È ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dall’Agente della riscossione, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992. È questo l’innovativo principio sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza del 2 ottobre 2015, n. 19704, la quale risolve il variegato e contrastante orientamento giurisprudenziale in tema di impugnabilità dell’estratto di ruolo[1].
Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte, intervenendo sulla nota questione della impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato di cui all’art. 19 D.Lgs. 546/1992, afferma che il contribuente possa impugnare l’estratto di ruolo e la cartella di pagamento non validamente notificata, anche se ne venga a conoscenza per la prima volta mediante l’estratto di ruolo rilasciatogli dall’Agente della riscossione, senza dover necessariamente attendere uno specifico atto di intimazione per potersi difendere.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale “una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19 citato impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.
Nel caso di specie, una società impugnava dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale una cartella di pagamento ben oltre i termini perentori di impugnazione previsti dalla legge, assumendo di esserne venuta a conoscenza solo dall’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dall’Agente della riscossione.
I Giudici di prime cure dichiaravano l’inammissibilità del ricorso, ritenendo che solo formalmente l’atto opposto era la cartella, atteso che l’opposizione riguardava segnatamente l’estratto di ruolo, che è “atto interno dell’Agente della riscossione, non rientrante tra quelli tassativamente indicati dal primo comma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992”.
La decisione veniva confermata anche dai Giudici di secondo grado, i quali affermavano innanzitutto che la richiesta all’Agente della riscossione del rilascio di copia dell’estratto di ruolo non poteva comportare la riapertura dei termini per impugnare una cartella non tempestivamente opposta, ancorché per asserito difetto di notifica.
Successivamente, i medesimi ribadivano altresì la inammissibilità dell’impugnazione avverso l’estratto di ruolo, rilevando non solo la mancata indicazione dello stesso nel novero degli atti impugnabili ex art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ma anche la carenza del requisito della “coattività della prestazione tributaria ivi espressa” e, dunque, della idoneità a costituire “provocatio ad opponendum”, senza che per ciò stesso potesse lamentarsi una compressione del diritto di difesa del contribuente, al quale era riservata comunque la possibilità di dolersi della inesistenza della notifica della cartella in sede di impugnazione di atti successivi (pignoramenti, fermi o ipoteche).
La società proponeva ricorso per cassazione, assumendo che l’estratto di ruolo può essere oggetto di ricorso, in quanto parziale riproduzione del ruolo, che a sua volta è atto impugnabile, e che non rileva la natura interna dello stesso, poiché tramite esso il ricorrente viene a conoscenza di una determinata pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti, e da ciò scaturisce la nascita dell’interesse all’azione.
Con ordinanza interlocutoria n. 16055 del 2014, il Collegio della Corte di Cassazione rimetteva la questione alle Sezioni Unite, al fine di comporre il variegato e contrastante orientamento giurisprudenziale in tema di impugnabilità dell’estratto di ruolo. In particolare, la questione si poneva poiché l’estratto di ruolo non rientra tra gli atti tipici avverso cui è possibile proporre ricorso: tuttavia, al comma 3 dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 si legge che gli atti diversi da quelli indicati nella stessa norma non sono impugnabili autonomamente e che la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.
Da una lettura restrittiva della norma citata si evinceva quindi che il contribuente poteva impugnare il precedente atto non notificato solo dopo aver ricevuto la notifica dell’atto successivo (ad esempio, avviso di mora o intimazione di pagamento o iscrizione di ipoteca). Pertanto, il contribuente si trovava nella paradossale situazione di dover attendere un’iscrizione ipotecaria o un pignoramento, in quanto gli era preclusa la possibilità di ricorrere avverso l’estratto di ruolo, nonostante avesse appreso per la prima volta dell’esistenza di un debito a suo carico solo a seguito della richiesta di tale documento all’Agente della riscossione, non essendogli mai stata notificata la originaria cartella di pagamento.
Le Sezioni Unite operano innanzitutto una distinzione tra ruolo ed estratto di ruolo. Il ruolo viene definito quale atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge (artt. 10, lett. b), 11 e 12 D.P.R. n. 602 del 1973), anche con riferimento alla sua impugnabilità (art. 19 D.Lgs. n. 546/1992), nonché provvedimento proprio dell’ente impositore, contenente una pretesa economica che viene posta a conoscenza del contribuente con la notifica della cartella di pagamento nella quale è incorporato. L’estratto di ruolo è invece definito quale elaborato informatico, atto interno formato dall’Agente della riscossione, privo di qualsivoglia pretesa impositiva, diretta e/o indiretta e, dunque, non impugnabile per mancanza di interesse del debitore.
Ciò posto, i Giudici di piazza Cavour ritengono che, ancorché non sussista l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo, risulta certamente l’interesse ad impugnare il “contenuto” del documento stesso, ossia gli atti riportati nell’estratto di ruolo contenenti la pretesa a carico del contribuente.
Pertanto, i medesimi concludono ritenendo che una lettura costituzionalmente orientata dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza. Non può infatti escludersi che il contribuente abbia interesse a contrastare l’avanzamento del procedimento di imposizione e di riscossione il più presto possibile, ragion per cui non può essergli negata la facoltà di far valere, appena avutane conoscenza, la invalidità della notifica della cartella di pagamento tramite l’estratto di ruolo.
Alla luce dei suesposti principi sanciti dai Giudici di piazza Cavour, appare dunque evidente come il contribuente non dovrà più necessariamente attendere la notifica di un atto successivo per impugnare unitamente a quest’ultimo anche l’atto presupposto non notificato, ma potrà ricorrere avverso l’estratto di ruolo e impugnare tramite esso anche l’originario atto mai ricevuto[2].
Parimenti, si ritiene che il medesimo discorso debba valere con riferimento agli avvisi di accertamento esecutivi, riconoscendo al contribuente, per effetto della pronuncia in commento, la possibilità di ricorrere contro la comunicazione di Equitalia di presa in carico del credito, che in linea generale non è impugnabile.
Il contribuente ha comunque la possibilità di approfittare dell’accesso alla “tutela anticipata”, dovendo, in tal caso, procedere a presentare ricorso entro sessanta giorni dalla stampa del documento. Tale conclusione si deduce dalla circostanza che, ad avviso delle Sezioni Unite, benché per l’estratto di ruolo non possa parlarsi di notifica, la circostanza che si tratti di un
[1] Mentre con alcune sentenze la Corte ha stabilito l’ammissibilità della impugnazione avverso l’estratto di ruolo (cfr. ex multis, sent. 19.03.2014, n. 6395; sent. 19.01.2010, n. 724; ord. 6.07.2010, n. 15946; ord. 3.02.2014, n. 2248), con altre ha, al contrario, ritenuto che l’estratto di ruolo non può essere oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario (cfr. ex multis, sent. 15.03.2013, n. 6610; 20.03.2013, n. 6906; sent. 19.03.2014, n. 6395).
[2] Ciò anche in virtù del fatto che, come evidenziato in sentenza, nell’ultimo decennio in numerose pronunce della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, si è ripetutamente affermata l’impugnabilità dinanzi al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità che gli stessi siano espressi in forma autoritativa (cfr. ex multis, Cass., SS.UU., sentenze nn. 16293/2007 e 3773/2014).
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