Nota a Cass. pen., sez. V, sentenza ud. 23 giugno 2015 (dep. 6 luglio 2015), n. 28663, Pres. F. Ippolito, Giud. estens. G. De Amicis.
Nella sentenza n. 28663 emessa dalla Cassazione, sez. V, in data 23 giugno 2015[1], è stato asserito il principio di diritto secondo il quale: «il giudizio di complessità ex art. 304 c.p.p., comma 2, – che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare – ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all’attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell’attività da compiere, sulla base di un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato».
Nel caso di specie, la difesa si doleva, da un lato come, nell’ordinanza impugnata, non si fosse «fatto riferimento a dati concreti, limitandosi ad avvalorare acriticamente le ragioni sottese alla richiesta sul punto avanzata dal P.M.», dall’altro, che le esigenze strutturali ed organizzative non potessero «prevalere su un diritto inviolabile quale quello della libertà personale, anche in ragione del rinvio subito dal processo di merito per la mancanza di spazi nell’aula predisposta per la sua celebrazione».
Il Supremo Consesso, invece, ha ritenuto legittimo il provvedimento adottato ritenendo che le ragioni giustificative, poste a sostegno di questo provvedimento, fossero «state congruamente ed esaustivamente esposte nel richiamare i dati oggettivi rappresentati dal numero e dalla struttura delle imputazioni, dal numero degli imputati e da quello, elevatissimo, dei testimoni indicati nelle rispettive liste, oltre che dalla necessità di trascrizione di un rilevante numero di intercettazioni, con la conseguente esigenza di calendarizzare i tempi di espletamento dell’istruttoria dibattimentale».
Ebbene, la pronuncia in commento si palesa condivisibile per le seguenti ragioni.
Quanto al modo in cui la Cassazione ha chiarito come debba avvenire il vaglio prognostico in questi casi, il principio di diritto suesposto si pone in perfetta consonanza con un costante orientamento nomofilattico con cui è stato parimenti postulato che il «giudizio di complessità del dibattimento, ex art. 304 comma 2 c.p.p. – che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare – ha necessariamente carattere prognostico e, pertanto, deve essere formulato in ragione dell’attività da compiere e non già con riguardo all’attività espletata ed esaurita»[2].
Al riguardo, anche gli indici sintomatici, utilizzati per inferire la sussistenza della complessità del giudizio, sembrano essere più che sufficienti per compiere questo vaglio prognostico.
Difatti, sempre secondo quanto rilevato dalla Cassazione, rientrano nel concetto di complessità di cui all’art. 304, co. II, c.p.p. «tutti quei fatti, interni al processo e al dibattimento, che, prolungando i tempi del giudizio per esigenze connesse all’assunzione ed all’esame delle prove, alle udienze istruttorie e di discussione, ai giorni di delibazione della decisione, fanno ritenere, con ragionevole prognosi, l’impossibilità o la difficoltà che la sentenza sia emessa nei termini ordinari di custodia cautelare»[3] visto che «il riferimento normativo alla particolare complessità del dibattimento, quale limitata fase del processo, non ha valore escludente, ma estensivo, avendo voluto il legislatore valorizzare, come causa di sospensione, tutti gli elementi di complessità del giudizio. Sia quelli intrinseci al processo, come momento statico e cartaceo – numero degli imputati; pluralità e gravità delle imputazioni; molteplicità dei soggetti passivi dei reati; vastità della prova documentale acquisita ex art. 431 c.p.p. e da esaminare; copiosità degli atti processuali compiuti in primo grado e da controllare in appello. Sia quelli intrinseci al dibattimento, quale fase dinamica del giudizio – mezzi di prova richiesti ed ammessi, con particolare riferimento al numero degli imputati da esaminare e dei testi da escutere; delicatezza, importanza e numero delle questioni, sostanziali e processuali, dedotte con riferimento ad ogni singolo imputato; molteplicità dei difensori e durata della discussione finale e di quella preliminare o incidentale; rinnovazione del dibattimento»[4].
Orbene, in questo caso è evidente che il giudice di merito, avendo sostenuto la necessità di sospendere i termini di custodia cautelare alla luce del numero e dalla struttura delle imputazioni, dal numero degli imputati, dei testimoni nonché dell’esigenza di trascrivere un numerose operazioni captative, si è perfettamente attenuto ai criteri ermeneutici appena citati.
Infatti, è stata ravvisata tale complessità non in via meramente congetturale attraverso, ad esempio, «un semplice, generico richiamo al numero dei testi e documenti, tale da poter essere fatto quasi in ogni procedimento di criminalità organizzata»[5] «ovvero il generico richiamo al numero degli imputati o al numero delle “pagine” dell’incarico processuale»[6], ma attraverso invece l’individuazione «di fatti concreti e specifici relativi alla situazione processuale quale emerge dalla valutazione degli atti processuali a disposizione del giudice (v. Cass. Sez. 1, sent. n. 1192/1996, Rv.204522)»[7] quali possono essere per l’appunto il numero delle intercettazioni da riprodurre in giudizio.
Infine, si palesa altresì condivisibile l’altro passo argomentativo, posto a sostegno di detta decisione, ossia quello secondo il quale «la causa di sospensione rappresentata dalla complessità del dibattimento ha natura obbiettiva ed unitaria, con la conseguenza che deve ritenersi adeguatamente motivata l’ordinanza con cui il Giudice faccia riferimento al numero degli imputati, dei difensori e delle imputazioni, nonchè alla qualità e natura delle questioni da esaminare (Sez. 4, n. 17576 del 14/01/2004, dep. 16/04/2004, Rv. 228174)».
Ed invero, tale considerazione giuridica è stata espressa anche dalla Corte costituzionale avendo il giudice delle leggi osservato in egual misura che «il richiamo al dato obiettivo della complessità del dibattimento è ostativo al riconoscimento di posizioni individuali differenziate»[8] atteso che «la facoltà consentita al giudice dal comma 2 dell’art. 304 cod. proc. pen., non può comportare, ove effettivamente esercitata, distinzioni individuali fra imputati nel processo, (…) attenendo alla obiettiva complessità particolare del dibattimento e cioè ad una situazione collettiva (o cumulativa) comune a tutti i soggetti partecipi, anche per le condizioni di connessione di vario tipo insite nell’intreccio di incolpazioni correlate ed accomunanti»[9].
In conclusione, la sentenza in commento è sicuramente immune da qualsivoglia profilo di criticità giuridica in quanto motivata mediante argomentazioni giuridiche basate su orientamenti interpretativi nomofilattici consolidati nel tempo.
[1]Fonte: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20150707/snpen@s60@a2015@n28663@tS.clean.pdf.
[2]Cass. pen., sez. II, sentenza ud. 12 luglio 2013 (dep. 5 novembre 2013), n. 44625, in CED Cass. pen., 2013. In senso conforme, Cass. pen., sez. II, sentenza ud. 4 aprile 2012 (dep. 17 aprile 2012), n. 14508, in Diritto e Giustizia online 2012, 17 aprile; Cass. pen., sez. III, sentenza ud. 17 aprile 2013 (dep. 6 settembre 2013), n. 36638, in CED Cass. pen., 2013.
[3]Cass. pen., sez. V, sentenza ud. 6 luglio 1998 (dep. 21 ottobre 1998), n. 4507, in Arch. nuova proc. pen., 1998, 839.
[4]Ibidem.
[5]Cass. pen., sez. I, sentenza 17 aprile 1996, in Giur. it. 1997, II, 356 con nota di C. Pansini, Dibattimento «particolarmente complesso» e sospensione dei termini custodiali.
[6]Cass. pen., sentenza 23 maggio 1991, in Giust. pen., 1991, III,675.
[7]Cass. pen., sez. II, sentenza ud. 12 luglio 2013 (dep. 5 novembre 2013), n. 44625, in CED Cass. pen., 2013.
[8]Corte Cost., sentenza ud. 19 giugno 1997 (dep. 13 luglio 1997), n. 238, in Cass. pen., 1997, 3293; Giur. cost., 1997, 2269; Cons. Stato, 1997, II,1092; Dir. pen. e processo, 1997, 1072; Foro it., 1997, I,3106.
[9]Ibidem.
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