La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione nelle procedure ad evidenza pubblica

Patti Giovanni 07/07/15

Il presente commento attiene alla rilevante sentenza n. 9636 pronunciata, dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione, il 12 maggio 2015, che involge importanti questioni afferenti alla responsabilità precontrattuale della P.A. emergente in sede di affidamento pubblico.

La vicenda de qua trae origine dalla sospensione di un contratto di appalto per la costruzione di opere da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice a causa del diniego di registrazione dello stesso opposto dalla Corte dei Conti.

Mentre, dunque, l’Amministrazione riteneva che il mancato rilascio del visto comportasse l’invalidità del contratto nei propri confronti, dall’altro, l’aggiudicataria, dal canto suo, rilevava la sussistenza di una responsabilità precontrattuale a carico dell’Amministrazione per avere tenuto un comportamento contrario ai principi di buona fede e correttezza.

Tra l’altro, l’affidamento incolpevole dell’impresa nella positiva conclusione del contratto era avvalorato dalla già intervenuta consegna dei lavori alla stessa per ragioni di urgenza.

In un contesto così delineatosi, l’impresa ricorreva, chiedendo, unitamente ad altre voci, la risoluzione del contratto di appalto per inadempimento dell’Amministrazione e il risarcimento dei danni patiti.

Orbene, nei primi due gradi di giudizio, tali richieste non trovavano accoglimento e, al riguardo, la Corte di Appello di Roma deduceva che la mancata registrazione del decreto avesse privato il contratto di appalto della relativa esecutorietà. Una circostanza esterna, a detta del giudice di seconde cure, indipendente dall’attività dell’Amministrazione che, invece, aveva svolto regolarmente l’intero iter procedimentale.

Ciò premesso, in punto di diritto, il corpo della sentenza in esame si snoda attraverso l’analisi di due questioni principali ed essenziali per addivenire alla corretta soluzione della controversia che si identificano, l’una nell’esame dei confini della responsabilità precontrattuale della P.A. per violazione dell’art. 1337 e l’altra nella valutazione della possibilità di escludere la culpa in contrahendo dell’Amministrazione per la conoscenza della causa di invalidità del contratto da parte dell’impresa ex art. 1338 c.c. .

Per quanto attiene al primo aspetto, il principio della tutela dell’affidamento rileva, secondo la giurisprudenza, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, a partire dall’approvazione della determina a contrarre e fino al momento dell’aggiudicazione definitiva. La tutela dell’affidamento nelle pubbliche gare assume, dunque, connotati differenti in ragione della fase in cui si trova la gara.

Tale affidamento sarà minimo nel caso della determina a contrarre, si accentuerà a seguito dell’emanazione del bando e si consolida per effetto dell’aggiudicazione definitiva. Con la stipula del contratto di appalto, invece, questo sarà soggetto alle specifiche norme disciplinanti l’esecuzione del contratto.

In tale ottica si riconosce ab origine una posizione di legittimo affidamento, ancor prima dell’aggiudicazione, che può discendere anche dalla stessa mancata conclusione del procedimento di gara.

Delineati i confini dell’aspettativa qualificata che nutre l’impresa partecipante alla selezione pubblica, la tutela di delle sue ragioni passa per il comportamento diligente, corretto e leale dell’Amministrazione banditrice, la cui violazione integrerebbe un’ipotesi di responsabilità precontrattuale.

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che la responsabilità precontrattuale non è responsabilità da provvedimento, ma da comportamento e presuppone la violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto, ben prima, dunque, della definitiva determinazione del contraente.

Diversi sono i casi palesatesi dinanzi alla Corte di Cassazione che confermano tale ultima accezione. Si pensi alla omessa redazione del contratti formale senza giustificazione, oppure allorquando, stipulato il contratto, questo non venga trasmessa all’autorità di controllo.

Soffermando l’attenzione sull’ultima ipotesi esplicitata, indubbiamente affine alla questione de qua, la giurisprudenza in più occasioni (Cass. n. 23393 del 2008; Cass. n. 3383 del 1981; Cass. n. 3008 del 1968) ha statuito che laddove l’Amministrazione abbia preteso l’adempimento della prestazione prima dell’approvazione del contratto da parte dell’autorità di controllo, questo comportamento è suscettibile di dare luogo a responsabilità precontrattuale per aver violato l’affidamento ingeneratosi nell’altra parte.

Sulla scorta di tale orientamento, la sesta sezione della Corte di Cassazione ha pronunciato il seguente principio di diritto: “nel caso in cui, all’esito della procedura di evidenza pubblica, sia stipulato il contratto la cui efficacia sia condizionata all’approvazione da parte dell’autorità di controllo (nella specie, alla registrazione del decreto di approvazione da parte della Corte dei Conti), l’Amministrazione committente ha l’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza (artt. 1337 e 1338 c.c.), cioè di tenere informato l’altro contraente delle vicende attinenti al procedimento di controllo e di fare in modo che non subisca pregiudizi connessi agli sviluppi e all’esito del medesimo procedimento, essendo in condizioni di farlo, in ragione del suo status professionale nel quale è implicita una posizione di garanzia nei confronti di coloro che si rapportano ad essa; l’Amministrazione è quindi responsabile qualora, avendo preteso l’anticipata esecuzione della prestazione, abbia accettato il rischio del successivo mancato avveramento della condizione di efficacia del contratto a causa della mancata registrazione del decreto di approvazione, in tal modo frustrando il legittimo e ragionevole affidamento del privato nella eseguibilità del contratto”.

Il secondo profilo esaminato nella sentenza in esame, come detto, riguarda il possibile esonero di responsabilità dell’Amministrazione per la necessaria conoscenza della condizione di invalidità del contratto da parte dell’impresa.

In altri termini, l’indagine da effettuare attiene alla verifica della sussistenza, o meno, di una responsabilità ex art. 1338 c.c. per avere l’Amministrazione sottaciuto riguardo ad una causa di invalidità del contratto (mancata registrazione del decreto di approvazione), lasciando che si ingenerasse un legittimo affidamento in seno all’altra parte.

Sul punto, è costante l’opzione interpretativa per la quale la responsabilità prevista dall’art. 1338 c.c., a differenza di quella di cui all’art. 1337 c.c., tutela l’affidamento di una delle parti non nella conclusione del contratto, ma nella sua validità, sicchè non è configurabile una responsabilità precontrattuale della P.A. ove l’invalidità del contratto derivi da norme generali che si presumono note alla generalità dei consociati e, quindi, tali da escludere l’affidamento incolpevole della parte adempiente.

Parimenti, capovolgendo il punto di vista, si può altresì affermare che il medesimo art. 1338 c.c. sancisce una violazione in danno alla parte che abbia confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto. La parte che è in colpa, perché a conoscenza della invalidità o inefficacia del contratto, non può addossare alla controparte il danno che è conseguenza del proprio comportamento.

L’art. 1338 c.c., dunque, calato nell’alveo dei rapporti tra cittadini e P.A., svolge la funzione di compensare l’asimmetria informativa nelle contrattazioni tra le parti che non si trovano su un piano di parità.

Tuttavia, non è possibile aprioristicamente determinare quali siano le “norme generali da presumersi note alla generalità dei consociati” (Cass. n. 4635 del 2006) ma è necessario che il giudice indaghi caso per caso sulla diligenza e, quindi, sulla scusabilità dell’affidamento del contraente avendo riguardo non solo alla conoscibilità astratta della norma ma anche dell’esistenza di interpretazioni univoche della giurisprudenza.

Difatti, la stessa conoscibilità astratta della previsione legislativa non dimostra necessariamente che il privato sia in colpa, specialmente quanto questo contragga con un’Amministrazione che non solo rimanga silente, ma improvvisamente conduca il procedimento sino alla stipulazione di un contratto destinato a rimanere efficace.

Dalle siffatte conclusioni, la Corte deriva e pronuncia il secondo principio di diritto che testualmente recita: “accertare se un contraente abbia confidato colpevolmente o incolpevolmente nella validità ed efficacia del contratto (concluso o da concludere) con la Pubblica Amministrazione – al fine di escludere o affermare la responsabilità di quest’ultima, a norma dell’art. 1338 c.c., – è un’attività propria del giudice di merito, il quale deve verificare in concreto se la norma (di relazione) violata sia conosciuta o facilmente conoscibile da qualunque cittadino mediamente avveduto (e sia quindi causa di invalidità “autoevidente”), tenuto conto della univocità dell’interpretazione della norma e della conoscenza e conoscibilità delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità; in presenza di norme (di azione) che l’Amministrazione è tenuta istituzionalmente a conoscere ed applicare in modo professionale (come, ad esempio, quelle che disciplinano il procedimento di scelta del contraente), essa ha l’obbligo di informare il privato delle circostanze che potrebbero determinare la invalidità o inefficacia e, comunque, incidere negativamente sulla eseguibilità del contratto, pena la propria responsabilità per culpa in contraendo, salva la possibilità di dimostrare in concreto che l’affidamento del contraente sia irragionevole, in presenza di fatti e circostanze specifiche”.

Patti Giovanni

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