La responsabilità del medico e della struttura sanitaria (sia pubblica che privata), è stata oggetto nel corso degli anni di differenti opinioni, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa la natura contrattuale o extracontrattuale.
In particolare, si distingue la responsabilità della struttura sanitaria da quella del singolo medico, che concretamente, con la sua condotta ha provato lesioni o nei casi più gravi, la morte del paziente.
E’ ormai consolidato, l’orientamento giurisprudenziale, condiviso anche dalla dottrina prevalente, che qualifica la responsabilità della struttura sanitaria come responsabilità contrattuale ex art 1218 c.c. (a titolo semplificativo si evidenzia Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 2012, n. 1620, Cass.civ., sez. III, 20 marzo 2015, n. 5590).
Tale orientamento, si basa sulla circostanza che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico: il c.d. contratto di spedalità o di assistenza sanitaria, che comprende prestazioni primarie di carattere medico-sanitario, ma anche prestazioni accessorie, quali vitto, alloggio ed assistenza.
Quanto invece alla responsabilità del singolo medico, vi sono stati diversi dubbi interpretativi, circa la natura di tale responsabilità, in particolare ci si chiede che tipo di responsabilità vada ascritta al medico nel momento in cui il paziente si è rivolto ad una struttura sanitaria, ed è stato occasionalmente curato da un medico, il quale a sua volta ha un rapporto di lavoro con tale ente ed ha causato un danno al paziente. Dopo diversi dibattiti, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 589/1999 ha segnato una svolta, affermando per la prima volta la natura contrattuale della responsabilità medica.
In particolare, con la su citata sentenza, gli Ermellini precisano che, nel momento in cui il paziente si reca in ospedale e il medico lo prende in cura, si configura una sorta di “obbligazione senza prestazione” che trova la sua fonte nel c.d. Contatto Sociale. Dunque, poiché l’art. 1173 c.c., che indica le fonti dell’obbligazione, dispone che” Le obbligazioni derivano da contratto, fatto illecito o da ogni altro atto o fatto idonee a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”, in quest’ultima espressione “atto o fatto idoneo a cagionarle” potrebbe essere incluso il Contatto Sociale tra le fonti dell’obbligazione.
A sostegno della responsabilità contrattuale del medico, si sono susseguite nel corso degli anni, diverse pronunce, tra le quali: Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2011, n.2334; Cass. civ. sez. III, 19 maggio 2011, n. 11005; Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2015, n. 5590).
Dunque continua a parlarsi di responsabilità di natura contrattuale, nonostante l’intervento normativo sulla Responsabilità medica, ossia il c.d. Decreto Legge Balduzzi n.158/2012, convertito in legge 189/2012.
Originariamente, l’art. 3 del D.L Balduzzi n. 158/2012 prevedeva un mero rinvio all’art. 2236 c.c., ma non si pronunciava sul Titolo della Responsabilità del singolo medico. Tuttavia, in sede di conversione, il predetto art. 3 rubricato”Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie”, nella sua versione attuale, invece dispone che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi, resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.”. Dunque, il richiamo espresso dalla legge Balduzzi, all’art. 2043 c.c., norma dettata in tema di responsabilità extracontrattuale, pone nuovamente ulteriori dubbi circa la qualificazione della natura della responsabilità medica.
Orbene, attualmente occorre distinguere tra:
1) Un orientamento giurisprudenziale minoritario, il quale sostiene la natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c., della responsabilità medica; Si v. in tal senso – Tribunale di Varese, sent. n.1402/2012; Tribunale di Milano, sent. n. 9693/2014- che affermano la natura extracontrattuale della responsabilità medica, e responsabilità contrattuale della struttura sanitaria. Secondi tali orientamenti minoritari, incorre in responsabilità aquiliana il soggetto che viola il dovere giuridico del non ledere l’altrui sfera giuridica (neminem laedere), dovere che ciascuno è tenuto a rispettare nei confronti della generalità dei consociati. In questo caso in virtù dell’art. 2043 del c.c., la colpa del danneggiante deve essere sempre provata da chi agisce in giudizio quale danneggiato o da chi ne pretende il risarcimento ex art. 2697 c.c.. e il relativo diritto al risarcimento del danno, si prescrive in cinque anni, secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c.
2) Nonostante tali orientamenti minoritari, la giurisprudenza prevalente predilige la natura contrattuale del singolo sanitario, precisamente da “contatto sociale”, responsabilità solidale con la struttura sanitaria ai sensi del combinato disposto degli art. 1218- 1228 c.c..
Invero, la responsabilità del medico si estende alla struttura sanitaria ove lo stesso opera e nella cui organizzazione è inserito ex art. 1228 c.c., rubricato “responsabilità per fatto degli ausiliari”, il quale esplica una forma di responsabilità indiretta, secondo cui “ il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”. Dunque, in virtù dei principi su esposti, appare “ictu oculi” come la struttura sanitaria sia responsabile solidalmente con il medico per i danni cagionati a terzi. (Cass. civ., sez. III, 28 agosto 2009, n. 18805; nello stesso senso Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2015, n. 6436). Tuttavia, qualora la struttura sanitaria volesse essere esente da tale responsabilità, dovrà dimostrare di aver predisposto in maniera eccellente e tempestiva tutti i servizi richiestegli, e di essersi avvalsa di personale idoneo e competente.
Dunque, in virtù delle su esposte argomentazioni, emerge lapalissianamente come per la consolidata giurisprudenza maggioritaria, il medico risponda di responsabilità contrattuale da “Contatto sociale qualificato”, il quale viene ad esistenza quando il paziente si sottopone ad una prestazione medica, quale visita, cura, trattamento o intervento ai fini della guarigione.
Tale “Contatto sociale qualificato” e la relativa responsabilità, si ha in virtù del fatto che danneggiante è legato al danneggiato da una “relazione non di diritto” bensì di “fatto”, poiché sono entrati in “Contatto”, pur non avendo stipulato un vero e proprio contratto.
Tuttavia, per mero tuziorismo è opportuno precisare che l’obbligazione del medico e quella del professionista in generale, si configuri come un’obbligazione non di risultato, bensì di mezzi, nel senso che il paziente non potrà mai rivendicare e pretendere la guarigione, ma potrà solo esigere che l’attività professionale sia ottemperata in modo diligente.
Infine, quanto all’onere probatorio” in caso di responsabilità contrattuale al paziente basterà meramente dimostrare che a seguito delle prestazioni mediche abbia subito un aggravamento delle sue condizioni psicofisiche, mentre il medico sarà onerato dalla prova relativa alla diligenza della sua specifica opera professionale e alla riconducibilità degli esiti negativi e peggiorativi della salute del paziente ad eventi imprevedibili”(Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2015, n. 5590; Cass. civ. 31 gennaio 2014, n. 2185).Il medico, sarà dunque responsabile qualora il suo operato non sia stato esplicato in modo diligente, tuttavia occorre precisare che il livello di garanzia richiesto non è quello generale del “pater familias” ex art. 1176 comma 1 c.c., bensì quello indicato nell’art. 1176 comma 2, cioè nel caso di attività medica e in generale in caso di attività professionale è richiesta non una diligenza ordinaria, ma vi è un quid pluris rispetto a questa, cioè la c.d. Diligenza Qualificata, la quale deve rapportarsi alla natura dell’attività esercitata, che nel caso sotteso è appunto quella medica.
In conclusione, nonostante i diversi mutamenti di orientamenti che vi sono stati nel corso degli anni e nonostante l’intervento della c.d. legge Balduzzi la quale ha fatto scaturire ulteriori incertezze a riguardo, in attesa di un intervento definitivo della giurisprudenza di legittimità che risolva i diversi contrasti, a parere dell’orientamento attuale e prevalente, il sanitario risponde a titolo ti responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c..
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