“Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, come modificato dall’art. 34 D.Lgs. n. 150/2011, ed a seguito dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 Legge n. 794/1942, per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente da parte dell’avvocato devono essere trattate con la procedura prevista dall’articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 anche in ipotesi che la domanda riguardi l’an della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda.” Cass. n. 4002/2016
La sentenza della Cass. n. 4002/2016 è nata da un’ordinanza del Tribunale di Bari del 22.06.2012, che, in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, aveva dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 28 L. n. 794/1942, per avere ad oggetto contestazioni non limitate all’entità della somma dovuta a titolo di compenso per prestazioni giudiziali civili, in quanto estese alla stessa esistenza del rapporto obbligatorio.
Come noto, al rito sommario di cognizione disciplinato dal Decreto taglia-riti non si applica l’art. 702-ter c.p.c., che prevede il mutamento del rito da sommario a ordinario di cognizione. Si legge, infatti, nella su menzionata sentenza: “… quel controllo di concreta compatibilità della singola lite con le forme semplificate del rito, che nel procedimento sommario di cognizione facoltativo di cui agli artt. 702 bis ss. è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, è sostituito, nel procedimento sommario obbligatorio disciplinato dall’art. 3, D.Lgs. n. 150/2011, da una verifica, astratta ed irrevocabile, compiuta a monte dal legislatore sulla base delle caratteristiche riscontrate in alcune specie di controversie che hanno ad oggetto determinate specifiche materie …”.
Si ritiene che questo rappresenti un passaggio fondamentale della sentenza. Resta, tuttavia, da comprendere quali cause siano compatibili con le forme semplificate del rito, da sopportare una deroga al principio del doppio grado di giurisdizione, atteso che il provvedimento finale del rito speciale non è appellabile, e quali non siano compatibili con tali forme.
È proprio questo giudizio di compatibilità che sta dettando i ritmi ed i costi del sistema giustizia: si pensi alla volontà riformistica del Legislatore moderno di estendere il campo applicativo del rito ex artt. 702bis ss. c.p.c. a tutte le cause di minore valore economico o di minore complessità; la Cassazione, poi, non è nuova a questo tipo di operazioni interpretative, atteso che già nel 2014 ha esteso il rito sommario “speciale” anche alle cause concernenti onorari, diritti e spese per prestazioni civili anche di natura extragiudiziale, pur se funzionalmente collegate o complementari al procedimento (Cass. n. 21954/2014).
Al contrario, la prevalente giurisprudenza ha sempre estromesso dal campo di applicabilità del rito ex art. 14 D.Lgs. n. 150/2011 le controversie relative alla sussistenza degli stessi presupposti del diritto al compenso professionale, ai limiti del mandato, all’effettiva esecuzione delle prestazioni o alla sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa azionata, considerate evidentemente cause dalla trattazione o istruzione non semplificabile, trattabili, pertanto, con l’ordinario procedimento cognitivo (Cass. n. 7652/2004, Cass. n. 6578/2005, Cass. n. 23344/2008, Cass. n. 6225/2010, Cass.n. 21261/2010, Cass. n. 876/2012).
Va rammentato, tuttavia, che l’art. 34 D.Lgs. n. 150/2011 ha abrogato gli artt. 29 e 30 L. n. 794/1942 ed ha così modificato l’art. 28: “Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura se non intende seguire la procedura di cui all’art. 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.”.
Le cause relative a diritti, onorari e rimborsi di difensori per prestazioni giudiziali, dunque, sono state distinte non solo in base alla materia di riferimento della prestazione giudiziale resa, civile o penale/amministrativo, escludendo per queste ultime cause l’esperibilità del rito sommario speciale, ma, all’interno dello stesso ambito civile, sono state scisse le cause sull’an da quelle sul quantum, le prime a trattazione o istruzione non semplificabile, le seconde a trattazione o istruzione semplice.
La sentenza della Cassazione oggetto del presente articolo è dirompente nell’utilizzare un’interpretazione della materia, non frammentata, ma unitaria al fine di attuare i principi di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione di cui alla L. n. 69/2009.
La Cassazione espressamente abbraccia la tesi secondo la quale “l’intero giudizio di liquidazione dei compensi, comprensivo dei temi sull’an debeatur, dovrebbe essere trattato con il “nuovo” rito sommario. Conseguentemente, nel caso in cui il giudizio in tale materia venga introdotto con rito ordinario e, dunque, con atto di citazione (o con atto di citazione in opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall’avvocato), il Presidente del Tribunale o della Sezione tabellarmente competente dovrebbe: disporre il mutamento del rito da ordinario in sommario ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. n. 150/2011; nominare il Giudice relatore; fissare l’udienza di comparizione parti avanti al Collegio per la trattazione. Una tale soluzione ha evidenti vantaggi di economia processuale e sarebbe conforme al principio di conservazione degli atti processuali, evitando la declaratoria di inammissibilità che è espressamente esclusa dall’art. 3, 1° comma, D.Lgs. 150/2011, nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 702 ter, 2° comma, c.p.c”.
Il principio di diritto elaborato dalla Cassazione è teleologicamente ispirata dal contrastare quella differenziazione, portata all’eccesso, tra “sub oggetti” di cause ed altrettanti tipi di riti, al fine di agire, per via interpretativa, nella direzione di un raggruppamento dei “sub oggetti” in oggetti-materie, una naturale ricomposizione di due aspetti della stessa materia (an e quantum), di guisa da realizzare, per tale via, le esigenze di economia processuale e di semplificazione.
I riflessi indiretti del principio di diritto enunciato da Cass. n. 4002/2016 riguarderanno, peraltro, un istituto di recente introduzione e sotto monitoraggio, la negoziazione assistita obbligatoria, non operante per quelle cause nelle quali le parti possano stare in giudizio personalmente, senza il ministero di un difensore, tra le quali il rito ex art. 14 D.Lgs. n. 150/2011.
Sostituire, nelle cause riguardanti l’an debeatur, il rito sommario di cognizione “obbligatorio” a quello ordinario di cognizione comporterà inevitabilmente anche una retrocessione del campo applicativo del nuovo istituto di ADR, nato anch’esso per preservare il sistema giustizia.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento