La mediazione e la negoziazione assistita. I casi di obbligatorietà e gli aspetti procedurali.

Aggiornamenti giurisprudenziali:

Negoziazione assistita, si applica alle coppie di fatto?

Tribunale di Como, decreto del 13 gennaio 2016


Tra gli strumenti per la definizione stragiudiziale delle controversie particolare rilievo assumono gli istituti della mediazione e della negoziazione assistita.

La mediazione – originariamente introdotta dal decreto legislativo 28/2010, dichiarato incostituzionale per eccesso di delega, è stata reintrodotta dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 che ha convertito con modifiche il D.L. 69/2013, con il quale sono stati “corretti” i profili d’incostituzionalità della normativa originaria – è in vigore dal 20 settembre 2013.

Più recente risulta l’istituto della negoziazione assistita – introdotto con il decreto legge 132/2014, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 – entrata in vigore (in linea teorica) il 13 settembre 2014 ma, concretamente applicabile dal 9 febbraio 2015, visto che l’art. 3 co. 8 D.L. 132/2014 stabilisce che l’improcedibilità dell’azione giudiziaria (negoziazione obbligatoria), introdotta con tale articolo, acquista efficacia solo decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, con l’eccezione della negoziazione obbligatoria in materia di contratti di trasporto, in vigore invece dal 1° gennaio 2015.

LA MEDIAZIONE

E’ quella “attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (art. 1 lett. a), D.Lgs. 28/2010).

La mediazione può essere obbligatoria, allorquando è condizione di procedibilità per l’eventuale giudizio civile, facoltativa ovvero disposta dal giudice, considerato che lo stesso, anche in sede di appello, può imporre l’esperimento del tentativo di mediazione che, pertanto, anche in questo caso diverrà condizione di procedibilità (obbligatoria su valutazione del giudice).

Le materie in cui la mediazione risulta obbligatoria sono quelle in tema di “condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazioni, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari”.

La mediazione non è più condizione di procedibilità della domanda giudiziale e, pertanto, non risulta obbligatoria: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell’azione civile esercitata nel processo penale (art. 4 n. 4) D.Lgs. 28/2010).

Anche nei casi di mediazione obbligatoria, tuttavia, è sempre possibile richiedere al giudice i provvedimenti che, secondo la legge, risultano urgenti e indilazionabili.

L’obbligo della mediazione rimarrà in vigore per quattro anni, al termine dei quali il Ministero della Giustizia dovrà esaminarne i risultati e le problematiche emerse.

Nelle materie in cui esiste l’obbligatorietà della mediazione le parti dovranno necessariamente farsi assistere da un avvocato.

La mediazione viene introdotta con una istanza da presentarsi all’organismo di mediazione prescelto, presente nel luogo del giudice territorialmente compete per il giudizio. In altri termini, si configura una competenza territoriale analoga a quella del giudice competente a conoscere della causa.

Gli organismi di mediazione debbono essere iscritti in un apposito registro del Ministero della Giustizia e sono ordinati secondo il numero di iscrizione. L’organismo di mediazione può essere operativo in più luoghi contemporaneamente ma le domande di mediazione vanno presentate alla sede legale dell’organismo, mentre gli incontri di mediazione possono svolgersi anche presso le sedi operative.

Il mediatore deve possedere i seguenti requisiti: possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale, o in alternativa, essere iscritti ad un collegio o ordine professionale; non essere incorso in interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento; non essere stato sottoposto a misure di sicurezza o di prevenzione; non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o pena detentiva non sospesa.

Chi vuole intraprendere questa professione deve acquisire una specifica formazione, seguendo uno speciale corso per mediatore civile (corso di 50 ore e test di valutazione), con aggiornamento almeno biennale.

Gli avvocati, in virtù delle specifiche competente in materia, sono mediatori di diritto. Vale a dire che per far parte di un organismo di mediazione non avranno necessità di frequentare lo specifico corso ma dovranno, tuttavia, partecipare agli aggiornamenti con cadenza biennale.

Una volta intrapreso il procedimento di mediazione, a seguito di apposita istanza (che deve contenere i dati dell’organismo di mediazione, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa), viene fissato un incontro preliminare tra le parti nel corso del quale il mediatore designato informa le stesse sulla funzione e le modalità di svolgimento della procedura. In questo primo incontro il mediatore ha vieppiù il compito di verificare l’effettiva possibilità di un accordo e, qualora emerga l’impossibilità dello stesso, questa diverrà condizione sufficiente per la procedibilità dell’azione giudiziaria. In questo caso nessun compenso è dovuto all’organismo di mediazione (art. 17 n. 5-ter D.Lgs. 28/2010).

Questa sorta di gratuità, introdotta dall’art. 84, co. 1, lett. p), n. 2), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, risulta oltre modo capziosa: se da un lato, infatti, il legislatore vessa gli utenti della giustizia con continui aumenti dei costi (contributo unificato, marche da bollo, ecc.), dall’altro scarica sugli organismi di mediazione i costi relativi alla procedura di conciliazione – nella stragrande maggioranza dei casi obbligatoria – nell’ipotesi in cui risulti impossibile raggiungere un accordo.

Il procedimento di mediazione ha una durata massima stabilita dalla legge di tre mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire.

All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Come detto, al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. Il procedimento si svolge senza particolari formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo e il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia (art. 8. D.Lgs. 28/2010).

Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo è tenuto all’obbligo di riservatezza, anche nei confronti delle stesse parti, rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate (art. 9 D.Lgs. 28/2010).

Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità (art. 10 D.Lgs. 28/2010).

Se la mediazione riesce, l’accordo viene verbalizzato e sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti. Il verbale di conciliazione così sottoscritto avrà efficacia di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione per gli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, e ciò senza nessun ulteriore incombenza, considerato che i difensori delle parti ne certificano la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico.

In tutti gli altri casi (sono essenzialmente quelli relativi ad accordi raggiunti senza l’assistenza degli avvocati – mediazione facoltativa), l’efficacia di titolo esecutivo dell’accordo potrà essere ottenuto attraverso l’omologa del Presidente del tribunale competente.

Gli atti del procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, lo stesso verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro.

Da ricordare, infine, che quando la mediazione è condizione di procedibilità ex lege della domanda giudiziale (obbligatoria) ovvero quando la stessa è disposta dal giudice, le parti meno abbienti possono accedere gratuitamente al procedimento, nel caso sussistano le condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio nel giudizio in tribunale.

LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA

La convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati …” (art. 1 D.L. 132/2014).

Detta procedura, pertanto, è finalizzata alla composizione bonaria della lite, con la sottoscrizione delle parti – assistite dai rispettivi difensori – di un accordo detto convenzione di negoziazione.

La negoziazione assistita può essere volontaria, siccome scelta liberamente dalle parti – ma non può avere ad oggetto diritti indisponibili né vertere in materia di lavoro – ovvero obbligatoria (ex lege), essendo il procedimento di negoziazione condizione di procedibilità della domanda (rilevabile d’ufficio o eccepita dal convenuto non oltre la prima udienza).

Il legislatore ha poi previsto specifiche disposizioni in materia di negoziazione assistita facoltativa in materia di famiglia (Separazione e divorzio. Gli istituti introdotti dal DL 132/2014: la negoziazione assistita dagli avvocati e l’accordo dinnanzi all’ufficiale dello stato civile. Contenuti e aspetti procedurali, esperibilità e rischi delle procedure. www.StudioCataldi.it).

L’obbligatorietà vige in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per chi intenda proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo (ad eccezione, come detto sopra, dei crediti in materia di lavoro) di somme non eccedenti cinquantamila euro (art. 3 co. I D.L. 132/2014) ed ora, con la legge di stabilità 2015, anche in materia di contratti di trasporto o di sub-trasporto (art. 249 L. 190/2014).

La negoziazione sotto pena di improcedibilità non si applica: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione; b) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva (art. 696-bis cpc); c) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; d) nei procedimenti in camera di consiglio; e) nell’azione civile esercitata nel processo penale (art. 3 co. III D.L. 132/2014).

Nella procedura di negoziazione le parti devono farsi assistere necessariamente da un avvocato, il quale avrà il dovere deontologico di informare il cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita, con il divieto per lo stesso di impugnare l’accordo al quale abbia partecipato.

Il procedimento viene avviato con l’invito alla controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L’invito, redatto per iscritto a pena di nullità, sottoscritto dalla parte personalmente con firma autenticata dal difensore, deve specificare l’oggetto della controversia con l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio, della responsabilità aggravata (art. 96 cpc) e dell’esecuzione provvisoria (art. 642 cpc).

La controparte, nei trenta giorni dalla ricezione, può rifiutare l’invito, non aderire o aderire allo stesso. Se l’invito è rifiutato o non accettato nel termine sopra detto, la domanda giudiziale deve essere proposta nel medesimo termine (30 giorni) decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione o dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati.

La comunicazione dell’invito, al pari della sottoscrizione della convenzione, sospendono il decorso del termine prescrizionale.

La convenzione di negoziazione assistita, oltre all’oggetto della controversia, deve indicare il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, che non deve essere inferiore a un mese né superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti.

L’accordo che definisce la controversia, sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. I difensori, certificano l’autenticità delle firme e la conformità della convenzione alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Gli avvocati e le parti hanno l’obbligo di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute.  Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto. I difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite (art. 9 D.L. 132/2014).

I difensori sono altresì tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine del luogo ove l’accordo è stato raggiunto o, in alternativa, al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.

Il compenso per l’opera professionale fornita dai rispettivi avvocati rimane a carico delle parti. Nel solo caso di negoziazione assistita obbligatoria, all’avvocato non è dovuto il compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 3 co. V Dl 132/2014), prescrizione quest’ultima alquanto stravagante, considerato che, molto probabilmente, l’avvocato non accetterà un incarico non remunerato.

Avv. Accoti Paolo

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