Lo avevamo detto in tempi non sospetti allorquando si cominciava a parlare in Sicilia di sostituire le Provincie regionali della legge 9/86 con i liberi Consorzi comunali previsti dall’art. 15 dello Statuto regionale. Tale trasformazione avrebbe provocato la perdita dello status di ente territoriale di governo a fini generali in capo al nuovo ente intermedio, con immediate ripercussioni sull’autonomia decisionale dell’ente e, di conseguenza, sulle politiche pubbliche locali. Avevamo pure fatto presente che da tale trasformazione sarebbe derivata l’automatica fuoriuscita del nuovo libero Consorzio comunale da tutti quegli enti partecipati (e comunque denominati) la cui partecipazione non è prevista espressamente dalla legge. Non è un caso che il legislatore regionale si è premurato di prevedere espressamente la facoltà per i nuovi enti intermedi di mantenere le proprie partecipazioni nei Consorzi universitari. Invero, se anche il nuovo ente intermedio avesse conservato lo status di ente a fini generali, qual’era la Provincia regionale in quanto ente territoriale di governo, nulla vietava il mantenimento di proprie quote di partecipazione in enti per la gestione associata di servizi generali della comunità amministrata e quindi anche nei Consorzi universitari. Adesso, al contrario, non è più ipotizzabile il mantenimento di partecipazioni in Enti per la gestione di servizi che non siano espressamente previsti nella legge istitutiva dei liberi Consorzi comunali. La conferma di tale assunto arriva anche dalla più recente giurisprudenza del TAR chiamata a scrutinare il mantenimento di partecipazioni societarie delle nuove Province delle Regioni a statuto ordinario. Il Tar Brescia, con sentenza dell’ottobre 2015, ha osservato che nel nuovo ordinamento le Province perdono la qualità di enti a fini generali e sono chiamate a svolgere funzioni numerate. La nuova competenza in materia di strade è di tipo operativo, equiparabile a una gestione associata sovra comunale. Orbene, se le nuove Province del resto d’Italia sono sprovviste dello status di ente a fini generali, a fortiori ne risultano sprovvisti i nuovi enti intermedi siciliani, la cui architettura consortile trova la fonte direttamente nell’art. 15 dello Statuto.
Corollario di questo principio è che i liberi Consorzi comunali, che hanno sostituito le Province regionali, dovranno necessariamente prevedere nel piano operativo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie, previsto dalla più recenti normative in materia di spending review, la cessione delle quote di partecipazione in tutti quegli Enti che erogano servizi non conformi alle competenze espressamente numerate nella riforma dell’ente intermedio siciliano ovvero in quegli enti la cui partecipazione obbligatoria è prevista direttamente dalla legge. In Sicilia, la partecipazione obbligatoria concerne, soggettivamente, solo i Comuni e, oggettivamente, solo gli enti d’ambito per le gestione integrata dei rifiuti e delle risorse idriche. La partecipazione “ausiliaria” negli Enti Parco, mentre non può considerarsi obbligatoria per i Comuni individuati dalla legge trattandosi di enti strumentali della Regione, a maggior ragione non può esserlo per i liberi Consorzi comunali per le ragioni su illustrate.
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