Con la sentenza 3249/67/2015, la CTR Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha dato formale applicazione ad una norma – per vero molto discussa – contenuta all’articolo 2 comma 5-ter del Dl 102/2013 che, come è noto, consente che gli effetti delle domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’art. 7, comma 2-bis, D.L. n. 106/2011 per ottenere la ruralità catastale dei fabbricati ai fini ICI ed IMU possano retroagire di cinque anni.
Trattasi, come accennato, di una soluzione legislativa oggetto di vivaci critiche (tanto da esser stata rimessa al vaglio della Corte Costituzionale che, da ultimo, con ordinanza n. 115 del 18.06.2015 è stata dichiarata costituzionalmente legittima), in quanto consente di ottenere il rimborso dell’imposta già pagata sulla base di una semplice dichiarazione.
Ebbene, con la pronuncia in commento è stato affermato che “nel caso in cui sia stata presentata una domanda di variazione catastale entro il 30 settembre 2011, per ottenere il riconoscimento del requisito di ruralità dei fabbricati, gli effetti della variazione retroagiscono al 1° gennaio 2006 comportando così l’esclusione dall’Ici a far tempo dall’anno d’imposta 2006”.
Nel caso di specie, un’azienda agricola, con attività di allevamento di galline ovaiole, impugnava gli avvisi di accertamento Ici con i quali il Comune competente contestava ai fini Ici, per gli anni 2006 e 2007, una omessa e infedele denuncia di fabbricati posseduti per non avere il requisito di ruralità che avrebbe consentito l’esenzione di imposta.
In particolare, sosteneva il Comune resistente che l’immobile destinato all’allevamento risultava classato sotto la categoria D8, mentre l’abitazione del lavorante risultava classata sotto la categoria A/3 e C/4, sicché ne difettava il requisito previsto dalla legge dell’asservimento a un fondo di adeguate dimensioni.
Il Giudice di prime cure, fondando il proprio convincimento sul noto orientamento della Corte di Cassazione, in base al quale sono esclusi dall’Ici solo i fabbricati iscritti in catasto come rurali, con attribuzione della categoria A/6 (per le unità abitative) e D/10 (per le costruzioni strumentali all’attività agricola), rigettava il ricorso promosso dalla contribuente.
Avverso tale statuizione veniva proposto appello sulla scorta del rilievo che gli avvisi di accertamento impugnati dovevano comunque essere annullati in quanto l’azienda agricola aveva presentato in data 29 settembre 2011 domanda di variazione catastale dei fabbricati rurali, così come prevista dall’articolo 7, comma 2 bis (semplificazione fiscale), del D.L. 70/2011, con la conseguenza che gli effetti di tale variazione dovevano retroagire ai cinque anni precedenti alla presentazione della predetta domanda.
Tale rilievo è stato considerato decisivo da parte dei giudici di secondo grado ai fini dell’accoglimento dell’appello i quali hanno evidenziato come, sulla scorta del combinato disposto dell’articolo 2, Dl 102/2013, e dell’articolo 7 comma 2-bis, così come convertito con modificazioni dalla legge 106/2011, le domande di variazione catastale volte al riconoscimento della ruralità degli immobili, presentate ai sensi del Dl 70/2011, e l’inserimento negli atti catastali della relativa “annotazione”, producono gli effetti previsti ai fini del requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente alla presentazione della domanda stessa.
Conseguentemente, atteso che, nel caso de quo, la contribuente aveva presentato la domanda di variazione catastale prima del 30 settembre 2011, ad avviso della CTR: “gli effetti della variazione retroagiscono al 1° gennaio 2006 confermando, a far tempo da tale data, la ruralità dei fabbricati in oggetto e dunque a far tempo dall’anno di imposta 2006 la loro esclusione dall’Ici”.
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