Non esiste alcun tipo di incompatibilità tra il sussidio percepito quale lavoratore socialmente utile e la retribuzione ricevuta per l’ulteriore prestazione lavorativa, svolta a tempo parziale, con modalità e orari che non si sovrappongono all’attività di L.S.U.
Ed invero, la normativa specifica prevista per le attività socialmente utili e, in particolare, la contemplata limitata possibilità di cumulo del sussidio a tal uopo percepito con altri redditi, non modifica i tratti essenziali dell’istituto, consentendo a colui il quale svolge attività di L.S.U. la possibilità contestuale di fornire la propria attività lavorativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato part-time, ferma restando la necessaria compatibilità dell’orario di lavoro tra le distinte attività.
Tale principio è stata ribadito dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5226, pubblicata in data 16 marzo 2016.
Il lavoratore socialmente utile proponeva ricorso al Tribunale di Bologna al fine di ottenere sentenza di accertamento in merito alla legittima percezione delle somme corrispostegli quale sussidio per L.S.U., delle quali l’INPS aveva richiesto la restituzione.
Evidenziava l’istituto come il medesimo ricorrente aveva svolto contestualmente all’attività di lavoratore socialmente utile anche prestazioni lavorative quale lavoratore subordinato a tempo indeterminato presso un Ente locale, con orario di lavoro part – time.
Il Tribunale, sulla scorta della circostanza per cui la speciale normativa di cui all’art. 8., co. III, D. Lgs. 468/1997, sulle attività socialmente utili in merito all’assegno corrisposto a tale titolo, prevede delle ipotesi di non cumulabilità sono con riferimento a prestazioni precarie ovvero di disoccupazione prolungata, accoglieva la domanda del lavoratore, ritendo che la fattispecie relativa al divieto di cumulo nelle ipotesi sopra dette, non ricorreva nella vigenza di una prestazione lavoratori con contratto a tempo indeterminato, quand’anche part – time, non essendo configurabile nel caso di specie una provvisorietà della prestazione lavorativa.
Sull’appello proposto dal medesimo L.S.U., con l’opposizione dell’INPS che avanzava anche appello incidentale, la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento del gravame incidentale dell’INPS, condannava il lavoratore alla restituzione della somma versata quale sussidio per L.S.U.
Proponevano ricorso per cassazione entrambe le parti in causa affidando lo stesso, complessivamente, a tre motivi.
In particolare, viene eccepita dal lavoratore socialmente utile la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, 4° e 5° comma, del D. Lgs. 4681997, lamentando come sulla scorta della anzidetta norma non vi era un esplicito divieto di cumulo tra le menzionate prebende, specie in considerazione del fatto che l’orario di lavoro part – time non andava a sovrapporsi a quello svolto quale L.S.U.
Dal combinato disposto dai commi IV e V, del menzionato art. 8, emerge come: “4. L’assegno per i lavori socialmente utili è cumulabile con i redditi relativi ad attività di lavoro autonomo di carattere occasionale e di collaborazione continuata e coordinata, iniziate successivamente all’avvio del progetto. Ai fini delle presenti disposizioni, per attività di lavoro occasionale si intendono quelle svolte per il periodo massimo previsto per il mantenimento dell’iscrizione nella prima classe delle liste di collocamento e nei limiti di lire 7.200.000 lorde percepite, nell’arco temporale di svolgimento del progetto, condizioni risultanti da apposita documentazione. L’assegno è, altresì, cumulabile con i redditi da lavoro dipendente a tempo determinato parziale, iniziato successivamente all’avvio del progetto, nei limiti di lire 600.000 mensili, opportunamente documentati. L’assegno è, invece, incompatibile con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato con contratto a termine a tempo pieno. In tale caso, l’ente utilizzatore potrà valutare la possibilità di autorizzare un periodo di sospensione delle attività di lavori socialmente utili per il periodo corrispondente, dandone comunicazione alla sede INPS territorialmente competente. Le attività di lavoro autonomo o subordinato non devono in ogni caso essere di pregiudizio allo svolgimento delle attività di lavori socialmente utili o incompatibili con le attività medesime, secondo la valutazione del soggetto utilizzatore.
5. L’assegno per i lavori socialmente utili è incompatibile con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e con i trattamenti di pensionamento anticipato. In caso di avvio alle attività di lavori socialmente utili i titolari di assegno o di pensione di invalidità possono optare per il trattamento di cui al comma 3. Sono invece cumulabili con il trattamento di cui al predetto comma 3, gli assegni e le pensioni di invalidità civile nonché le pensioni privilegiate per infermità contratta a causa del servizio obbligatorio di leva.”.
Ciò posto, la Suprema Corte, nella sentenza del 19 aprile 2007, n. 9344, aveva avuto modo di evidenziare come: “Non vi è incompatibilità tra il sussidio per lo svolgimento di lavori socialmente utili ed il compenso ricavato da diversa attività di lavoro subordinato, svolta a tempo parziale, con orario e modalità che non interferiscono con il lavoro socialmente utile, alla stregua della normativa sopravvenuta, il D.Lgs. n. 468 del 1997, che limitando la possibilità di cumulare l’assegno per lavori socialmente utili con altri redditi, non ha modificato i lineamenti fondamentali dell’istituto, onde non vi sarebbe ragione di operare distinzioni, e sulla scorta del rilievo che il richiamo alla normativa sull’indennità di mobilità, fatto dalla L. n. 608 del 1996, art. 1, comma 3, valga non già per il divieto di cumulo tra sussidio e lavoro a tempo parziale, ma al diverso fine del regime della contribuzione riconoscendosi la contribuzione figurativa sia per il periodo in cui si gode dell’indennità di mobilità (L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 9), sia per il periodo in cui si svolgono lavori socialmente utili (D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 19)”.
L’indirizzo interpretativo in questione ha avuto continuità con la sentenza del 7 giugno 2012, n. 9205, ed ora trova consacrazione nel pronunciamento in commento, nel quale, ribadita l’assenza di inconciliabilità tra il sussidio percepito quale L.S.U. e le retribuzioni ottenute per l’attività lavorativa a tempo indeterminato, svolta part – time, attesa la non contraria dell’anzidetto cumulo ai principi portanti la disciplina dei lavoratori socialmente utili, siccome tesa “sostanzialmente a consentire lo svolgimento di attività lavorative compatibili (essenzialmente dal punto di vista dell’orario di lavoro) con l’espletamento di I.s.u.” (Cass. civ., Sez. Lav., 16.03.2016, n. 5226).
La Suprema Corte, pertanto, previa riunione dei ricorsi, accoglie quello proposto dal L.S.U. e cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
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