L’istituto di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato maggiorenne, recentemente introdotto dalla legge n.67 del 28 aprile 2014, è stato oggetto di una recente ordinanza del Tribunale di Milano che, relativamente all’ammissibilità della richiesta di messa alla prova nei casi in cui l’imputato sia chiamato a rispondere di più reati, ha risolto la questione in senso affermativo.
Nel caso di specie per ciascuno dei reati contestati all’imputato, risulta ammissibile la richiesta di messa alla prova. Ai sensi dell’art. 168 bis, comma 1 c.p., infatti, la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova può essere avanzata in relazione ai “reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anno, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria”; ai “delitti indicati dall’art.550, comma 2, c.p.p.”.
Trattandosi, nel caso de quo dei reati di cui agli artt. 186, comma 7, d.lgs 285/1992 (rifiuto di sottoporsi ad alcool-test) e 341 bis c.p. (oltraggio a pubblico ufficiale), entrambi puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni e del reato di cui all’art.337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale), rientrante nel novero dei delitti ex art. 550, comma 2 c.p.p., certamente la messa alla prova risulta ammissibile per ciascun reato, singolarmente considerato.
Ai sensi dell’art. 168 bis, comma 4, c.p. :“la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa per più di una volta”.
Tale disposizione, secondo il giudice a quo, tuttavia, non determina di per sé l’inammissibilità della richiesta in quanto la sospensione viene, nel caso di specie, concessa soltanto una volta, seppure in relazione a più reati.
Nell’ordinanza si ritiene, in buona sostanza, che la locuzione legislativa “per più di una volta” non coincide con quella “per più reati”, perché se così fosse, ciò comporterebbe non soltanto una evidente forzatura in malam partem del tenore letterale della norma, ma svilirebbe la portata applicativa dell’istituto in esame, ponendosi in contrasto con la sua ratio che è volta a perseguire finalità deflattive e ad offrire all’imputato l’occasione per compiere una diversa ed onesta scelta di vita. D’altronde il processo penale mira ad una funzione rieducativa e di aiuto sociale della persona che risulterebbe compromessa laddove si escludesse l’applicabilità della messa alla prova allorché all’imputato venga contestata una pluralità di reati anche quando, per ciascuno di essi, singolarmente considerato, sia ammissibile la sospensione del processo con messa alla prova.
Conclude l’ordinanza “la presenza di una pluralità di reati contestati, quando – per ciascuno di essi, singolarmente considerato – la richiesta risulti ammissibile, non può di per sé giustificare il rigetto della richiesta di messa alla prova, a prescindere dalla sussistenza o meno di un vincolo di continuazione tra gli stessi”.
La pluralità di contestazioni a carico dell’imputato è una dato che “il giudice può – anzi deve – considerare nella formulazione della prognosi in ordine al futuro comportamento della persona e all’astensione di quest’ultima dal commettere ulteriori reati”, ma non può rappresentare l’unico motivo per il quale si giunga al rigetto dell’istanza di messa alla prova dell’imputato, purché per i singoli reati l’istituto sia pacificamente ammissibile.
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