La Cassazione sulla detraibilità del credto Iva nel caso di omesse presentazione della dichiarazione

Leonardo Leo 25/10/16
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Nota di commento a Cassazione, SS. UU., sentenze n. 17757 e n. 17758 del 08/09/2016.

 

Leggi qui la sentenza delle SS.UU. n. 17757.


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Sommario: 1. Premessa 2. Giurisprudenza 3. Cassazione, SS.UU., sentenza n. 17757/2016: il caso e la soluzione dei giudici di legittimita’  4. Cassazione, SS.UU., sentenza n. 17758/2016: il caso e la soluzione dei giudici di legittimita’ 5. Prassi 6. Normativa  di riferimento. 

 

 

1. PREMESSA.

La Corte di Cassazione, SS.UU., con le sentenze n. 17757 e n. 17758 del 08/09/2016 è intervenuta per dirimere il contrasto giurispudenziale in merito:

–        sia alla detraibilità del  credito IVA maturato e debitamente registrato nelle liquidazioni periodiche, in ipotesi di omissione delle dichiarazione annuale relativa al periodo di maturazione di detto credito;

–        sia con riguardo alle procedure utilizzabili dall’Amministrazione Finanziaria ai fini del controllo di tali fattispecie.

I principi affermati dalle Sezioni Unite sono i seguenti:

–        l’omissione della dichiarazione IVA da parte del soggetto passivo non comporta ex se la perdita del credito maturato nella stessa annualità (perdita che si verifica solo in assenza dei requisiti sostanziali del diritto alla detrazione), ma è onere del contribuente, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione (Cassazione, SS. UU., sentenza n. 17757 del 08/09/2016);

–        è legittima la contestazione di tale violazione da parte del Fisco, mediante l’utilizzo della procedura automatizzata disciplinata dall’articolo 54-bis del DPR. n. 633/1972, non essendo necessaria l’emissione di un avviso di rettifica; al contribuente è comunque consentito dimostrare la sussistenza e l’effettiva spettanza del credito (Cassazione, SS. UU., sentenza n. 17758 del 08/09/2016).

 

2. GIURISPRUDENZA.

Sulla questione della detraibilità del credito IVA maturato in un’annualità in cui il contribuente ha omesso di presentare la relativa dichiarazione sono emersi, nel tempo, due differenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

Secondo un primo orientamento, delineatosi già nel 1997 con riguardo all’assetto normativo del DPR. n. 633 del 1972 in tema di IVA, il contribuente il quale, avendo regolarmente annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca per lui un credito d’imposta e operato la detrazione del credito nelle liquidazioni periodiche, non presenti poi la dichiarazione annuale, può computare l’imposta detraibile, risultante dalle liquidazioni periodiche, nella dichiarazione dell’anno successivo, atteso che “il diritto alla detrazione viene meno solo per i crediti d’imposta relativi ad operazioni non registrate o comunque non risultanti dalle liquidazioni periodiche, sia pure per mera omissione od errore materiale”  (Cassazione, Sez. I, sentenza n. 544 del 20/01/1997). Ciò non fa venir meno il diritto al rimborso del credito stesso poichè “la perdita di tale diritto, avendo natura di decadenza e cioè di sanzione, dovrebbe essere prevista dalla legge, mentre una previsione al riguardo manca nell’art. 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 né è riscontrabile in altre norme dello stesso decreto presidenziale. Inoltre la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell’erario” (Cassazione, Sez. 1, sentenza n. 2063 del 25/02/1998).

Tale tesi, tuttavia, fu contraddetta, a partire dal 2001, da un altro più restrittivo orientamento, sviluppatosi negli anni con accenti pressocchè costanti, secondo il quale il contribuente il quale, pur avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi del 4° comma dell’art. 28 del DPR. n. 633/1972, fermo il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione del 2° comma dell’art. 30 del medesimo decreto (Cassazione, Sez. 5, sentenza n. 1823 del 09/02/2001, n. 268 del  12/01/2012 e n. 13090 del 25/07/2012).

 

3. CASSAZIONE, SS.UU., SENTENZA N. 17757/2016: IL CASO E LA SOLUZIONE DEI GIUDICI DI LEGITTIMITA’.

Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità ha ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione annuale, nella quale la parte contribuente aveva esposto un credito IVA riportato dalla precedente annualità (il quale era già stato in parte fruito a mezzo della compensazione con altre imposte), rispetto alla quale la dichiarazione annuale era mancante, pur risultando pacificamente il credito d’imposta dalle liquidazioni regolarmente presentate.

La CTR Lazio ha respinto l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione della CTP Roma che aveva annullato il ruolo e la cartella di pagamento, sulla base dell’assunto secondo cui l’imposta detraibile risultava indicata sia nelle dichiarazioni periodiche sia nella richiesta parziale di rimborso.

Avverso la predetta sentenza propone ricorso per Cassazione l’Amministrazione Finanziaria per violazione di legge, in particolare delle disposizioni di cui agli artt. 30, 54 bis e 55 del DPR. n. 633/1972, nonchè dell’art. 5 del D. lgs. n. 471/1997.

In particolare, l’Ufficio sostiene che la mancanza della dichiarazione annuale determinerebbe la perdita definitiva del diritto di detrarre le eccedenze maturate, non rilevando le dichiarazioni periodiche e potendo la parte contribuente realizzare il proprio credito d’imposta unicamente presentando istanza di rimborso.

A seguito di contraddittorio camerale, la Sesta Sezione civile ha deciso di devolvere alla Sezioni Unite la questione della detraibilità della eccedenza IVA, debitamente registrata nelle liquidazioni periodiche, in ipotesi di omissione della dichiarazione annuale relativa al periodo di maturazione di dette eccedenze, in applicazione del combinato disposto degli artt. 19, 27, 28, 30 e 55 del DPR. n. 633/1972.

Orbene, la Suprema Corte, al fine di fornire una soluzione alla questione sottoposta alla sua attenzione, nella parte motiva della sentenza in commento, dopo aver ricostruito l’evolversi del quadro normativo, giurisprudenziale e ammininistrativo di riferimento, aderendo a principi emersi negli ultimi anni nell’ambito della giurisprudenza comunitaria e in quella nazionale in ordine alla rilevanza delle violazioni “formali”, intese come “inadempimento di un obbligo distinto dalle condizioni essenziali previste dalle direttiva IVA per l’esercizio della detrazione”, ha ribadito che:

–        “se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza delle realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova”;

–        “diversamente, se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione”.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha formulato il seguente principio di diritto: “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili .

 

4. CASSAZIONE, SS.UU., SENTENZA N. 17758/2016: IL CASO E LA SOLUZIONE DEI GIUDICI DI LEGITTIMITA’.

Anche la fattispecie decisa con la pronuncia n. 17758/2016 ha ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione IVA annuale, dove la parte contribuente aveva esposto un credito d’imposta riportato dall’annualità precedente, rispetto alla quale, dall’interrogazione dell’anagrafe tributaria, la dichiarazione IVA risultava essere stata omessa.

In questo caso, però, la CTR Calabria aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e, riformando la decisione della CTP Vibo Valentia, aveva confermato la cartella di pagamento emessa. Il giudice d’appello aveva infatti ritenuto che un credito d’imposta non esposto nella dichiarazione annuale IVA non poteva essere portato in detrazione nella dichiarazione per l’anno successivo, dovendo essere invece richiesto con domanda di rimborso.

La sentenza viene, dunque, impugnata dal contribuente, il quale, per quanto utile ai nostri fini, denunciando vizi motivazionali e plurime violazioni di norme di diritto (art. 36 bis del DPR. n. 600/1973 e art. 54 bis del DPR. n. 633/1972), si duole, tra l’altro, del fatto che il giudice d’appello, sul rilievo che la somma oggetto della cartella corrispondeva ad un credito d’imposta irritualmente portato in detrazione, abbia trascurato che quello compiuto dall’Ufficio non era stato un mero controllo cartolare, unico ad essere consentito dall’art. 54 bis del DPR. n. 633/1972, a pena di illegittimità della procedura adottata.

La Suprema Corte, pertanto, viene chiamata a risolvere la questione relativa alla legittimità dell’utilizzo da parte dell’Amministrazione Finanziaria della procedura di controllo automatizzato e dello strumento della cartella di pagamento.

A tal fine la Cassazione, pone preliminarmente in evidenza il fatto che nella giurisprudenza tributaria di legittimità si rinvegono due diversi indirizzi interpretativi:

–        il primo ritiene che “allorquando il credito portato in detrazione non risulti dalla dichiarazione annuale, sia perchè diverso sia, più radicalmente, perchè la stessa non è stata presentata, è pienamente legittimo il ricorso alla procedura de qua” (in tal senso Cassazione, n. 9564 del 22/04/2009, n. 10674 del 04/05/2010 e n. 17754 del 16/10/2012);

–        il secondo, di contro, ritiene che “la negazione della detrazione nell’anno in verifica di un credito dell’anno precedente, per il quale la dichiarazione è stata omessa, non può essere ricondotta al mero controllo cartolare, in quanto implica verifiche e valutazioni giuridiche, dovendo ritenersi che il disconoscimento dei crediti e l’iscrizione della conseguente maggiore imposta dovevano, pertanto, avvenire previa emissione di motivato avviso di rettifica” (in tal senso Cassazione, n. 5318 del 03/04/2012, n. 3755 del 15/02/2013, con rinvii a: Corte Costituzionale, n. 430 del 07/04/1988; Cassazione, n. 11712 del 27/05/2011, n. 9224 del 21/04/2011, n. 27396 del 23/07/2010 e n. 13591 del 08/05/2007).

Le Sezioni Unite hanno ritenuto condivisibile il primo indirizzo, sulla base di quanto previsto dall’art. 54 bis, comma 2 del DPR. n. 633/1972.

In particolare, secondo la Suprema Corte: “Il senso di una normativa di tal genere non può che essere quello di un controllo fatto grazie all’utilizzo di quei mezzi informatici che consentono di correlare i dati esposti nelle dichiarazioni e le informazioni sul contribuente reperibili nell’anagrafe tributaria…

Nella mancata presentazione di una dichiarazione annuale IVA può ben ravvisarsi una di quelle notizie che rilevano come mero dato storico dal quale derivano conseguenze giuridiche. Sicchè non vi sarebbe ragione di non consentire la lavorazione con procedura automatizzata di un dato omissivo, dovendo l’amministrazione provvedere, appunto, “sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni fiscali presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria”.

In conclusione la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “In fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, ben potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d’indagine diversi da mero raffronto con dati ed elementi in possesso dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 54 bis e 60, (fatta salva, nel successivo giudizio d’impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili)”.

 

Una volta delineato l’importante orientamento espresso dalla Suprema Corte nelle sentenze in commento, si procederà ora a fare dei brevi cenni alla prassi amministrativa e alla normativa in tema di detraibilità del credito IVA nel caso di omessa presentazione della dichiarazione.

 

5. PRASSI.

Nella prassi amministrativa, con Risoluzione n. 74/E del 19/04/2007, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, in base al combinato disposto dell’art. 8 del DPR. n. 322 del 1998 e dell’art. 19 del DPR. n. 633/1972, l’eccedenza di credito IVA maturata in un anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa potrebbe essere computata in detrazione non più tardi della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto. Una volta scaduto il termine entro cui esercitare tale diritto, il contribuente ha la possibilità di recuperare il credito IVA solo attraverso la procedura di rimborso. Resta fermo il potere/dovere dell’Ufficio, nell’ambito del programma annuale dell’attività di controllo, di accertare l’esistenza del credito medesimo maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa, a norma dell’art. 55 del DPR. n. 633/1972.

Tale presa di posizione da parte dell’Agenzia delle Entrate subisce un radicale stravolgimento con la Circolare n. 34/E del 06/08/2012.

In essa l’Ufficio chiarisce, ponendosi in netto contrasto con la gran parte della giurisprudenza e con la sua stessa risoluzione del 2007, che il credito IVA maturato in un’annualità per la quale sia stata omessa la relativa dichiarazione, non può essere utilizzato in detrazione nelle dichiarazioni successive, ai sensi dell’art. 30 del DPR. n. 633/1972, non rilevando la circostanza che lo stesso sia o meno effettivamente maturato. Pertanto, all’utilizzo in detrazione del suddetto credito nelle dichiarazioni successive consegue, in sede di liquidazione ai sensi dell’art. 54 bis del DPR. n. 633/1972, l’emissione della comunicazione di irregolarità finalizzata al recupero del credito indebitamente fruito, oltre a relativi interessi e sanzioni.

Nel quadro appena delineato, unica garanzia a favore del contribuente per il recupero del credito maturato rimarrebbe la procedura di rimborso di cui all’art. 21 del D. lgs. n. 546/1992. Infatti, con la Circolare su indicata è stato precisato che qualora venga definita l’obbligazione mediante il pagamento delle somme richieste dall’Ufficio e il credito, ancorchè non dichiarato, risulti effettivamente spettante, il contribuente è ammesso al rimborso dell’eccedenza medesima, attraverso la procedura di cui all’art. 21 del D. lgs. n. 546/1992.

Infine, l’Agenzia delle Entrate interviene nuovamente in tema di detraibilità del credito IVA, emanando la Circolare n. 21/E del 25/06/2013. Con detta Circolare, l’Ufficio prevede che, a seguito del ricevimento della predetta comunicazione di irregolarità, se il contribuente ritiene che il credito non dichiarato sia fondatamente ed effettivamente spettante, può attestarne l’esistenza contabile, mediante la produzione all’Ufficio competente di idonea documentazione, entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione (termine previsto dagli artt. 36 bis, comma 3 del DPR. n. 600 del 1973 e 54 bis, comma 3 del DPR. n. 633 del 1972). Ferma restando la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di effettuare le attività di controllo in merito all’omessa dichiarazione, anche al fine di accertare l’effettività sostanziale del credito maturato nel relativo periodo d’imposta, la dimostrazione dell’esistenza contabile del credito pone il contribuente, ancorchè tardivamente, nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato qualora avesse correttamente presentato la dichiarazione.

Pertanto, conclude la circolare, in esito a tali verifiche, qualora riscontri l’esistenza contabile del credito, l’ufficio, analogamente a quanto previsto nella fase contenziosa, anzicchè richiedere l’effettuazione del pagamento seguita da un’istanza di rimborso, potrà “scomputare” direttamente l’importo del credito medesimo dalle somme complessivamente dovute.

 

6. NORMATIVA.

Le norme di riferimento per la questione in esame, ante D. lgs. n. 313 del 1997, sono gli artt. 19 (Detrazione), 27 (Liquidazioni e versamenti mensili), 28 (Dichiarazione annuale), 30 (Versamento di conguaglio e rimborso della eccedenza) e 55 (Accertamento induttivo) del DPR. n. 633/1972.

A partire dal D. lgs. n. 313/1997, tuttavia, tale cornice normativa muta:

–        l’art. 27, comma 5 è abrogato;

–        l’art. 28 è sostituito e, in particolare, il comma 3, è modificato radicalmente per poi essere del tutto abrogato dall’art. 9, comma 4, del DPR. n. 322 del 1998;

–        l’art. 19, comma 1 è modificato nei seguenti termini: “Per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’articolo 17, comma 1, o dell’eccedenza di cui all’articolo 30, comma 2, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”;

–        non subisce invece modifiche l’art. 30, comma 2 che viene solo aggiornato dal DPR. n. 435 del 2001 come di seguito: Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività”;

–        resta, infine, del tutto immodificato l’art. 55 il quale prevede che “Se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’Ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli artt. 27 33” da intendersi integrato dalla prescrizione dell’art. 5 del D. lgs. n. 471 del 1997 (“Per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”).

Accanto alle norme appena illustrate, così come evolutesi nel corso del tempo, grande rilievo ai fini della materia in esame, riveste altresì il summenzionato DPR. n. 322 del 1998.

Tale decreto, all’art. 8, disciplina termini e modi per la presentazione (comma 1) e per la rettifica (comma 6 in relazione all’art. 2, commi 8 e 8 bis)  della dichiarazione annuale in materia di IVA. Al comma 3 prescrive, inoltre, che “Le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dal DPR. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, secondo periodo”, e cioè entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto.

L’art. 2, comma 7, infine, applicabile anche in materia di IVA (v. art. 8, comma 6), stabilisce poi che “Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.

Sentenza collegata

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