Il risarcimento danni da sinistro stradale, un percorso ad ostacoli. Le modifiche al Codice delle Assicurazioni.

Il decreto legge denominato “Cresci Italia” ha, tra l’altro, apportato rilevanti modifiche al Codice delle Assicurazioni, tra cui, il diritto al risarcimento del danno da lesione solo se questa può essere accertata con esame clinico strumentale obiettivo.

Infatti, il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni, nella L. 24 marzo 2012, n. 27, ha aggiunto al comma 2 dell’art. 139 Cod. delle Assicurazioni, l’inciso: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.

Di talché, ad oggi, ai sensi del menzionato art. 139, per lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, si deve intendere quella che incide negativamente sulle attività quotidiane, fisiche e relazionali, del danneggiato, a prescindere dall’influenza della stessa sulla capacità del danneggiato di produrre reddito. Ma attenzione però, le lesioni potranno essere risarcite solo se accertate con esami strumentali (ad esempio: radiografie, ecografie; risonanza magnetica, ecc.).

Ciò comporta che tutta una serie di lesioni, tra cui la più comune, il cd. colpo di frusta, quasi sempre presente a seguito di tamponamento, non potranno più essere risarcite, anche se riscontrate a seguito di esame medico soggettivo (percentuale di incidenza negativa – invalidità permanente – valutata comunemente tra l’1% e il 2%).

Evidentemente la norma non porterà alcun beneficio all’assicurato il quale, per vedersi riconosciuti siffatti tipi di danno, comportanti generalmente una percentuale di invalidità permanente quasi mai superiore al 2%, dovrà sottoporsi ad accurati esami strumentali facendosi, conseguentemente, carico dei relativi costi, e quindi sperare che dall’esame obiettivo risulti la patologia, evenienza che non sempre si verifica.

Si pensi proprio al colpo di frusta, definito tecnicamente “trauma distorsivo del rachide”, è provato, infatti, che la patologia non sempre viene rilevata dagli esami strumentali (radiografia, risonanza magnetica), nonostante la stessa risulti presente, peraltro, il dolore, conseguenza della distorsione, ben può sopraggiungere dopo qualche giorno dal sinistro e variare in base all’età, le condizioni di salute del soggetto e la violenza del trauma.

Di contro, però, considerato che i tamponamenti rappresentano il 30% degli incidenti stradali e che in Italia le compagnie di assicurazioni pagano, o meglio, pagavano ogni anno “per il risarcimento del “colpo di frusta” oltre due milioni di euro” (Fonte: Il colpo di frusta del rachide cervicale nelle collisioni di scarsa efficienza lesiva, di Antonio Girau e Mauro Pagliara), ciò comporterà senz’altro un evidente beneficio economico, in termini di diminuzione dei “costi” dei risarcimenti, per l’assicuratore.

Detta previsione normativa, come detto, oltre a non comportare alcun beneficio per l’assicurato, pone serie questioni giuridiche considerato che “per legge”: 1) si giunge ad escludere la possibilità di risarcire una certa tipologia di danno alla salute; 2) il danno, quantunque provato soggettivamente (es. con perizia medica), possa essere escluso sulla scorta della mera modalità di accertamento (esame strumentale); 3) s’innalza a dismisura “l’asticella” dell’onere della prova, fino quasi a renderla diabolica.

Occorre, tuttavia, verificare come detta norma possa coordinarsi con il diritto alla salute, di cui all’art. 32 della Cost. e con il disposto dell’art. 2043 c.c..

Ricordiamo, infatti, che la giurisprudenza costituzionale ritiene che: “l’ingiustizia del danno biologico e la conseguente sua risarcibilità discendono direttamente dal collegamento tra gli artt. 32, primo comma Cost. e 2043 c.c., più precisamente dall’integrazione di quest’ultima disposizione con la prima…l’art. 2043 c.c., correlato all’art. 32 Cost. va necessariamente esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma… di tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana.

Ed è questo il profondo significato innovativo della richiesta di autonomo risarcimento, in ogni caso, del danno biologico” (Corte Cost. del 14 luglio 1986 n. 184).

Senza dimenticare tutte le possibili risultanze di una eventuale CTU medica, disposta nell’intrapreso giudizio per risarcimento danni da sinistro stradale.

Ed invero, premesso che spetta al giudice di merito stabilire se una consulenza è necessaria o opportuna, fermo restando l’onere probatorio delle parti, e la relativa valutazione, se adeguatamente motivata in relazione al punto di merito da decidere, non può essere sindacata in sede di legittimità (Tra le tante: Cass. Civ. 4660/2000; Cass. Civ., 4602/2000; Cass. Civ., 105/1999) e che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, nel caso di conferma della patologia accertata dal CTU sulla scorta di un esame soggettivo del periziando, pertanto, senza l’ausilio di strumenti tecnici, “le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u.” (Cass. Civ., 5148/2011).

Giurisprudenza più risalente, evidenziava altresì come: “Il giudice del merito può dissentire dal parere del C.T.U. quando lo ritenga, nel suo libero apprezzamento non sorretto da motivazione congrua o comunque convincente ma, in tal caso se pure non è obbligato a richiamare il perito per ottenere da lui i necessari chiarimenti sui dubbi sorti né a disporre l’espletamento di una nuova indagine tecnica, ha tuttavia il dovere di giustificare, in modo particolarmente rigoroso e preciso, il proprio difforme convincimento” (Cass. Civ. 4712/1979).

L’intento del legislatore di limitare i fenomeni di abuso del ricorso al “colpo di frusta”, se da un lato ridurrà in maniera consistente gli esborsi delle compagnie assicurative (si calcola che il risarcimento da colpo di frusta rappresenta più del 60% degli indennizzi totali), dall’altro punisce indiscriminatamente tutti gli utenti della strada, anche colori i quali, la stragrande maggioranza, che effettivamente subiscono tale tipo di lesione.

E’ pur vero che ora l’Italia si è adeguata alla maggior parte dei paesi europei, dove generalmente i danni fisici relativi ai primi due punti di invalidità non vengono risarciti, ma è altrettanto vero che i costi per le polizze RC Auto in questi paesi sono notevolmente inferiori.

Non resta quindi sperare che, anche per quanto concerne i premi delle polizze assicurative, l’Italia riesca ad adeguarsi agli standard europei.

Evenienza in parte verificatasi ma, probabilmente, “pagata” a caro prezzo dagli utenti della strada.

Infatti, dopo il decreto legge denominato Cresci Italia (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni, nella L. 24 marzo 2012, n. 27), che ha apportato le predette modifiche al Codice delle Assicurazioni, il governo ha varato, in data 20 febbraio 2015, il Disegno di Legge Concorrenza che, nuovamente, “mette mano” al Codice delle Assicurazioni.

Se le finalità lasciano ben sperare, “promuovere lo sviluppo della concorrenza e garantire la tutela dei consumatori” (art. 1 DDL), il prosieguo non brilla certo quanto a sostegno degli stessi.

Ed invero, se da un lato si introducono obblighi di “trasparenza e risparmi RC veicoli a motore”, “sconti obbligatori” e “trasparenza delle variazioni di premi” (art. 3 DDL), dall’altro si aggiungono all’art. 135 del Codice delle Assicurazioni i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater aventi ad oggetto “identificazione dei testimoni di sinistri con soli danni a cose” (art. 6 DDL), e si modificano gli art. 138 e 139 del predetto Codice, intitolati, rispettivamente, “Risarcimento del danno non patrimoniale” e “Danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità” (art. 7 DDL).

– L’identificazione dei testimoni di sinistri con soli danni a cose.

Ad onor del vero la modifica era stata già azzardata in precedenza, con il decreto legge n. 145 del 23 dicembre 2013 “Destinazione Italia”, poi fortunatamente stralciato in sede di conversione, a seguito alle numerose proteste giunte dalle associazioni di consumatori. Ora il Governo ci ritenta, e promuove la stessa identica modifica a suo tempo bocciata.

L’emendamento prevede che all’art. 135 Cod. Assicurazioni si aggiungano i seguenti commi: “3-bis. In caso di sinistri con soli danni a cose, l’identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente deve essere comunicata entro il termine di presentazione della denuncia di sinistro prevista dall’articolo 143, e deve risultare dalla richiesta di risarcimento presentata all’impresa di assicurazione ai sensi degli articoli 148 e 149. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell’incidente, l’identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta l’inammissibilità della prova testimoniale addotta.

3-ter. In caso di giudizio, il giudice, sulla base della documentazione prodotta, non ammette le testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità previste dal comma 3-bis. Il giudice dispone l’audizione dei testimoni che non sono stati indicati nel rispetto del comma 3-bis nei soli casi in cui risulti comprovata l’oggettiva impossibilità della loro tempestiva identificazione. 3-quater. Nelle controversie civili attivate per l’accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice, anche su documentata segnalazione delle parti che, a tal fine, possono richiedere i dati all’I.V.ASS., trasmette un’informativa alla Procura della Repubblica, per quanto di competenza, in relazione alla ricorrenza dei medesimi nominativi di testimoni già chiamati in più di tre cause concernenti la responsabilità civile da circolazione stradale negli ultimi cinque anni. Il presente comma non si applica agli ufficiali e agli agenti delle autorità di polizia che sono chiamati a testimoniare” (art. 6 DDL).

Come ben si intuisce, se la finalità risiederebbe nel cercare di arginare il fenomeno delle “truffe assicurative” (troppo spesso preso a pretesto per giustificare continui aumenti dei premi assicurativi, si pensi che “nel 2011 sono stati rilevati 54.502 sinistri fraudolenti, pari al 2,04% di tutti quelli accaduti e denunciati nell’anno stesso (nel 2010 ne erano stati accertati 69.763, pari al 2,30% del totale)”, Fonte: ANIA, L’assicurazione Italiana, rapporto 2013-2014), nei fatti si tende oltre modo a comprimere le tutele del consumatore.

L’obbligo di identificare eventuali testimoni presenti sul luogo del sinistro e comunicarlo, tassativamente, nel termine di presentazione della denuncia alla compagnia di assicurazioni, presuppone che tale obbligo debba essere assolto in soli tre (3) giorni dall’incidente. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute.

La circostanza, come ben si comprende, non è di poco conto. Ben può accadere, infatti, anche in virtù dell’inevitabile confusione e turbamento conseguente al sinistro, che non si abbia la lucidità di identificare e “intervistare” tutti i presenti all’evento, salvo che non siano persone conosciute e, in quanti tali, disponibili anche a ricontattare la vittima del sinistro per riferire in merito alla loro presenza ed a quanto caduto sotto la diretta percezione.

Peraltro, in considerazione del fatto che la “denuncia di sinistro”, generalmente, viene presentata dalla stessa vittima dell’incidente – e, quindi, senza l’assistenza di un consulente tecnico, quale ad esempio, un avvocato -, questi potrebbe incolpevolmente, magari perché non al corrente della nuova normativa, omettere di indicare immediatamente il nominativo dei testimoni presenti sul luogo del sinistro.

Questa, probabilmente, è l’ipotesi più critica, perché si ingenererebbero conseguenze irreversibili, salvo il caso “oggettiva impossibilità”, sul quale ci soffermeremo in seguito.

Come accennato, le conseguenze della omessa indicazione dei testimoni presenti sin dalla presentazione della denuncia di sinistro (da effettuarsi entro tre giorni), al pari della omessa indicazione nella “richiesta di risarcimento presentata all’impresa di assicurazione ai sensi degli articoli 148 e 149”, una sorta di reiterazione dell’obbligo di indicare i testimoni, si concretizzano in evidenti, serie, preclusioni processuali.

Ed infatti, la riferita omissione comporterebbe “l’inammissibilità della prova testimoniale addotta” (art. 3-bis) atteso che: “In caso di giudizio, il giudice, sulla base della documentazione prodotta, non ammette le testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità previste dal comma 3-bis” (art. 3-ter).

Ciò posto, se si considera che, nella stragrande maggioranza dei casi, nei giudizi relativi a risarcimento del danno a cose in seguito a sinistro stradale, il convincimento del giudice – quasi sempre – si fonda proprio sulle risultanze testimoniali, appare scontato che un eventuale giudizio di siffatto genere, senza la possibilità di indicare i testimoni, nei termini previsti dal vigente codice di procedura civile, proprio perché non indicati nella denuncia stragiudiziale, appare dall’esito (negativo) scontato. Salvo ovviamente le peculiarità dei singoli (sparuti) casi.

Tuttavia, una tale modifica del Codice delle Assicurazioni, a sommesso parere di chi scrive, oltre a comprimere il diritto di “accesso alla giustizia” e, pertanto, implicare seri profili di costituzionalità (art. 24 Cost.: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. …”), presuppone altresì problemi di coordinamento con le norme dettate dal codice di procedura civile in materia di mezzi istruttori.

A tal proposito, si evidenzia come, ai sensi dell’art. 183 cpc, all’udienza fissata per la prima comparizione e la trattazione della causa, “Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro trenta giorni. …

In buona sostanza, è facoltà delle parti indicare mezzi di prova, tra i quali evidentemente i testimoni, anche oltre la prima udienza, con le “memorie” di cui al menzionato art. 183 cpc.

Il successivo art. 183 bis cpc dispone, altresì, che: “Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell’udienza di trattazione, valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma dell’articolo 702-ter e invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria. Se richiesto, può fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a quindici giorni per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria”.

Ciò detto, tralasciando le problematiche possibili nel collegamento tra i sopra citati articoli, quello che appare evidente è che il DDL in commento, in particolare l’art. 6 di modifica dell’art. 135 Cod. Assicurazioni, comporta una modifica di fatto del codice di procedura civile, quasi a creare l’ennesimo rito, in aggiunta a quello di ordinaria cognizione, di sommaria cognizione e del lavoro, “in barba” alla tanto declamata semplificazione dei riti civili.

Indubbio, infatti, che nei giudizi di risarcimento danni a cose da sinistro stradale, in caso di conversione senza modificazioni del DDL, non varrà più la “regola generale” dettata dal codice di procedura civile e, pertanto, la possibilità (tradotta in diritto) di indicare i testimoni all’udienza di comparizione delle parti ovvero in quella disposta successivamente dal giudice, oppure, nella procedura più rigorosa, nell’atto introduttivo del giudizio, bensì fin dalla fase stragiudiziale, peraltro, nello stringente termine di tre giorni dall’evento, e tanto, con evidente compressione dei diritti dei consumatori, utenti delle assicurazioni.

Giusto, ovviamente, punire e reprimere le truffe ma, probabilmente, sarebbe stato più equo trovare una soluzione “mirata”, e non quella in commento, che parrebbe indiscriminatamente formare “tutta l’erba in un fascio”.

Rimane come accennavamo, una sorta di clausola di salvaguardia, considerato che sempre l’art. 3 ter del DDL, al secondo comma, statuisce come: “Il giudice dispone l’audizione dei testimoni che non sono stati indicati nel rispetto del comma 3-bis nei soli casi in cui risulti comprovata l’oggettiva impossibilità della loro tempestiva identificazione”.

Ebbene, il concetto di “oggettiva impossibilità”, specie in una materia particolare come quella dei sinistri stradali, non fosse altro per la loro frequenza e incidenza nel carico di lavoro dei diversi organi giurisdizionali, risulta oltre modo indeterminato, di talché, ad esempio, ben può accadere che una specifica causa di oggettiva impossibilità addotta dalla parte, possa essere ritenuta “comprovata” dal Tribunale di Milano e, viceversa, negata dal Tribunale di Palermo.

Da ricordare, infine, che l’art. 3-quater prevede che: “Nelle controversie civili attivate per l’accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice, anche su documentata segnalazione delle parti che, a tal fine, possono richiedere i dati all’I.V.ASS., trasmette un’informativa alla Procura della Repubblica, per quanto di competenza, in relazione alla ricorrenza dei medesimi nominativi di testimoni già chiamati in più di tre cause concernenti la responsabilità civile da circolazione stradale negli ultimi cinque anni. Il presente comma non si applica agli ufficiali e agli agenti delle autorità di polizia che sono chiamati a testimoniare”.

Si spera che, in sede di conversione, la platea degli “esonerati” dalla norma si allarghi per evitare ingiustificate informative alla Procura della Repubblica: si pensi ad esempio al caso del titolare dell’autocarrozzeria, spesso e volentieri chiamato a deporre anche solo per “confermare un preventivo” e, quindi, confermare i danni.

Pertanto, se avete avuto la sfortuna di assistere ad un incidente stradale, magari perché “testimoni professionali” (la norma mirerebbe a debellare tale deprecabile fenomeno) o, più incolpevolmente, perché residenti o titolari di un’attività commerciale in una zona ad altissimo livello di traffico e, quindi, di incidenti, cercate assolutamente di ricordare se, nei cinque anni precedenti, avete testimoniato in più di tre cause, al fine di evitare seri guai giudiziari.

– Risarcimento del danno non patrimoniale.

Il DDL Concorrenza, all’art. 7, dispone che l’art. 138 del Cod. Assicurazioni sia sostituito dal seguente: “1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della giustizia, da adottarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge si provvede alla predisposizione di una specifica tabella unica su tutto il territorio della Repubblica: a) delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti;

b) del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso.

2. La tabella unica nazionale è redatta secondo i seguenti principi e criteri:

a) agli effetti della tabella per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito;

b) la tabella dei valori economici si fonda sul sistema a punto variabile in funzione dell’età e del grado di invalidità;

c) il valore economico del punto è funzione crescente della percentuale di invalidità e l’incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato cresce in modo più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale assegnato ai postumi;

d) il valore economico del punto è funzione decrescente dell’età del soggetto, sulla base delle tavole di mortalità elaborate dall’ISTAT, al tasso di rivalutazione pari all’interesse legale;

e) il danno non patrimoniale temporaneo inferiore al cento per cento è determinato in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno. L’importo dovuto per ogni giorno di inabilità temporanea assoluta, fermi gli aggiornamenti annuali di cui al comma 4, è pari a quello previsto dal comma 1, lettera b) dell’articolo 139.

3. Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati o causi o abbia causato una sofferenza psicofisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla Tabella unica nazionale di cui al comma 2, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al quaranta per cento. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche.

4. Gli importi stabiliti nella tabella unica nazionale sono aggiornati annualmente, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall’ISTAT”.

Sempre il menzionato art. 7, al punto 3., prevede che l’art. 139 Cod. Assicurazioni è sostituito dal seguente: “1. Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all’applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6. L’importo così determinato si riduce con il crescere dell’età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall’undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari ad euro seicentosettantaquattro virgola settantotto;

b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di euro trentanove virgola trentasette per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno.

2. Agli effetti di cui al comma 1 per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamicorelazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente.

3. Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico relazionali personali documentati e obiettivamente accertati o causi o abbia causato una sofferenza psicofisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al venti per cento. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche.

4. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della giustizia e con il Ministro delle attività produttive, si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità.

5. Gli importi indicati nel comma 1 sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro delle attività produttive, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall’ISTAT.

6. Ai fini del calcolo dell’importo di cui al comma 1, lettera a), per un punto percentuale di invalidità pari a 1 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,0, per un punto percentuale di invalidità pari a 2 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,1, per un punto percentuale di invalidità pari a 3 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,2, per un punto percentuale di invalidità pari a 4 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,3, per un punto percentuale di invalidità pari a 5 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,5, per un punto percentuale di invalidità pari a 6 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,7, per un punto percentuale di invalidità pari a 7 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,9, per un punto percentuale di invalidità pari a 8 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 2,1, per un punto percentuale di invalidità pari a 9 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 2,3”.

Ciò posto, sintetizzando, due risulterebbero gli aspetti “inquietanti” della predetta modifica.

Il primo è che, nei fatti, si riduce il valore del punto di invalidità.

Con il sistema in uso in precedenza, infatti, il danneggiato avrebbe ottenuto una maggiore somma a titolo di risarcimento del danno biologico.

Vale a dire che, nel sistema previgente, la vittima di un incidente stradale che avesse riportato un danno biologico permanente, ipotizziamo dell’1%, avrebbe percepito la somma di Euro settecentonovantacinque euro e novantuno centesimi (€ 795,91), con il sistema attuale, al contrario, percepirebbe, solo, la somma di Euro seicentosettantaquattro virgola settantotto (€ 674,68).

Ed invero, il legislatore, nel riformulare l’art. 139 del codice delle assicurazioni, ha lasciato invariato il valore del primo punto secondo le previsioni del previgente articolo, pari ad Euro 674,68 ma, tuttavia, ha fatto riferimento all’originaria formulazione, quella di cui al D.Lvo n. 209 del 7 settembre 2005 che, appunto, istituiva detto codice, senza considerare che, nelle more, il valore del punto è sensibilmente aumentato in virtù del D.M. 20.06.2014, risultando, ad oggi, pari ad Euro 795,91.

Ed invero, il valore del punto, ogni anno, viene aggiornato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo delle famiglie di operai ed impiegati, accertata dall’ISTAT.

L’ultimo aggiornamento ministeriale disponibile al 20.02.2015 (data del varo del Disegno di Legge Concorrenza), portava il valore del punto ad Euro 795,91.

Tuttavia, come detto, all’atto della riformulazione dell’art. 139 Cod. Assicurazioni, non si è affatto tenuto conto del valore del punto aggiornato dal D.M. 20.06.2014 (€ 795,91), bensì di quello minore stabilito in origine dal previgente art. 139, pari ad Euro 674,78 (stabilito nell’anno 2005).

In soldoni, un punto percentuale (1%) di invalidità permanente oggi vale ben 121,13 euro in meno.

Identico discorso per il danno biologico temporaneo, vale a dire l’importo liquidato per ogni giorno di inabilità assoluta.

L’art. 139, infatti, ha tenuto fermo l’originario importo del 2005, pari ad Euro trentanove virgola ventisette (€ 39,27), anche in questo caso non avvedendosi che il D.M. 20.06.2014 ha innalzato detto importo fino a quarantasei euro e quarantatre centesimi (€ 46,43).

Anche in questo caso, ogni giorno di “malattia” ora vale meno, siccome decurtato di ben 7,06 euro al giorno.

Speriamo, tuttavia, che si sia trattato di una semplice “svista” del legislatore e che, in sede di conversione si porrà rimedio alla predetta “decurtazione del risarcimento del danno”, salvo vanificare gli effetti degli sconti obbligatori sui premi assicurativi che, in mancanza, ironia della sorte rimarrebbero a carico degli assicurati vittime di incidenti.

Altra, ancor più seria, “svista” del legislatore risiederebbe proprio nell’intitolazione dei novellati articoli 138 e 139.

Ed invero, se in precedenza gli stessi titolavano “Danno biologico per lesioni di non lieve entità” (art. 138) e “Danno biologico per lesioni di lieve entità” (art. 139), oggi sono stati rinominati, rispettivamente, “Danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità” e “Danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità”.

Se, all’apparenza, la differenza sembrerebbe solo lessicale, a ben vedere la stessa risulterebbe di non poco conto, anzi (!!!).

Per danno biologico s’intende comunemente la lesione all’integrità psicofisica, dal quale anni di granitica giurisprudenza hanno escluso il cd. danno morale, inteso sinteticamente come la sofferenza patita dalla vittima di lesioni fisiche, pertanto, liquidato (risarcito) in aggiunta al danno biologico.

Generalmente il danno morale viene calcolato, in caso di sinistro stradale, nella misura proporzionale di 1/3 (in percentuale circa il 33%) del risarcimento ottenuto a titolo di danno biologico.

Pertanto, in caso di risarcimento del danno biologico pari ad Euro 10.000,00 il danno morale verrebbe liquidato nella misura di Euro 3.300,00 circa (totale 13.300,00).

Tuttavia, come è noto, la categoria del danno morale, rientra, assieme al danno biologico, nella più vasta categoria dei cd. danni non patrimoniali, vale a dire di quelli che non comportano una lesione al patrimonio.

Ciò posto, la nuova formulazione degli artt. 138 e 139, dai quali è stata eliminata la locuzione “danno biologico”, e inserita al suo posto quella di “danno non patrimoniale”, porterebbe con se la nefasta conseguenza dell’eliminazione della risarcibilità del danno morale, oltre ad altri tipi di danno (ad esempio, i cd. danni esistenziali).

La nuova formulazione, infatti, risarcisce il “danno patrimoniale” tout court, sulla scorta di tabelle prefissate, in relazione alla percentuale di invalidità permanente, ai giorni di inabilità assoluta e temporanea, ridotti sulla scorta di coefficienti decrescenti che tengono conto dell’età del danneggiato, peraltro, come evidenziato, in misura inferiore rispetto al passato.

L’angosciante dubbio risiede nel fatto che, come accennato, con l’intestazione delle norme “danno non patrimoniale”, verrebbero ricompresi – tra gli altri – sia il danno biologico che quello morale, liquidati a questo punto entrambi sulla scorta delle riferite (più basse) tabelle in vigore, con esclusione, pertanto, dell’autonoma consolidata risarcibilità del danno morale (nella misura di 1/3) in aggiunta a quello biologico.

Allo stato, quindi, il timore è che con le tabelle con le quali in precedenza si risarciva solo il danno biologico, oggi si voglia risarcire anche il danno morale.

Se tale modifica al Codice delle Assicurazione si rivelerebbe disastrosa per le vittime di incidenti stradali (consumatori e utenti delle assicurazioni), di contro, comporterebbe enormi risparmi, in termini di milioni di euro, alle compagnie assicuratrici, pari almeno ad un terzo (1/3 infatti era il valore del danno morale) del totale dei risarcimenti liquidati ogni anno.

Speriamo allora che la dedotta “scomparsa” del danno morale, si riveli l’ennesima distrazione del legislatore e che, con la conversione del DDL, ponga rimedio alla questione, salvo sperare, nel caso di pervicace conferma della norma “incriminata”, che la giurisprudenza nella continua opera di esegesi delle leggi compia un atto di giustizia sociale.

Avv. Accoti Paolo

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