Il giudice di pace di Trento, con sentenza n. 157 del 10 maggio 2014, ha stabilito che le multe comminate da agenti della polizia municipale in borghese e fuori servizio sono illegittime.
Il caso di specie riguarda un agente di polizia locale, sceso dalla propria autovettura, per contestare ad un automobilista l’infrazione del tentato sorpasso allorquando altre autovetture erano in coda, procurata da un camion della nettezza urbana che era rimasto bloccato a causa della neve, minacciando una multa, pur non qualificandosi come vigile urbano esibendo il tesserino di riconoscimento, così come prevede l’art. 12, comma 5 del Codice della strada, il quale prevede che «i soggetti indicati nel presente articolo … quando non siano in uniforme, per espletare i propri compiti di polizia stradale devono fare uso di apposito segnale distintivo, conforme al modello stabilito nel regolamento» e trasmettendo la sanzione amministrativa, nei giorni successivi, nell’abitazione dell’automobilista.
Il giudice di pace di Trento si è mosso in linea con quanto disposto dalla Corte di Cassazione, sez. II, civile, con la sentenza 3 marzo 2008, n. 5771, che aveva evidenziato la nullità del verbale di contestazione per violazione delle norme del C.d.S. redatto da un agente della polizia municipale in abiti civili, fuori dal servizio e a bordo della propria autovettura.
Ad avviso dei giudici della Suprema Corte, in virtù del combinato disposto degli artt. 13 della L. n. 689/1981 e 1 della L. n. 65/1986, i vigili della polizia municipale sono competenti all’accertamento di tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative; inoltre alla polizia municipale sono altresì attribuite, in virtù dell’art. 5 della L. n. 65/1986, funzioni di polizia giudiziaria.
Di conseguenza gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, in conformità della regola generale stabilita dalla L. n. 689/1981, art. 13, in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio.
Occorre aggiungere che l’art. 57 c.p.p. indica fra gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria «le guardie dei Comuni», con competenza «nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza».
Inoltre l’art. 11, comma 3, del Codice della strada, di cui al d.lgs. n. 285/1992 dispone che «ai servizi di polizia stradale provvede il Ministero dell’interno, salve le attribuzioni dei Comuni per quanto concerne i centri abitati. Al Ministero dell’interno compete, altresì, il coordinamento dei servizi di polizia stradale da chiunque espletati»; mentre il successivo art. 12, comma 1, demanda l’espletamento dei servizi di polizia stradale, fra gli altri, «ai corpi ed ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza», il quale, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 65/1986, è costituito dall’intero territorio comunale.
Oltre a ciò va osservato che gli appartenenti alla polizia municipale, ai sensi dell’art. 57 c.p.p., hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio; e ciò a differenza di altri corpi (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.), i cui appartenenti operano su tutto il territorio nazionale e sono sempre in servizio.
Tale qualifica è quindi subordinata alla limitazione spaziale che i detti agenti si trovino nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza ed alla condizione che siano effettivamente in servizio (sent. 13 aprile 2001, n. 5538).
Tutto ciò è confermato dall’art. 12, lett. e) del Codice della strada, il quale prevede che l’espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal presente codice spetta ai Corpi e ai servizi di polizia municipale «nell’àmbito del territorio di competenza».
Ciò detto appare opportuno precisare il concetto di «territorio di competenza», alla luce della più recente normativa.
La L. 7 marzo 1986, n. 65, Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale, all’art. 1, comma 2, prevede che «i Comuni possono gestire il servizio di polizia municipale nelle forme associative previste dalla legge dello Stato».
La legge dello Stato, in primis il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, al Capo V, artt. 30-35, disciplina le forme associative tra enti locali e tra queste norma all’art. 30 la Convenzione prevista «al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati» e all’art. 32 l’Unione di comuni, ovvero «l’ente locale costituito da due o più Comuni, di norma contermini, finalizzato all’esercizio associato di funzioni e servizi».
Il d.l. 31 maggio 2010 n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122), all’art. 14, comma 27, ha previsto tra le funzioni fondamentali dei Comuni quella inerente la polizia municipale e polizia amministrativa locale ed ha disposto al comma 28 che «i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a Comunità montane, esclusi i Comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il Comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante Unione di comuni o Convenzione, le funzioni fondamentali dei Comuni … ».
La L. 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (cd. legge Delrio), all’art. 1, comma 113, prevede che «le disposizioni di cui all’articolo 57, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale e di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 7 marzo 1986, n. 65, relative all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria nell’ambito territoriale di appartenenza del personale della polizia municipale, si intendono riferite, in caso di esercizio associato delle funzioni di polizia municipale mediante Unione di comuni, al territorio dei Comuni in cui l’unione esercita le funzioni stesse».
Di conseguenza l’àmbito territoriale dell’ente di appartenenza della polizia locale è da ritenersi ampliato, qualora il servizio inerente la polizia municipale venga assicurato facendo ricorso sia alla Convenzione ex art. 30 Tuel, sia all’Unione di comuni ex art. 32 Tuel.
Alla luce di quanto esposto, se la sanzione è stata comminata da un agente della polizia municipale in abiti civili, fuori dal servizio di vigilanza e dall’àmbito territoriale dell’ente di appartenenza, egli nel momento dell’accertamento dell’infrazione contestata non riveste la qualifica di agente della p.g. e di conseguenza pone in essere atti amministrativi illegittimi.
A creare confusione in materia è la circolare del Ministero dell’interno-Dipartimento della pubblica sicurezza-direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell’immigrazione-servizio polizia stradale, prot. n. 300/A/2/511901/110/26 del 4 marzo 2002.
Con detta circolare n. 300/2002 si fa presente che riguardo al personale della polizia municipale, «ai sensi dell’art. 12 del codice della strada gli appartenenti ai suddetti corpi o servizi hanno come unico limite alla propria attività quella del territorio del Comune da cui dipendono [mentre] il personale della polizia municipale … può espletare tutte le funzioni di polizia stradale anche al di fuori del servizio comandato».
Tale circolare, però, è stata superata da successiva giurisprudenza della Cassazione e di alcuni giudici di merito che rende assai chiara e meno controversa la materia dell’illegittimità delle multe per infrazioni al codice della strada elevate da agenti della polizia locale.
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