La Legge finanziaria 296/2006, all’art.1 comma 251, ha stabilito che “(..)è fatto obbligo per il titolare delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine della balneazione(…).” Analoga previsione è rinvenibile al comma 254, dove si legge che “le Regioni, nel predisporre i piani di utilizzazioni delle aree del Demanio Marittimo, sentiti i comuni interessati, devono individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al dine di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompressa nella concessione, anche al fine di balneazione”
La lettura della norma ha posto da subito una molteplicità di interrogativi riguardanti la compatibilità della legge con le concessioni balneari in corso ed in particolare sul diritto di accesso e di transito all’interno degli stabilimenti balneari e la possibilità o meno di sostare all’interno degli stessi ai fini della balneazione. Altra questione controversa è stata quella riguardante il modo in cui contemperare il diritto dei bagnanti ad utilizzare la battigia “in libertà” con quello dei fruitori dei servizi offerti dagli stabilimenti balneari, senza subire ostacoli ed ostruzioni da parte dei bagnanti non paganti.
Non essendo disponibili interpretazioni autentiche, né precedenti giurisprudenziali tali da creare un orientamento consolidato, si sono formati da subito vari orientamenti interpretativi che hanno dato luogo ad applicazioni divergenti.
Sulle prime alcune Amministrazioni locali sono parse prudenti e in posizione di generale attesa, accogliendo una interpretazione genericamente restrittiva ma costituzionalmente orientata. Secondo questa lettura Il diritto di accesso e transito sarebbe stato consentito soltanto quando il Comune (le competenze del Comune in materia di Demanio marittimo sono stabilite agli art.42, secondo comma lettera a) del T.U. Enti locali e all’art. 105 del dlg.112 del 1998) non avesse conservato alla collettività spiagge ad utilizzo libero oppure, non fosse stato possibile alcun accesso a tali spiagge se non attraverso l’ingresso negli stabilimenti balneari. Questa impostazione si fondava sopratutto sull’art.1 comma 254 della Legge Finanziaria del 2006 e quindi sul concetto che la ratio perseguita dal legislatore fosse stata essenzialmente quella di assicurare ai cittadini “un corretto equilibrio tra aree concesse e arenili liberamente fruibili.
Sempre secondo questa lettura, il diritto di accesso e transito andava inteso soltanto come possibilità per il privato di entrare all’interno degli stabilimenti e utilizzare l’area antistante lo stabilimento per raggiungere la spiaggia libera.
Con il passare del tempo si è affermata tuttavia una visione contraria che nella prassi delle Amministrazioni locali ha considerato sempre azionabile il diritto di accesso e transito all’interno degli stabilimenti balneari, anche ai fini della balneazione. E’ stato questo l’ orientamento che ha guidato, solo a titolo di esempio, la Regione Liguria e le Ordinanze dei principali comuni costieri liguri,come del resto la legislazione pugliese, emiliana e quella di numerosissimi altri centri costieri.
Anche il quadro giurisprudenziale è apparso significativamente mutato, segnato in particolare da numerose pronunce dei tribunali amministrativi regionali a cui sono seguite le importanti Ordinanze del 10 giugno della sesta sezione del Consiglio di Stato che hanno avuto il merito di chiarire per prime la questione,assicurando finalmente un poco di certezza alla questione.
Il Consiglio di Stato ha infatti rigettato in due Ordinanze distinte le istanze cautelari presentate da due operatori balneari di Ostia che si erano appellati contro il provvedimento predisposto dal Campidoglio, che imponeva la rimozione dei cancelli che ostruiscono l’accesso libero alla spiaggia. Dopo la decisione del Tar che solo un mese aveva definito la presenza dei varchi legittimi, ora il Consiglio di Stato ha avallato l’operato del Comune di Roma che era andato con le ruspe ad aprire i varchi
In particolare l’Ordinanza n. 2543/2015 del Consiglio di Stato, dirimendo la questione relativa all’accessibilità pubblica alla battigia e al mare ha precisato che “il demanio marittimo è direttamente ed inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato, rispetto alla quale l’esclusività che nasce dalla concessione costituisce eccezione” precisando inoltre che “ di tale principio generale costituiscono applicazione, tra l’altro, l’art.1, comma 251 lettera e) della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, a norma del quale costituisce clausola necessaria del provvedimento concessorio l’obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’aria ricompressa nella concessione, anche al fine di balneazione.”
Si tratta a tutti gli effetti della prima pronuncia assoluta del Consiglio di Stato sul tema, una pronuncia che afferma con forza il carattere pubblico della fruizione collettiva del demanio marittimo e che considera l’esclusività sorta dalla concessione come una eccezione alla regola. Eccezione che , sempre secondo i Giudici, proprio per questo deve comunque soggiacere ai principi generali dell’Ordinamento e quindi naturalmente alla Legge(in questo senso va inteso il perentorio richiamo letterale all’art. 1 comma 251 lett.e della Legge 296/2006). Se non fosse bastato il richiamo diretto alla norma, l’Ordinanza della Corte comunque è andata oltre, chiarendo che il principio dell’accessibilità pubblica alla battigia e al mare è a tutti gli effetti “clausola necessaria del provvedimento concessorio” sgombrando in tal modo per adesso ogni dubbio interpretativo o residua resistenza all’applicazione letterale della norma.
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