (come da verbale della Commissione sanitaria dell’ASL BR/1 del 6.11.2005), l’assenza di ricovero del disabile a tempo pieno presso strutture ospedaliere o di riposo, il grado di parentela con il disabile e la dichiarazione di gradimento di quest’ultimo ad essere assistito dal nipote, la residenza presso la stessa abitazione proprio al fine di garantire l’assistenza, l’inesistenza di altri parenti o affini entro il terzo grado che fruissero del detto beneficio e l’indisponibilità dei detti parenti a prestare assistenza al disabile, stante la sussistenza di elementi di carattere oggettivo (documentazione medica, ecc.).
Nondimeno veniva emanato il diniego impugnato e da qui il ricorso che deduce:
1) Violazione dell’art. 10-bis della L. n.241/90: l’Amministrazione non ha dato comunicazione previa dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in particolare non rappresentando la esigenza di ulteriori elementi dai quali desumere la sussistenza delle condizioni di legge per accordare il beneficio, elementi tutti nella specie sussistenti;
2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n.104/92 e succ. modif. Violazione dell’art. 3 della legge n.241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza dell’azione amministrativa. Ingiustizia manifesta. Erroneità dei presupposti: l’amministrazione ha motivato il diniego sulla scorta della ritenuta insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale; il ricorrente tuttavia aveva fornito prova della indisponibilità degli altri parenti e affini a prestare assistenza, senza che l’Amministrazione avesse in alcun modo considerato le circostanze rappresentate dalle quali si evinceva senz’altro la richiesta indisponibilità; in particolare, il richiedente aveva comprovato, con documentazione congrua, proprio la richiesta indisponibilità, stante la sussistenza di impedimenti di carattere oggettivo; la motivazione assunta è generica e non dà conto delle peculiarità della vicenda come evidenziate in atti; l’azione amministrativa è peraltro contraddittoria, posto che il ricorrente aveva ottenuto il permesso mensile di tre giorni proprio per prestare assistenza al nonno, sulla base dei medesimi elementi a base della richiesta di assegnazione.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.
Si costituiva l’Amministrazione instando per il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare, stante l’asserita legittimità del provvedimento impugnato.
Il TAR adito respingeva la proposta istanza cautelare tenuto conto della non attualità del danno in ragione della necessità, per il ricorrente, di ultimare il percorso formativo presso la Scuola di Sulmona.
Le parti depositavano memorie e documentazione illustrativa.
All’esito della pubblica udienza del 20 novembre 2013, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il ricorrente ha proposta in data 9 settembre 2011 istanza all’Amministrazione Penitenziaria ai fini di un’assegnazione della prima sede di servizio più prossima al luogo di residenza del nonno disabile, nei confronti del quale esso ricorrente aveva obblighi di assistenza.
L’Amministrazione ha denegato il beneficio ritenendo l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile.
Spiega, nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione che la ritenuta esclusività dovrebbe essere intesa come “indisponibilità e non mera inesistenza soggettiva ed oggettiva di altri parenti ed affini entro il terzo grado a prestare assistenza al disabile, supportata da elementi concreti, di una certa gravità”, il tutto sulla base dei “principi generali dell’ordinamento che presiedono la solidarietà familiare come costituzionalmente riconosciuto, oltre che da disposizioni del codice civile e penale”; l’Amministrazione evidenzia, inoltre, che l’interessato avrebbe l’onere di documentare la propria istanza con atti comprovanti la sussistenza del requisito in questione, onde escludere “la presenza di parenti e/o affini nelle vicinanze del portatore di handicap in posizione fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al trasferimento, atteso che tale presenza fa venire meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra la possibilità di assistenza alternativa”, così evidenziando, dunque, che l’interessato sarebbe “l’unico in grado di assistere il parente disabile”.
Proprio l’esame della motivazione addotta dall’Amministrazione convince il Collegio della fondatezza del ricorso.
L’Amministrazione ha invero correttamente definito in astratto il richiesto requisito della “esclusività” della prestazione assistenziale, necessario per accordare i richiesti benefici, evidenziando che non può tradursi con “inesistenza” in assoluto di altri parenti o affini bensì di impossibilità di assistenza alternativa in ragione di elementi, sicuramente oggettivi e comprovabili, che rendano di fatto “indisponibile” tale assistenza alternativa.
L’Amministrazione evidenzia inoltre, correttamente, che tali elementi devono essere sottoposti, unitamente alla richiesta, dall’istante.
Orbene, all’istanza del ricorrente (in data 9 settembre 2011) risultano allegati non solo la certificazione medica attestante le condizioni di salute del disabile parente richiedente assistenza (cfr. documentazione versata in produzione di parte ricorrente), non solo il certificato di residenza di esso istante nella stessa abitazione del disabile, ma anche ulteriore documentazione medica e anagrafica riferita a tutti gli altri parenti e affini del disabile entro il terzo grado, intesi a dimostrare appunto la richiesta “indisponibilità” di questi ultimi.
In particolare, il ricorrente ha rappresentato che: la propria madre, figlia del disabile, e il proprio genitore, genero del disabile, versano entrambi in condizioni fisico-psichiche precarie e comunque di una certa gravità (in ragione dell’intervenuto decesso dell’altra figlia, sorella del ricorrente, al termine di lunga e penosa malattia); analogamente la moglie del disabile, nonna del ricorrente e ultrasessantacinquenne, presenta condizioni mediche non ottimali; l’altro figlio del disabile, oltre a risiedere in altro Comune, ha dichiarato di non poter prestare assistenza al padre sia in ragione della propria attività lavorativa (è bracciante agricolo), sia in ragione dei denunciati rapporti familiari incrinati con lo stesso; quest’ultimo ha poi dichiarato di accettare l’assistenza del nipote, con il quale risiede.
Orbene, l’Amministrazione non ha fornito alcuna motivazione in ordine alla ritenuta insufficienza della documentazione allegata a dimostrare il richiesto requisito della “indisponibilità”; non ha chiarito chi, degli altri familiari coinvolti, potesse essere “disponibile”, in luogo del ricorrente, per prestare la necessaria assistenza e non ha spiegato perché le condizioni denunciate, oggettivamente comprovanti una situazione complessa, caratterizzata da familiari non completamente autonomi e non in grado di prestare, singolarmente, assistenza, non fossero, al contrario, rappresentative della dedotta “indisponibilità”.
Per di più, l’Amministrazione è sembrata del tutto ignara della documentazione allegata, limitandosi a fornire una motivazione del tutto generica e non tarata sulla concreta situazione rappresentata.
Il ricorso va dunque accolto, in positiva assorbente delibazione del secondo motivo, con l’annullamento del diniego impugnato.
L’Amministrazione dovrà, in sede di riedizione del potere, provvedere sull’istanza facendo applicazione delle coordinate ermeneutiche sopra individuate, in particolare esaminando compiutamente la documentazione prodotta agli atti (e l’ulteriore che l’istante vorrà o potrà produrre in proposito) e concretamente valutando, sulla base delle rappresentate condizioni, il requisito dell’indisponibilità come sopra definito.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.000, 00 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
******************, Presidente
******************, Consigliere
****************,***********e, Estensore
L’ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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