L’articolo propone di esaminare il rapporto tra ordinamento europeo e ordinamenti degli Stati membri, focalizzando l’attenzione sull’apporto delle pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nell’ambito delle legislazioni in tema Procreazione Medicalmente Assistita.
Perché la Procreazione Medicalmente Assistita [1] come campo per svolgere tale riflessione?
Lo sviluppo delle tecniche biomediche e la rapida evoluzione delle applicazioni biotecnologiche, si pongono in contrasto con i diritti inviolabili dell’uomo quali: la dignità umana, la libertà personale, la parità di trattamento e il principio di non discriminzione.
I diritti succitati, presenti anche nelle carte fondamedali dei Paesi membri, vengono recepiti con differenti sensibilità all’interno dei singoli ordinamenti.
Proprio per questa ragione il tema della P.M.A. costituisce campo privilegiato per verificare l’esistenza di nuove tecniche giuridiche che consentano di superare la dimensione dell’autoreferenzialità dei singoli ordinamenti nazionali e verificare l’esistenza di prassi interpretative armonizzanti che permettano di addivenire ad una tutela uniforme a tutti i cittadini europei[2].
Il trattato di Lisbona del 1 Dicembre 2009 ha previsto l’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione dei diritti dell’uomo[3] e, quindi, i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione divengono “diritto dell’Unione” in quanto principi generali[4] . Ciò comporta, altresì, che le pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo debbano ritenersi direttamente applicabili negli ordinamenti interni[5] e non solo: nell’ipotesi di disposizione interna confliggente con una norma europea o con una decisione applicativo/interpretativa della Corte di Strasburgo, i Giudici ordinari nazionali – dopo aver effettuato un controllo di compatibilità – dovrebbero procedere alla disapplicazione della norma interna contrastante con quella europea. Autorevole dottrina, però, sostiene che l’adesione della UE alla CEDU avrebbe, almeno al momento valore programmatico e non precettivo e questa tesi trova conferma anche nella giurisprudenza europea[6].
Più precisamente, in assenza di un apposito accordo che ne disciplini le modalità attuative/operative, dovrebbe riternersi – per quel che è dato di capicapire- un’enunciazione priva di valenza giuridica.
Lo scontro tra le due tesi si è arricchito di nuovi elementi di discussione con la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 1 Aprile 2010[7], con la quale la Corte riconduce l’accesso alle tecniche di PMA nelle sfere d’applicazione della convenzione come corollario del diritto al rispetto della vita privata e familiare e il principio di non discriminazione restringendo, difatto, il margine di discrezionalità riservato agli Stati[8].
Non è tuttavia chiaro quale sia la natura e la rilevanza giuridica dell’interesse all’accesso alla procreazione assistita. Infatti, la Corte Europea, afferma che il diritto di una coppia al concepimento rientra nella sfera di applicazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare ma, dall’altro lato, sottolinea che non vi è alcun obbligo per gli Stati di adottare una normativa ad hoc ovvero consentire la procreazione assistita.
Pertanto le opzioni interpretative sono due: l’interesse a sottoporsi a procreazione assistita rappresenta un vero e proprio diritto ai sensi della CEDU ed, in questo caso, tutti gli Stati dovrebbero riconoscerlo e tutelarlo pur godendo di un margine di apprezzamento, nei limiti imposti dal citato proncipio di proporzionalità[9], sia verticale che orizzonatale; oppure, potrebbe essere che l’interesse a sottoporsi a procreazione assistita non sia considerato un diritto ai sensi della CEDU ma, qualora sia espressamente riconosciuto dai singoli Stati, sarà oggetto applicazione della Convenzione[10].
Questa decisione criptica dalla Corte di Giustizia Europea che cerca di contemperare l’esigenze di autonomia degli ordinamenti interni e quella di standardizzare i diritti dei cittadini europei lascia scontenti sia i più europeisti che i neo romantici dello Stato nazionale. Anche se gli “europeisti” possono guardare con ottimismo quella che sembra una tendenza ormai irreversibile ad una sempre maggiore colonizzazione giudiziaria ed una pericolosa riduzione del pluralismo normativo[11].
Dott. Eugenio Catania
Patrocinatore Legale
Bibliografia
- Amato S. Biogiurisprudenza dal mercato genetico la self-service normativo, Giappichelli, Torino 2006.
- Baldini G.,Soldano M., Nascere e morire: quando decido io? Italia ed Europa a confronto, Firenze University press, 2011.
- Baldini V., Il trattato di Lisbona e il rispetto dell’identità costituzionale, in Osservatorio sulle fonti, Saggi, fasc n. 2010
- Catalano S., Ragionevolezza del divieto di procreazione assistita eterologa fra ordinamento italiano e Cedu, in www.assciazionedeicostituzionalisti.it.
- Consiglio di Stato 2/03/2010 n.1220
- Corte di Giustizia UE 12 Giugno 2003 c-112/00
- Gambino S., Diritti Fondamentali e Unione Europea. Una prospettiva Costituzional-Comparatistica, Milano,2000.
- PaciniM, Procreazione assistita e non discriminazione nella CEDU, In giornale di diritto amministrativo 1/2011, Milano.
- Parisi N., Funzione e ruolo della Carta dei diritti fondamentali nel sistema delle fonti alla luce del Trattato di Lisbona, in Diritto dell’UE Anno XIV Fasc. 3 -2009, Convegno LA PROTEZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO NELL’UNIONE EUROPEA DOPO ILTRATTATO DI LISBONA
- Protocollo-12 -Cedu
- Rodotà S., La vita e le regole, Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Roma 2009
- Stone Sweet , J. Mathews, Proportionality balancing and global Constitutionalism, in Columbia Journal of Trasnational low, 2008, pg.73 ss.
- Trattato di Lisbona
- Zagrebelsky V, La prevista adesione dell’UE, in www.forumcostituzionale.it, 2010;
[1] Per una lettura sui diritti bioetici e di 4°generazione S. Rodotà, La vita e le regole, Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Roma 2009.
[2] Sull’argomento: S. Gambino, Diritti Fondamentali e Unione Europea. Una prospettiva Costituzional-Comparatistica, Milano 2009, pg. 233 e ss; V. Baldini, Il trattato di Lisbona e il rispetto dell’identità costituzionale in Osservatorio sulle fonti, Saggi, fasc n. 2010.
[3] N.PARISI, Funzione e ruolo della Carta dei diritti fondamentali nel sistema delle fonti alla luce del Trattato di Lisbona, in Diritto dell’UE Anno XIV Fasc. 3 -2009, Convegno LA PROTEZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO NELL’UNIONE EUROPEA DOPO ILTRATTATO DI LISBONA, pag. 653.
[4] V. Zagrebelsky, La prevista adesione dell’UE, in www.forumcostituzionale.it, 2010.
[5] Cons. Stato 2/03/2010 n.1220: <<Il riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto dell’Unione ha immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione, e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, venendo in tal modo in rilevo l’ampia e decennale evoluzione giurisprudenziale che ha, infine, portato all’obbligo, per il giudice nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno>>
[6] Corte di Giustizia UE 12 Giugno 2003 c-112/00 : << , secondo una costante giurisprudenza, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza e che, a tal fine, quest’ultima si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un particolare significato (v., segnatamente, sentenze 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925, punto 41; 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 37, e 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I-9011, punto 25 )>>
[7] La sentenza aveva ad oggetto il ricorso alla legislazione austriaca in tema di PMA, impugnato da due coppie di coniugi.
Una prima coppia di ricorrenti chiedeva di sottoporsi a procreazione assistita in vitro eterologa con spermatozoi di donatore terzo, la seconda coppia, invece, per motivo di infertilità della donna chiedeva di sottoporsi ad una fecondazione assistita in vitro con ovociti di una terza donatrice.
Secondo la legge austriaca la procreazione assistita eterologa era prevista solo in vivo attraverso inseminazione artificiale, mentre vietava la fecondazione eterologa in vitro. La pronuncia del giudice europeo, pur non configurando un autonomo diritto alla procreazione assistita, riconduce l’interesse a sottoporsi a procreazione in vitro nell’ambito dell’art. 8 Cedu, in quanto simile scelta è chiaramente espressione della vita privata e familiare
[8] M. Pacini, Procreazione assistita e non discriminazione nella CEDU, In giornale di diritto amministrativo 1/2011, Milano.
[9] A. Stone Sweet , J. Mathews, Proportionality balancing and global Constitutionalism, in Columbia Journal of Trasnational low, 2008, pg.73 ss.
[10] Protocollo-12 -Cedu Articolo 1
Divieto generale di discriminazione
1 Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.
2 Nessuno potrà essere oggetto di discriminazione da parte di una qualsivoglia autorità pubblica per i motivi menzionati al paragrafo 1.
[11] S. Cassese, Ordine giuridico europeo e ordine nazionale, in www.cortecostituzionale.it
“Questi sviluppi presentano tre pericoli. Il primo è stato definito di “colonizzazione
giudiziaria” (Cartabia): la protezione dei diritti viene assorbita a livello europeo. Vi è una
“sterilizzazione” comunitaria della protezione assicurata dalle corti nazionali. Da questo
discendono il pericolo di una riduzione delle diversità e del pluralismo e quello di tensioni
tra tradizioni costituzionali nazionali e disposizioni sovranazionali.”
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