La fattispecie. I soci ricorrenti, applicando la clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, instauravano l’arbitrato rituale onde ottenere la declaratoria di invalidità di alcune delibere assembleari. Non domi dell’esito, impugnavano il lodo avanti al Giudice di merito che, a discapito delle aspettative degli appellanti, ne dichiarava l’inammissibilità. Giunta all’attenzione della Suprema Corte, la questione veniva demandata alle Sezioni Unite al fine di dirimere il contrasto tra pronunce circa l’interpretazione da attribuire all’art. 829, comma terzo, c.p.c..
Il quesito. Veniva chiesto al Giudice di legittimità, in funzione nomofilattica, di chiarire se l’art. 829 c.p.c., nella nuova formulazione dettata dall’art. 24 D. Lgs. n. 40/2006, potesse trovare applicazione nei casi in cui i procedimenti arbitrali vengono radicati a seguito dell’entrata in vigore della norma riformata sebbene la clausola arbitrale sia, rispetto a tale epoca, antecedente.
Argomentazioni e motivi. Mentre nella vecchia formulazione l’art. 829 c.p.c. ammetteva, salvo deroghe convenzionali, l’impugnazione del lodo per violazione di norme sostanziali, la nuova lettura della norma consente che ciò sia possibile solo “se espressamente disposta dalle parti o dalla legge”.
Da qui il conflitto giurisprudenziale tra coloro che ritenevano applicabile la novella ai casi in cui la convenzione arbitrale fosse stata stipulata in epoca anteriore rispetto all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40/2006 e coloro che aderivano alla tesi opposta.
La Suprema Corte ha chiarito che l’art. 27 D.Lgs. n. 40/2006, nel dettare la disciplina transitoria, assoggetta tutte le domande successive al 2 marzo 2006 alla nuova lettera della norma.
Infatti, non è ascrivibile al silenzio delle parti un significato diverso da quello del contesto normativo in cui la convenzione è stata stipulata ai sensi dell’art. 1368, comma secondo, c.c.
Dunque, lo ius superveniens è certamente in grado di privare di effetti giuridici una convenzione arbitrale ma non di mutarne, per il futuro, i termini del vincolo.
A nulla vale ritenere che le parti, stante l’intervenuto mutamento legislativo, avrebbero dovuto attivamente manifestare la propria volontà in proposito.
Dunque, la domanda promossa successivamente all’entrata in vigore della novella è impugnabile per errori nell’interpretazione delle norme sostanziali qualora la clausola arbitrale sia stata stipulata prima dell’entrata in vigore della novella.
Conclusioni. Stante quanto esposto, la Suprema Corte non ha ritenuto applicabile al caso di specie la sopra descritta fattispecie visto che la vertenza, avendo a oggetto l’invalidità di delibere assembleari, deve essere risolta in base all’art. 36 D. Lgs. n. 5/2003, quale norma derogatoria rispetto alla ordinaria disciplina di cui all’art. 829 c.p.c.
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