Si parla di concorso di persone nel reato allorquando quest’ultimo possa essere commesso da una pluralità di soggetti. Il concorso di persone può essere necessario ed eventuale. Esso è necessario allorché si realizzi per quei reati che, per loro natura, non possono che essere commessi se non da due o più persone (per esempio nell’ipotesi di delitto ex art. 416 c.p. in materia di associazione per delinquere o 588 c.p. nell’ipotesi di rissa) ovvero i c.d. reati plurisoggettivi.
Il concorso eventuale ricorre, invece, per la maggior parte dei reati che possono essere commessi indifferentemente da una o più persone e per le quali il concorso costituisce una mera eventualità (si fa riferimento, in tal caso, alle fattispecie incriminatrici monosoggettive).
La disciplina del concorso eventuale è dettata dagli artt. 110 e ss. c.p. il quale ispirandosi al principio della pari responsabilità dei concorrenti dispone che «quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita». Tale disposizione consente di punire oltre ai soggetti che pongono in essere la condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice anche coloro i quali pongono condotte atipiche che in base alla disposizione penale non sarebbero rilevanti (si pensi al soggetto “vedetta” che controlla il territorio mentre viene consumato un reato): sono da ricondurre, pertanto, al concorso di persone, tutte quelle condotte che siano dotate di efficacia eziologica rispetto all’evento lesivo.
In passato non era pacifico se, nel reato commesso da più persone, si sarebbe dovuta ravvisare una pluralità di singoli reati (ancorché coordinati e unificati in relazione all’evento), ovvero un reato unico con la caratteristica della plurisoggettività. In particolare, la dottrina, discostandosi dalle passare classificazioni fra correi primari e secondari e dalle distinzioni di complicità fra autore materiale, ausiliatore, concorrente morale (che partecipa alla decisione e alla preparazione del reato, rafforzando o suscitando l’idea criminosa, senza partecipare alla fase esecutiva) e coadiutori, pone sullo stesso piano il contributo arrecato da tali soggetti che «concorrono nel medesimo reato» (teoria monistica).
Inoltre, per potersi configurare il concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore e cioè quando il reato senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. Afferma infatti la Suprema Corte di Cassazione (con giurisprudenza costante) che ai fini della configurabilità del concorso, non è necessario che il contributo del soggetto sia necessario a porre in essere l’evento lesivo, bensì che sia semplicemente dotato del requisito di apprezzabilità. Il contributo del singolo agente deve essere valutato in termini di utilità e non di indispensabilità.
Inoltre, relativamente al corso causale degli eventi, occorre precisare che tutti i concorrenti nel reato rispondono di tutti gli effetti scaturenti dall’accordo criminoso (effetti scaturenti dal corso normale degli eventi e dalla sua naturale evoluzione).
Tale circostanza discende dalla teoria monistica del concorso di persone, accolta dall’art. 110 c.p., secondo cui l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi forma di compartecipazione, da un contributo unitario e cosciente, da un apporto causale, materiale e psichico (Cass. Pen. n. 175259/1987). Tra le altre cose, deve dirsi che per la sussistenza di un concorso nel reato non è necessario un previo concerto tra i vari concorrenti (Sez. II n. 189305/1991), potendo la compartecipazione delittuosa ricorrere anche in caso di accordo improvviso (Cass. Pen. Sez. I n. 15468/1982), con la conseguenza che il concorso morale importa l’addebitabilità del reato anche se non sia stato materialmente commesso (Cass. Pen. Sez. II n. 176075/1987).
Il concorso di persone nel reato ben può esplicarsi anche attraverso un’intesa spontanea intervenuta nel corso dell’azione criminosa, o tradursi in un supporto causalmente efficiente, sotto il profilo materiale o morale, di carattere estemporaneo senza che occorra un previo accordo d’intenti diretto alla produzione degli eventi. Altra peculiarità è che non occorre che i soggetti concorrenti si conoscano. Essi sono chiamati a conoscere il progetto criminoso ma non già le loro reciproche identità ai fini del concorso nel reato.
La compartecipazione nel reato può realizzarsi anche con la semplice presenza alla consumazione del reato, purché non meramente causale, da parte del correo, ma a condizione che essa sia servita consapevolmente da stimolo all’azione o a rafforzare il proposito delittuoso dell’agente ovvero sia chiaramente di adesione all’azione, risolvendosi nel dare al complice un maggior senso di sicurezza nella sua condotta (Cass. Pen. Sez. VI n. 183126/1990).
Occorre precisare, tuttavia, che la semplice presenza inattiva o anche la sola connivenza oppure il non aver impedito la consumazione del reato costituiscono concorso morale di cui all’art. 110 c.p. poiché questo richiede almeno il volontario rafforzamento, il contributo ideologico o, quanto meno, un’incidenza nel determinismo psicologico del soggetto (Cass. Pen. n. 171668/1985). Ciò discende dal fatto che mentre (in tema di concorso di persone) la connivenza non punibile postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, il concorso può essere manifestato in forme che agevolano la condotta illecita, anche solo assicurando all’altro concorrente nel reato lo stimolo all’azione criminosa (o a un maggior senso di sicurezza nella propria condotta – Cass. Pen. sez. I n. 234128/2006). Ergo, la distinzione fra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata nel fatto che mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, la condotta di partecipazione si manifesta in un comportamento che arreca un contributo alla realizzazione del delitto sia pure il mero rafforzamento criminoso degli altri compartecipi, o di agevolazione nell’opera degli altri concorrenti. Il concorso di persone nel reato, inoltre, può esplicitarsi anche attraverso un’intesa spontanea intervenuta nel corso dell’azione criminosa, o tradursi in un supporto causalmente efficiente (materiale o morale) senza che occorra un previo accorso di intenti. Tale contributo causalmente idoneo alla produzione del reato dev’essere estrinsecato prima o durante la commissione del fatto in quanto il suo rilievo successivo alla commissione di quest’ultimo integrerebbe il delitto di favoreggiamento (ex artt. 378 e 379 c.p.).
Va precisato che il mero accordo per commettere un reato non è punibile (essendo esso solo un atto preparatorio). Tuttavia, nel caso di accordo – come disposto dall’art. 115 co. 2 c.p., il giudice può applicare una misura di sicurezza .
L’art. 115 c.p. prevede anche delle ipotesi in cui i concorrenti siano punibili per il solo fatto dell’accordo. Si pensi al delitto di cui all’art. 416 c.p. che recita al suo 1° co. che «quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, colore che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo con la reclusione da tre a sette anni».
Rilevante è, in questa sede, tracciare la linea di demarcazione fra concorso nel reato continuato e partecipazione nel delitto di cui all’art. 416 c.p.
Si rammenta, per tanto, che si ha reato continuato quando con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge (art. 81, 2°co. c.p.). E’ palese che nell’associazione per delinquere, l’accordo che dà vita alla costituzione del rapporto associativo è a carattere permanente e programmatico (volto alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti) mentre quello che comporta il concorso di più persone nel reato continuato è a carattere precario, esaurendosi non appena i reati programmati e individuati sono stati realizzati. Ergo, il criterio distintivo è dato dalla stabilità dell’accordo oltre che dall’organizzazione di mezzi – seppur minima- ai fini della commissione dei reati.
In relazione all’applicabilità della continuazione tra reato di associazione per delinquere e i reati scopo dell’associazione stessa, la dottrina afferma che quando in relazione a tutti i delitti scopo dell’associazione, o a una parte di essi, sia ravvisabile un medesimo disegno criminoso, vi sarà un concorso del delitto ex art. 416 c.p. col reato continuato relativo ai delitti scopo; se poi il medesimo disegno criminoso ricomprende sia i delitti scopo che la stessa organizzazione, vi sarà un unico reato continuato che ricomprenderà sia associazione sia singoli delitti scopo.
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