La sentenza segnalata, richiamando precedenti giurisprudenziali in materia, ribadisce che la presentazione della istanza di condono comporta l’obbligo, nel caso di specie non assolto, per l’Amministrazione procedente di pronunciarsi con provvedimento espresso sulla stessa prima di dare ulteriore corso al procedimento repressivo.
Infatti, gli artt. 38 e 44 della L. n. 47 del 1985 prevedono la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori, con la conseguenza che i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di istanza di condono sono da considerarsi illegittimi proprio per violazione dell’art. 38, L. n. 47/1985, il cui disposto impone all’Amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo stesso.
Pertanto, in caso di presentazione di una domanda di condono edilizio, l’Amministrazione non può emettere un provvedimento sanzionatorio senza aver prima definito il procedimento scaturente dall’istanza di sanatoria, ostandovi i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia .
Tanto anche qualora sia stati , come nella fattispecie, realizzati ulteriori interventi edilizi privi di titolo e non inclusi dell’istanza di condono.
La sentenza, inoltre, ha accolto il ricorso sulla base delle argomentazioni svolte dalle ricorrenti, in ordine alle quali l’Amministrazione resistente non ha prodotto in giudizio controdeduzioni ed elementi probatori contrastanti. Tanto in applicazione dell’art. 64, comma 4, c.p.a., che , in analogia a quanto previsto per i giudizi civili dall’art. 116, comma 2, c.p.c. ,autorizza il Giudice amministrativo a desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, al punto da poter dare per provati i fatti affermati dalla parte ricorrente, se tale conclusione non si ponga in contrasto con altri fatti ricavabili dagli atti di causa. [Avv. ************]
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania -Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima); Presidente *************; Estensore Cons. ****************.
Sentenza n°1557 del 22 giugno 2016
sul ricorso proposto da ****, entrambi rappresentati e difesi dagli avv.ti ****;
contro
Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
dell’Ordinanza n. 2113 del 24.4.2015 del Dirigente dell’Area Urbanistica – Servizio Abusivismo Edilizio – del Comune di Scafati, (notificata alla sig.ra **** il 29.4.2015 ed alla sig.ra **** il 14.5.2015), con cui l’Amministrazione Comunale ha ingiunto alle ricorrenti, la demolizione delle opere ritenute abusive, dalle stesse realizzate sull’immobile sito in Scafati, alla via **** annunciando l’ (eventuale) acquisizione al patrimonio dell’Ente dei manufatti in questione e dell’area di sedime, nonché dell’area pertinenziale – per una superficie fino a dieci volte l’area di sedime – e relativa applicazione di sanzione pecuniaria da € 2000 a € 20.000, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, nel termine di novanta giorni dal ricevimento dell’ordinanza stessa;
ove e per quanto occorra, di ogni altro atto premesso, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo dei diritti e degli interessi delle ricorrenti ed in particolare: 1) della Determinazione prot. n. 11585 del 18.5.2015, notificata in data 27.5.2015, con cui il Dirigente dell’Area Urbanistica ha ingiunto alle ricorrenti il pagamento dei diritti di istruttoria per le opere abusive contestate nella predetta ordinanza, e quantificate in € 1000, trattandosi di interventi edilizi di consistenza superiore a mc. 300,00; 2) del verbale di sequestro n. 6.2015 del 16.4.2015, redatto dalla squadra di vigilanza della Polizia Municipale di Scafati; 3) del verbale di sopralluogo tecnico redatto dal tecnico dell’Area urbanistica avente prot. n. 183 del 13.4.2015, in cui è accertata la realizzazione dei manufatti abusivi di cui si è ingiunta la demolizione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2016 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 26 giugno 2015 e ritualmente depositato il 23 luglio successivo, le sigg.re **** impugnano gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.
Premettono che sono, rispettivamente, nuda proprietaria e usufruttuaria dell’area sita in Scafati alla Via ****, sulla quale insisteva, inizialmente, un campo di calcio (sulla part.lla 704) e un locale destinato a spogliatoio (sulla part.lla 705). Evidenziano, quindi, che sull’area sulla quale insisteva il campo di calcio, veniva realizzato, nel 2003, un capannone, oggetto successivamente di ampliamento, mentre il casotto sulla particella n. 705 ed il successivo ampliamento di mq. 28, venivano interessati da istanze di condono del 27.02.1995 (prot. 5111) e del 10.12.2004 (prot. 27269), tuttora pendenti.
Interveniva, quindi, l’ordinanza di demolizione di cui in epigrafe, avvero la quale le ricorrenti sollevano le seguenti testuali censure:
1) violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dell’art. 38, della L.n. 47/1985; violazione dell’art.39 della L.n. 724/94; violazione dell’art. 32 della L.n. 326/2003; violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere per errore nei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento; arbitrarietà, illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’impugnata ordinanza comprenderebbe anche opere oggetto di istanze di condono non ancora esitate;
2) violazione dell’art. 97 Cost.; violazione dell’art. 31, commi 4 e 4 bis, del D.P.R. n. 380/2001;
3) violazione dell’art.39 della L.n. 724/94; violazione dell’art. 38, della L.n. 47/85; violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della L.n. 326/2003; violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere per errore nei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per difetto di istruttoria; abnormità; illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’acquisizione delle aree di sedime sarebbe comprensiva anche di quelle ove insistono le opere oggetto di condono e la stessa sanzione pecuniaria irrogata sarebbe, per tali ragioni, sproporzionata;
4) violazione dell’art. 97 Cost.; violazione degli artt. 7 e ss. Della l.n. 241/1990; violazione del giusto procedimento di legge; mancata comunicazione di avvio del procedimento; ingiustizia manifesta, perché sarebbe stata omessa la necessaria previa comunicazione dell’avviso di avvio procedimentale;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere per difetto istruttorio, illogicità, arbitrarietà ed ingiustizia manifesta, in quanto dal calcolo della volumetria, ai fini della quantificazione della sanzione pecuniaria per gli oneri istruttori, sarebbero da estrapolare le opere oggetto di condono.
Le ricorrenti concludono per l’annullamento, previa sospensiva, degli atti impugnati.
Il Comune di Scafati, ancorché ritualmente intimato in giudizio, non si costituisce.
Alla camera di consiglio del 23 settembre 2015, la domanda cautelare è accolta.
Alla pubblica udienza del 10 maggio 2016, il ricorso è trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va premesso che parte ricorrente, come a più riprese valorizzato in ricorso, ha depositato documentazione attestante la presentazione, presso i competenti uffici dell’intimato Comune, di istanze di condono del 27.02.1995 (prot. 5111) e del 10.12.2004 (prot. 27269), tuttora pendenti. Ha, altresì, prodotti in atti relazione tecnica, a firma del geom. ****, in ordine alla coincidenza delle opere contestate nell’impugnata ordinanza alle lett. e) (casotto di circa mq. 40,00) ed f) (ampliamento, al predetto casotto, sul lato ovest, di circa mq. 28,00). Su tale circostanza l’intimata Amministrazione, che nemmeno si è costituita in giudizio ancorché regolarmente evocata in giudizio, nulla ha controdedotto. Trova quindi applicazione l’art. 64, c. 4, c.p.a., che – in analogia a quanto previsto per i giudizi civili dall’art. 116, c. 2, c.p.c. – autorizza il giudice amministrativo a desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, al punto da poter dare per provati i fatti affermati dalla parte ricorrente, ma solo se tale conclusione non si ponga in contrasto con altri fatti ricavabili dagli atti di causa. In base alla predetta produzione documentale, deve ritenersi, infatti, che parte ricorrente abbia ottemperato, ai sensi dell’art. 64, comma 1 c.p.a., all’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella sua disponibilità riguardante i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni, così come imposto nella materia edilizia (T.A.R. Napoli, sez. VI, 13 febbraio 2015 n. 1101).
La circostanza in oggetto assume rilievo dirimente, deponendo, in maniera decisiva, per la fondatezza del gravame. Appare, infatti, chiaro il difetto di istruttoria in cui è incorso l’Ente intimato non avendo considerando le opere per le quali risultano depositate le diverse domande di condono di cui sopra.
In merito a quest’ultimo punto va, quindi, tenuto conto del costante orientamento della giurisprudenza in materia condonistica, dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi.
In particolare, ritiene il Collegio, che la presentazione della istanza di condono comporta l’obbligo, nella specie non assolto, per l’Amministrazione di pronunciarsi espressamente (cfr., in situazione similare anche sotto i profili processuali, Tar Campania, questa stessa sezione, sentenza n. 2126 del 13 aprile 2011) sulla stessa prima di dare ulteriore corso al procedimento repressivo, tant’è che, a norma degli artt. 38 e 44, l. n. 47 del 1985, si verifica la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori, con la conseguenza che “i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di istanza di condono sono illegittimi perché in contrasto con l’art. 38, l. n. 47 del 1985, il cui disposto impone all’Amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria“(ex multis, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VI, 2-5-2012, n. 2005).
La presentazione di una domanda di condono edilizio, proprio in base al disposto dell’art. 38, l. n. 47 del 1985 cui l’art. 32 della L n. 326/2003 rinvia, determina la conseguenza che l’Amministrazione non può emettere un provvedimento sanzionatorio “senza aver prima definito il procedimento scaturante dall’istanza di sanatoria, ostandovi i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia ” (T.A.R. Lazio – Roma sez. I, 4.4.2012 n. 3101).
La doglianza, articolata in ricorso, assume carattere assorbente di ogni altra censura, in quanto, pur riconoscendo le ricorrenti che le altre opere parimenti contestate con l’impugnata ordinanza (lett. a – d) non sono state interessate dalla presentazione di previe domande di sanatoria, il rilievo sollevato, del quale si è, come detto, riscontrata la fondatezza, è in grado di inficiare, nella sua interezza, il provvedimento impugnato, avuto riguardo alla incidenza della consistenza materiale delle opere abusive sulla determinazione dell’area acquisibile, in caso di inottemperanza, e della sanzione pecuniaria irrogabile. Fermo restando che il Comune di Scafati, all’esito del presente giudizio, dovrà comunque riattivare il procedimento sanzionatorio in ordine alle opere edilizie abusive non interessate da previe istanze di sanatoria ancora non esitate.
Con tale precisazione, il ricorso va quindi complessivamente accolto, con conseguente annullamento dell’impugnata ordinanza demolitoria.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Refusione ex lege del contributo unificato versato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da ***, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza di demolizione impugnata.
Condanna il Comune di Scafati al rimborso, in favore delle ricorrenti, delle spese di lite, che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge e contributo unificato versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
****************, ***********, Estensore
************, Consigliere |
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