Massima
La responsabilità del datore di lavoro non può essere esclusa dal fatto che lo stesso abbia subappaltato l’esecuzione dell’opera ad un’altra ditta.
L’obbligo di collaborazione antinfortunistica, che grava sul subappaltante e subappaltatore, esclude la possibilità che il primo si possa liberare dalla responsabilità prevenzionale in ordine alla predisposizione del piano operativo di sicurezza, in quanto abbia affidato l’esecuzione dei lavori al secondo (tenuto a propria volta alla predisposizione del (POS).
Premessa
Nella decisione del 18 dicembre 2013 n. 50966 i giudici di Cassazione, nella sezione III penale, hanno precisato che la responsabilità del datore di lavoro non può escludersi per il fatto che lo stesso abbia subappaltato l’esecuzione dell’opera ad un’altra impresa (1).
Ciò atteso che nella ipotesi di lavori che vengano affidati in appalto la ditta (2) deve fornire tutte le informazioni che siano necessarie circa i rischi specifici nonché sulle misure adottate in relazione all’attività che deve essere svolta.
Entrambe le imprese dovranno, quindi, cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dei rischi concernenti l’esecuzione dell’opera appaltata.
Da ciò ne consegue che in presenza del sopra menzionato obbligo generale di cooperazione e collaborazione antinfortunistica viene esclusa la possibilità che il solo e mero affidamento a terzi dell’esecuzione dei lavori possa liberare l’appaltante (3) dalla propria responsabilità prevenzionale.
Nella fattispecie concreta posta all’attenzione della Cassazione, il Tribunale aveva condannato il soggetto per il reato di cui al combinato disposto degli articoli 26, comma 1, lettere a) e b), e 55, comma 4 del decreto legislativo n. 81/2008.
Ciò in quanto in qualità di amministratore unico di una srl, nel subappaltare l’abbattimento di un albero nel giardino del condominio non verificava, anche mediante l’acquisizione dell’apposita autocertificazione, l’idoneità tecnico – professionale della ditta incarica dei lavori e non forniva ai soggetti incaricati alla loro esecuzione dettagliate informazioni sui rischi e sulle misure di prevenzione e di emergenza da adottare.
Il ricorso per Cassazione era fondato su due motivi.
Con il primo motivo si denunciava violazione di legge con riferimento al combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lettera b) e 26, comma 1, lettere a) e b), d.lgs. 81/2008 (4).
Con il secondo motivo si denunciava vizio motivazionale per avere il Tribunale illogicamente affermato che stabilire se l’imputato “si sia ingerito concretamente nel contratto di subappalto da lui stesso stipulato esula dalla presente analisi”, benché sia necessario nei reati in questione interpretare l’articolo 2 sopra citato.
Conclusioni
Con la decisione del 18 dicembre la Corte di legittimità ha precisato e ricordato che l’appaltatore subappaltando non perde automaticamente la sua qualifica di datore di lavoro con i correlati obblighi antinfortunistici (5) ma a condizione, proprio, che continui a esercitare una concreta ingerenza nell’effettuazione dell’opera, così non integralmente subappaltata: dalla responsabilità prevenzionale che da tali obblighi discende, invero, il subcommittente è sollevato “soltanto ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore” (6).
Nella fattispecie concreta, secondo quanto precisato dai giudici della sezione III penale della Cassazione, non è in discussione che l’oggetto del subappalto è stato formalmente totale e, il giudice ha riconosciuto che l’imputato non si è avvalso di propri dipendenti per lo svolgimento dell’incarico.
Da ciò il giudice trae l’esercizio dei poteri decisionali di ingerenza che costituiscono la qualità di datore di lavoro, con una interpretazione quindi non corretta, che identifica la qualità di datore di lavoro nel potere subappaltare integralmente.
“Occorre invece che sia accertata la concreta sussistenza di una permanente ingerenza dell’imputato nell’esecuzione dei lavori, così che gli siano correttamente attribuibili i poteri decisionali del datore di lavoro, e la conseguente responsabilità per i reati a lui ascritti”.
La sentenza va dunque annullata, con rinvio al Tribunale.
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